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Il non-amore (o non-attaccamento) alla verità come strumento di gentilezza e migliore realtà

La verità è divisiva e distruttiva, perché nel mondo duale in cui viviamo necessariamente esclude ciò che è l’opposto di se stessa, opposto che comunque esiste e ha pari dignità di esistere, perché, nel nostro universo, affinché esista un ente deve esistere anche il suo opposto. Ad es., affinché esista un fotone deve esistere anche un anti-fotone, affinché esista la materia deve esistere anche l’anti-materia, affinché esista un’onda deve esistere contemporaneamente anche una particella (dualismo onda-particella), affinché esista un tempo che scorra verso il futuro (come nel caso del fotone) deve esistere anche un tempo che scorra verso il passato (come nel caso dell’anti-fotone), affinché esista un’energia positiva (nella nostra parte di universo) deve esistere anche un’energia negativa (in un’altra parte di universo), ecc.

Tutto è duale, quindi, passando dalla fisica alle esperienze umane: affinché esista un bene deve esistere anche un non-bene (male?), affinché esista una verità deve esistere anche una non-verità (falsità?), affinché esista un giusto deve esistere anche un non-giusto (sbagliato?), affinché esista un maschile deve esistere anche un non-maschile (femminile?), e parimenti per tutti gli opposti cambiando ciò che, preso per riferimento, può essere negato, ad es. affinché esista un femminile deve esistere anche un non-femminile (maschile?). Il punto cruciale, però, è che la scelta di cosa prendere come riferimento per la creazione della propria realtà significa, dato un insieme di coppie di opposti, dividerlo a metà prendendo di ogni coppia un solo elemento: questo sottoinsieme così formato, cioè composto di elementi che tra di loro non si annullano, costituisce la propria visione delle cose, la propria realtà, il proprio mondo e, soprattutto, la base di credenze con cui ci relazioniamo con noi stessi, con gli altri, con la vita. Per lo meno ciò sarebbe vero se ammettessimo che tale creazione individuale di realtà fosse coerente con se stessa, cioè non schizofrenica, né piena delle tante dissonanze cognitive in cui siamo immischiati sia per la nostra difficoltà di comprendere la vita, sia per cause indotte dal sistema sociale (scuola, famiglia, tv, politica, religione, scienza, ecc.).

Non sarebbe possibile far diversamente, cioè evitare una propria creazione di realtà (coerente o contraddittoria che sia), a meno di non poter vivere in una continua esperienza mistica in cui l’“io” e il “tutto” (cioè il “nulla”) coincidono, ovvero in cui "tutto ciò che esiste" è tale perché creato dal proprio pensiero, ovvero dal pensiero dell’unica cosa esistente, cioè la Coscienza (potrebbe sembrare un pensiero egoistico, ma non lo è, perché in tale visione il proprio ego non esisterebbe più, giacché l’ego individuale può esistere solo dove c’è dualità). Ciò è assolutamente non praticabile nella vita di tutti i giorni e, anche se lo fosse, ci impedirebbe di fare l’esperienza della dualità, necessaria per prendere consapevolezza di noi stessi. Ho scritto che il “tutto” e il “nulla” sono la stessa cosa perché tutti gli opposti coesistenti, se invece di essere separati così come lo sono nel nostro (finto?) universo duale venissero lasciati liberi di riunirsi e fondersi, si annullerebbero a vicenda, così come un suono unito al suo opposto (cioè alla medesima onda sonora in controfase) dà come risultato il completo silenzio (per inciso, la coincidenza tra "tutto" e "nulla" può dar senso come da un apparente "nulla" possa nascere "il tutto", cioè l'universo duale, inteso come separazione di ciò che inizialmente era unito). Arriverà il momento in cui tutto sarà riunito e quindi in cui la dualità sarà superata (ovvero in cui la “finzione”, o “sogno”, o “teatro” in cui siamo immersi finirà), ma “ora” dobbiamo stare nella dualità. Quando dico “ora” sto ancora parlando in termini duali perché il nostro stesso lessico è basato sulla dualità: da un altro punto di vista, anche il tempo (come tutto il resto) è una finzione o sogno (seppur necessario). Il fisico David Bohm ha spiegato che l’universo è non-locale, ovvero tempo e spazio, così come li percepiamo, non esistono.

