You are here

Psicologia

Epidemia di paura: vaccini e controindicazioni

I vaccini contro il virus infettivo della paura esistono, ma non possono essere acquistati in farmacia e non possono essere iniettati con una siringa.

Ce ne sono di vari tipi, la scelta è libera. Questi vaccini possono immunizzare direttamente o indirettamente contro la paura, in ogni caso dalla “scienza del cuore” sono considerati tutti validi.

Uno di questi immunizza contro il senso di solitudine, di isolamento, di unicità (nel senso di “essere uno ed uno soltanto”), di distanziamento: dopo l’assunzione, nei propri pensieri diminuisce sempre di più l’uso del pronome soggetto “io”, sostituito dal pronome soggetto “noi”. Tra gli effetti collaterali frequenti si nota una forte attenuazione del desiderio di sentirsi superiori, di ricercare consensi, di ricercare un amore esterno compensativo, di creare o accentuare contrasti; tra gli effetti poco frequenti è riportato un crescente distacco critico nell’uso della tecnologia e nel valore attribuitole, l’eventuale uso dei social si riduce o sparisce; tra gli effetti rari rientrano un cambiamento nell’uso del linguaggio, in particolare si riducono drasticamente i giudizi, le lamentele, le pretese e le accuse; tra gli effetti molto rari c’è un forte affievolimento e quasi sparizione della dicotomia bene/male, giusto/sbagliato, sparizione associata a pace interiore e piena gioia di vivere nel “qui ed ora”, con piena accettazione della complessità e contraddittorietà delle esperienze di vita. Nell’ultima casistica le condizioni generali di salute migliorano notevolmente.

Un altro di questi vaccini immunizza contro la “pretesa di conoscere”, cioè contro l’ignoranza; anche in questo caso si osservano importanti effetti collaterali nell’uso del linguaggio e nelle relazioni interpersonali, maggiore pace interiore e migliore salute generale.

Un altro ancora immunizza contro la paura di morire, di impazzire, di subire gravi malattie, menomazioni o di essere indigenti; l’effetto collaterale più comune è che sparisce anche la paura di vivere. Nei pazienti trattati con questo vaccino cambia il senso attribuito agli eventi sgraditi, spiacevoli o dolorosi, i quali divengono parte integrante e necessaria di un percorso personale di consapevolezza: più precisamente, tali eventi vengono ritenuti utili per “capire qualcosa che non abbiamo ancora capito”, sia a livello individuale, sia collettivo. Questo vaccino è particolarmente indicato per chi soffre di stati ansiosi, disturbi del sonno o crisi di panico.

Tutti questi vaccini sono ancora in via sperimentale, ma disponibili per chiunque ne faccia richiesta alla propria anima.

Francesco Galgani,
1 aprile 2021

Linguaggio inclusivo di genere?

Identità di genereVorrei esporre una mia breve riflessione partendo da una notizia che inizia così: «Allattamento al seno, madre, latte materno: e se questi termini sparissero per sempre dal vocabolario per essere sostituiti da un linguaggio più inclusivo? E’ quello che starebbe avvenendo in Inghilterra, [...]» (fonte tg Byoblu24, 13 febbraio 2021, a partire da 15 minuti e 30 secondi).

Ovviamente la tentazione sarebbe quella di infilarmi nella discussione etichettando come "giusto" o "sbagliato" quanto sta avvenendo, visti anche gli analoghi problemi che abbiamo in Italia con i famosi "genitore 1" e "genitore 2" al posto di "padre" e "madre". Ma, essendo il modo con cui viene trattata l'inclusività di genere sotteso a una scelta ideologica, come tale la considero e vado oltre, cercando di osservare la questione da un punto di vista più globale.

