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Pillole di Buddismo - L'offerta del coraggio

Fidarsi e affidarsi al Gohonzon, ovvero alla Legge mistica, ovvero alla natura illuminata che è dentro di noi e in qualsiasi altro luogo, corrisponde a fidarsi e ad affidarsi alla vita e a ciò che ci propone, consapevoli che ciascuno di noi ha una “missione” in questo mondo di Saha, cioè in questo mondo corrotto, ma al contempo puro, dove gli esseri si debbono esercitare nella pazienza e nella sopportazione. Questo affidamento, o fede, è la prima e principale forma di coraggio. Anche credere fermamente di avere una missione, ovvero di non essere qui per caso, è una grande ed essenziale forma di coraggio, che alimenta continuamente il nostro spirito di ricerca. Non a caso, nella visione buddista, non esistono terre pure o impure di per sé, ma soltanto terre dove gli esseri umani praticano la bontà o la malvagità.

L’equivalenza tra fidarsi e affidarsi al Gohonzon e fidarsi e affidarsi alla vita ha un profondo radicamento nel credere fermamente che la qualità della preghiera e la qualità della vita si equivalgono. Da questo punto di vista, tutti gli aspetti esteriori del rito buddista (cura del tempio, posizionamento di incenso, candele e offerte, cura e igiene del corpo, abbigliamento, postura, ecc.), hanno senso soltanto come incentivi per favorire una seria, rispettosa, dignitosa e vigorosa preghiera, al di fuori di questo non hanno altro significato. Del resto, è possibile fare anche un’eccellente preghiera in carcere, in ospedale, malati a letto o in altre circostanze che non rendono possibile la cura dei dettagli esteriori.

Un’altra forma essenziale di coraggio, che è in diretta conseguenza del proprio senso di missione, è l’offrire tutto (i propri talenti, le proprie realizzazioni anche economiche, il proprio tempo, in poche parole “la propria vita”) a un bene più grande che trascende la nostra esistenza e che ci riguarda tutti. Per dirla con una metafora buddista, ciò equivale a spostare la priorità di ciò che è realmente importante dal singolo nodo della Rete di Indra a tutta la Rete, affinché la nostra presenza nella Rete sia di benefica utilità per la Rete nel suo complesso. Questo è il passaggio dal “piccolo io” al “grande noi”.

Il coraggio dei veri eroi è quello di considerare ogni circostanza di vita e ogni incontro interpersonale come un’occasione di crescita e di apprendimento: la vita, negli infiniti modi in cui si manifesta, è nostra maestra. Il nostro modello di vita è il bodhisattva “Mai Sprezzante” (Fukyo), la cui pratica era quella di inchinarsi con riverenza di fronte a chiunque incontrasse e lodarne l’inerente natura di Budda. Tuttavia ciò provocava come risposta solo violenze e insulti. Le affermazioni di Mai Sprezzante mettevano senza dubbio alla prova le loro convinzioni sulla natura della vita di segno negativo, profondamente radicate. Tali reazioni, comunque, non riuscirono mai a smuovere le sue convinzioni: semplicemente egli si ritraeva a distanza di sicurezza e ripeteva l’inchino, onorando il potenziale positivo dei suoi persecutori. Col passare del tempo l’umanità di Mai Sprezzante brillò a tal punto che coloro che lo avevano disprezzato divennero suoi discepoli, e così poterono entrare nel sentiero per ottenere essi stessi  I’illuminazione.

Nell’offrire tutto ciò alla vita, al Gohonzon, alla Legge mistica, in definitiva a noi stessi, è “normale” che riusciamo a fare cose che, con stati di coscienza meno progrediti, meno coraggiosi, meno perseveranti e più egoistici (ovvero dimorando nei mondi inferiori), giudicheremmo impossibili: queste realizzazioni fuori dall’ordinario diventano possibili perché non sono per vanto personale (che ormai ha perso significato), ma per lodare, ringraziare e riverire la vita, proseguendo insieme in un cammino di fede e di maggiore consapevolezza. Questa è la ragione fondamentale per cui nelle riunioni di discussione (zadankai) condividiamo le esperienze di fede, per progredire insieme e incoraggiarci a vicenda.

(27 luglio 2021)

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