Faccio un breve accenno alla non-località, per poi tornare al tema di questo articolo, cioè al non-amore (o non-attaccamento) alla verità. Secondo il “principio di località”, tra due eventi lontani ci può essere un rapporto di causa-effetto solo se essi sono connessi da una catena causale di eventi che si propaga con una velocità minore o uguale alla velocità della luce. La fisica di Bohm trascende il principio di località: l’universo è olografico, ovvero prevede che l’informazione attiva sia distribuita ovunque ed istantaneamente. Detto in altri termini, tutto avviene in un unico punto (non esiste lo spazio) e nello stesso istante (non esiste il tempo), quindi l’universo così come lo percepiamo nella vita di tutti i giorni non esiste.

«[...] David Bohm, noto fisico dell'Università di Londra, recentemente scomparso, sosteneva che le scoperte di Aspect implicavano che la realtà oggettiva non esiste. Nonostante la sua apparente solidità, l'universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato. [...] ogni parte di un ologramma contiene tutte le informazioni possedute dall'ologramma integro. [...] Alla luce di questa consapevolezza, Bohm si convinse che il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Egli sosteneva che, ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. [...] Secondo Bohm il comportamento delle particelle subatomiche indica che vi è un livello di realtà del quale non siamo minimamente consapevoli, una dimensione che oltrepassa la nostra. Se le particelle subatomiche ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" separate bensì sfaccettature di un'unità più profonda e basilare [...] Tutto compenetra tutto. In un universo olografico persino il tempo e lo spazio non sarebbero più dei principi fondamentali [...] Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente [...] Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di “tutto”. [...] A questo punto la realtà non esisterebbe, sarebbe solo un paradigma olografico, il mondo sarebbe solo una realtà secondaria, un insieme di frequenze olografiche che vengono trasformate dal cervello in percezioni sensoriali, mentre la realtà oggettiva non esisterebbe. [...] In tal caso, anche la struttura fisica individuale sarebbe una proiezione olografica della coscienza, pertanto ognuno di noi sarebbe responsabile della propria salute più di quanto mai possano fare le moderne scoperte farmacologiche. Le famose guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. [...]» (fonte)

Orbene, chiarito ciò, cioè che la realtà oggettiva, o assoluta, non esiste, arrivo alle conclusioni, cioè al concetto di “verità”. La propria visione delle cose, come accennato all’inizio, è la propria realtà (nel senso di costruita da noi stessi), la propria verità, il proprio punto di riferimento, che entra necessariamente in conflitto con ciò che è opposto a sé, e quindi con le altre persone, se ritenessimo assoluta la nostra creazione (nel senso di unica verità ammissibile). La soluzione per progredire in un’esistenza non-violenta e armoniosa, ovvero bella da vivere, inizia con il rinunciare all’amore, o attaccamento, alla propria visione delle cose, alla propria realtà, giacché attaccarsi con le unghie e con i denti ad essa è come aggrapparsi ad un sogno dentro a un sogno.

Vorrei citare, a tal proposito, Pasolini:

Parlando genericamente (e dando fiducia al lettore) si potrebbe quindi dire che Pasolini ama la realtà: ma, parlando sempre genericamente, si potrebbe forse anche dire che Pasolini non ama - di un amore altrettanto completo e profondo - la verità: perché forse, come egli dice, «l’amore per la verità finisce col distruggere tutto, perché non c’è niente di vero». (fonte)

Per concludere, tu non sai cosa ciascuno di noi sta vivendo, in cosa sta credendo e quale realtà sta creando, quindi cerca di essere gentile con tutti, sempre.

(17 ottobre 2021)

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