Il linguaggio crea il pensiero e al contempo lo ingabbia. Cambiare il linguaggio, o parti di esso, per volontà propria o per costrizione, vuol dire semplicemente cambiare gabbia (o almeno provarci). Stare dentro ad una certa gabbia linguistica piuttosto che a un'altra può aiutare o al contrario ostacolare il proprio percorso esistenziale di consapevolezza, può anche spostarne la direzione, ma in nessun caso potrà offrire soluzioni ai problemi di fondo della natura umana. Al massimo può renderli più o meno evidenti. Così, possiamo sopprimere la parola "mamma" per spostare l'attenzione da certi problemi verso altri, possiamo anche creare un nuovo linguaggio completamente "asessuato", ma così facendo, di certo, non avremo risolto i problemi della sessualità e dell'identità di genere, li avremo soltanto spostati, nascosti o, peggio, ne avremo aggiunti di nuovi.

Ad ogni modo, coloro che cercano di costruire un linguaggio più "empatico" verso situazioni non così semplici da gestire, hanno tutta la mia solidarietà. Io stesso, in varie circostanze, mi sono trovato nella condizione di non disporre di aggettivi che non fossero né maschili né femminili in situazioni dove qualunque scelta duale avrebbe potuto non rispettare la sensibilità di chi si trovava di fronte a me. Quindi capisco il problema. Ma il vero problema è se l'empatia, la compassione e la comprensione reciproca ci sono davvero o no, soltanto in conseguenza di esse verranno "naturali" certe scelte linguistiche piuttosto che altre. Al di fuori di questi sentimenti, tutto il resto è finzione.

(Francesco Galgani, 13 febbraio 2021)

Epidemia di solitudine e di sfiducia?

La solitudine è l'unica malattia di cui l'anima può ammalarsi? Mi riferisco a questa frase: «[...] Può sembrare assurda quanto mai incredibile questa affermazione ma anima soffre di una malattia vera e propria. L’unica malattia che affligge o che può affliggere anima è la solitudine. [...]» (fonte)
Solitudine e sfiducia vanno insieme e lasciano tutte le porte aperte ai peggiori demoni?
Come si guarisce dalla solitudine?

Vorrei riportare la notizia seguente senza ulteriori commenti. Al massimo, suggerisco di confrontarla con:

fonte: LaStampa.it, 4 febbraio 2021, prima pagina

Giovani, “sei adolescenti su dieci vittime di bullismo o cyberbullismo”. Le ragazze terrorizzate dal Revenge porn

L’indagine di «Terre des Hommes»: il 93% dei giovani fra 13 e 23 anni si sente solo, e con l’emergenza Covid la percentuale è cresciuta

ROMA. Il 61% dei giovani afferma di essere vittima di bullismo o di cyberbullismo, e il 68% di esserne stato testimone. Sei adolescenti su 10 dichiarano inoltre di non sentirsi al sicuro online: per le ragazze, in particolare, l'incubo maggiore è il Revenge porn (52,16%). Bullismo o cyberbullismo sono considerati in questo momento per gli adolescenti la minaccia più temuta dopo droghe e violenze sessuali. Nell'anno del Covid-19, inoltre, il 93% degli adolescenti afferma di sentirsi solo, con un aumento del 10% rispetto al 2019.

E’ la fotografia tracciata dll'Osservatorio Indifesa 2020 di «Terre des hommes» e «Scuolazoo», diffusi in vista della Giornata Internazionale contro il Bullismo (in programma domenica 7 febbraio) e del Safer Internet Day. L'aumento della solitudine è ancora più significativo - viene fatto notare nel rapporto - se si pensa che la percentuale di chi ha indicato di provare solitudine «molto spesso» è passata dal 33% a quello che viene definito un «drammatico 48%».

I dati sono stati raccolti grazie alle risposte date da 6.000 adolescenti dai 13 ai 23 anni di tutta Italia. Ragazzi e ragazze esprimono sofferenza per episodi di violenza psicologica subita da parte di coetanei (42,23%) e in particolare il 44,57% delle ragazze segnala il forte disagio provato dal ricevere commenti non graditi di carattere sessuale online. Dall'altro lato l'8,02% delle ragazze ammette di aver compiuto atti di bullismo, o cyberbullismo, percentuale che cresce fino al 14,76% tra i ragazzi.

Tra i partecipanti alla rilevazione 6 su 10 dichiarano di non sentirsi al sicuro online. Sono le ragazze ad avere più paura, soprattutto sui social media e sulle app per incontri, lo conferma il 61,36% di loro. Tra i rischi maggiori sia i maschi sia le femmine pongono al primo posto il cyberbullismo (66,34%). A seguire, per i maschi, spaventa la perdita della propria privacy (49,32%), poi il Revenge porn (41,63%), quindi il rischio di adescamento da parte di malintenzionati (39,20%), lo stalking (36,56%) e le molestie online (33,78%). Dopo il cyberbullismo, l'incubo maggiore per le ragazze è il Revenge porn (52,16%) insieme al rischio di subire molestie online (51,24%) l'adescamento da parte di malintenzionati (49,03%) e la perdita della propria privacy (44,73%).

Un adolescente su 3 conferma di aver visto circolare foto intime sue, o di amici, sui social network. Quasi tutte le ragazze (95,17%) sostengono che vedere le proprie foto/video hot circolare senza il proprio consenso online, o su cellulari altrui è grave quanto subire una violenza fisica. La percentuale scende leggermente per i ragazzi (89,76%). Persistono, anche se minoritari, vecchi pregiudizi da sconfiggere: il 15,21% dei ragazzi etichetta come «ragazza facile» quella che decide di condividere foto o video a sfondo sessuale con il/la partner. Mentre per le ragazze questo è vero per l'8,39% dei casi.

«Questi dati – afferma Paolo Ferrara, direttore generale di “Terre des Hommes” – destano allarme e ci dicono come gli effetti della pandemia e i drastici cambiamenti che questi hanno portato nella vita dei ragazzi siano già oggi drammatici. L'isolamento sociale, la didattica a distanza e la perdita della socialità stanno provocando una profonda solitudine e demotivazione ma anche ansia, rabbia e paura».

Finalmente – sottolinea Ferrara, riferendosi in particolare al Revenge porn – «la legge n. 69/2019 ha disciplinato questa fattispecie come reato, ma non possiamo abbassare la guardia sugli aspetti educativi: il Revenge porn sottintende il tradimento di un rapporto di fiducia ed è fondamentale ribadire che non possono essere ammessi atteggiamenti ambigui o colpevolizzanti nei confronti delle vittime».

Sintomi internalizzanti ed esternalizzanti nella prima adolescenza: uno studio empirico sull'attaccamento e sulla regolazione emotiva

Tesi di laurea magistrale (Psicologia) in
Processi Cognitivi e Tecnologie - Tecnologie di supporto clinico alla persona

Università Telematica Internazionale Uninettuno

Elaborato finale in
Metodi di intervento nei gruppi e nelle organizzazioni

Autrice
dott.ssa Serafina Barbara Greco

Abstract

Dopo un’opportuna ampia analisi teorica degli approcci di studio dell’età preadolescenziale, con un focus sulla classificazione dei disturbi psicopatologici in “internalizzanti” ed “esternalizzanti”, lo scopo della parte sperimentale è stato quello di indagare nei preadolescenti le associazioni con caratteristiche auto-regolative, di controllo, relazionali e con l’effetto del genere. I risultati sono stati comparati con la letteratura scientifica esistente.
Il campione analizzato è composto da 104 ragazzi di cui 52 maschi e 52 femmine, di età compresa fra i 10 e i 14 anni, di una scuola secondaria di primo grado.
Gli strumenti utilizzati sono stati: lo Youth Self-Report/11-18 (YSR) del 2001, l’Inventory of Parent and Peer Attachment (nelle sue tre versioni: IPPA-Padre, IPPA-Madre e IPPA-Pari), la Barratt Impulsiveness Scale 11 (BIS-11) e la Toronto Alexithymia Scale (TAS-20). Per elaborare ed analizzare i dati è stato utilizzato SPSS, che ha restituito una sintesi delle migliaia di dati inseriti permettendone la descrizione e la comprensione, tramite correlazione di Pearson e ANOVA. In totale sono state consultate 215 fonti bibliografiche.
Il presente lavoro ha riscontrato associazioni tra il funzionamento emotivo-adattivo, la qualità del rapporto con le figure significative per il preadolescente, l'impulsività e l'alessitimia. Infine è emersa una significativa differenza di genere, rispetto ai sintomi esternalizzanti, all'impulsività e all'alessitimia. Tale differenza registra una prevalenza dei maschi nel riportare le suddette problematiche.

Download

PDF Tesi: Sintomi internalizzanti ed esternalizzanti nella prima adolescenza.pdf
PDF Slides: SLIDES - Sintomi internalizzanti ed esternalizzanti nella prima adolescenza.pdf

Sul funzionamento dei gruppi e della persona

Qualità veramente rare oggi sono la congruenza, la trasparenza, la coesione, tutte quante a livello sia interiore sia esteriore. E’ quindi altrettanto rara la persona che parla e che ha forza perché quello che dice viene dalla sua anima e non da condizionamenti di qualsiasi natura.

Quando più persone formano un gruppo, affinché questo adempia alla sua missione di “unire” e di “raggiungere gli obiettivi comuni”, il gruppo deve essere molto confortevole, molto gentile, in modo che ogni partecipante sia ascoltato con benevolenza. E’ assai controproducente covare dubbi sul fatto che l’altro faccia il doppio o il triplo gioco, perché gli aspetti ossessivi-paranoici e narcisistici distruggono qualunque gruppo. Ovviamente, però, vale anche l’ammonimento di Gesù: «Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi». Bisogna però mantenere il cuore aperto per capire i veri bisogni e i punti di vista altrui con un atteggiamento compassionevole e non-violento.

In un gruppo, ci vuole l’accordo di andare d’accordo, che è quello che possiamo (anzi, dobbiamo) fare al nostro interno, nella nostra comunità di forze interiori, se abbiamo un “io” che ne è capace.

Se una persona ha una individualità interna frammentata e conflittuale, non può che portarla così com’è al tavolo delle discussioni quando si confronta con gli altri. Quindi il nostro mondo interno e quello esterno sono due aspetti complementari.

Se uno non lavora su se stesso, se non vede le proprie debolezze, i propri errori, se non si perdona e quindi non si dà la possibilità di andare avanti, secondo la logica: «Va bene, ho fatto quello che ho fatto, ma oggi è un giorno nuovo, posso rimediare con me stesso e con gli altri», allora veramente gli diventerà difficile relazionarsi con gli altri senza portare tensioni distruttive. Questo purtroppo è all’ordine del giorno: tante persone vogliono fare tante cose, poi si mettono insieme e litigano. Questa modalità di esistere deve essere superata, perché questo è il male fondamentale degli individui, dei gruppi, della società.

(Francesco Galgani, 15 aprile 2020)

Panico da coronavirus: non rinunciamo a vivere

https://it.wikipedia.org/wiki/Trionfo_della_Morte_(Bruegel)dipinto a olio, "Trionfo della Morte" (Bruegel), 1562 circa

Il panico sul coronavirus si diffonde a causa della cattiva informazione.
Le informazioni sull'epidemia da coronavirus sono contraddittorie, a causa di valutazioni divergenti da parte degli esperti in materia di virologia. Anche se non sembra, la medicina non è una scienza esatta!

Questo genera il panico nella popolazione. Un panico comunque non giustificabile.

E’ difficile avere ricette già pronte su come affrontare l'epidemia da coronavirus. Interessante sono le parole di questo esperto:

“Non ci sono evidenze scientifiche su come contenere epidemie di questo tipo”. Pier Luigi Lopalco, epidemiologo di fama, professore di Igiene dell’Università di Pisa, taglia la testa al toro: “Tutte le misure che si stanno prendendo o che si possono prendere sono sperimentali. E sbagliare fa parte del gioco. Non c’è certezza."

L'unica cosa certa è invece la psicosi generale che si sta impadronendo dello stato d'animo degli italiani. La psicosi da coronavirus è più pericolosa del virus stesso.
Ognuno comincia a sospettare l'altro come possibile untore del virus.

In questo modo quel poco di umanità ancora presente nella società attuale viene distrutta dalla paura dell'altro, qualunque esso sia. L'uomo è un essere sociale, non possiamo rinunciare a vivere con e per gli altri.

Allora la paura si può vincere anche avendo la consapevolezza in che mondo viviamo e come ci comportiamo rispetto ad altri eventi anch'essi letali.

Di cosa si muore ogni giorno in Italia? Ecco i dati su alcune cause di morte:

Nel mondo , ogni anno, secondo dati dell’OMS muoiono per causa (diretta ed indiretta) del virus dell'influenza circa 600.000 persone.

In Italia, ogni anno, per causa (diretta o indiretta) del virus influenzale ci sono tra i 5-8 milioni di malati, e mediamente 8000 decessi per influenza e le sue complicanze. Quindi i morti di influenza  (per causa diretta ed indiretta) in Italia sono mediamente ogni giorno circa 22.
Fonte: https://www.epicentro.iss.it/influenza/sorveglianza-mortalita-influenza

Ogni giorno più di 130 persone muoiono nella sola Italia per malattie infettive contratte nel corso di un ricovero in ospedale.
Fonte: https://www.luogocomune.net/21-medicina-salute/5458-stefano-montanari-sul-coronavirus

In media ogni giorno oltre 485 persone muoiono in Italia a causa di un tumore.
Fonte: https://www.repubblica.it/oncologia/news/2019/09/23/news/ogni_giorno_485_persone_muoiono_per_tumore-236749530/

Più di 10 persone muoiono ogni giorno in incidenti stradali.
Fonte: https://www.repubblica.it/dossier/stazione-futuro-riccardo-luna/2020/02/24/news/coronavirus_e_terapia_antipanico_di_cosa_si_muore_ogni_giorno_in_italia-249454511/

Ogni giorno in Italia muoiono 3 persone sul posto di lavoro.
Fonte: https://www.repubblica.it/online/fatti/incidenti/incidenti/incidenti.html

Quante persone muoiono al giorno per il coronavirus?

Dal 30 gennaio, inizio dell'epidemia, al 6 marzo alle ore 18 i deceduti per coronavirus in Italia sono 197, circa 5 persone al giorno.
Fonte: http://www.salute.gov.it/nuovocoronavirus

Se questi sono i dati su alcune cause di morte in Italia, allora bisogna superare la paura ed affrontare l'epidemia, senza farsi schiacciare la propria vita dal panico che non risolve nulla.

Quindi se tutti gli Italiani fossero spaventati da queste cause di morte non dovrebbero più lavorare per paura degli incidenti sul lavoro, spostarsi in automobile per paura di un incidente stradale, andare in ospedale per paura di contrarre una infezione mortale, e via di seguito, in una sola parola rinunciare a vivere.

A causa del coronavirus non possiamo rinunciare a vivere la nostra socialità è l'opinione del psichiatra Morelli:
https://www.lopinionista.it/raffaele-morelli-coronavirus-dobbiamo-allontanare-il-pensiero-video-53109.html

Il contenimento dei contagi a causa del coronavirus è importante per non saturare le sale di rianimazione degli ospedali, necessarie per la terapia intensiva dei malati gravi contagiati da coronavirus.

Ma è paradossale che la sanità della Lombardia, considerata una delle “eccellenze” in Italia, sia già in collasso per mancanza di posti letto per i malati gravi di coronavirus. E' evidente che la sanità lombarda non era preparata per una emergenza provocata da una epidemia. Mancano i posti per la terapia intensiva perché la sanità Lombarda è basata su una forte presenza della sanità privata, che non è assolutamente organizzata per affrontare questa epidemia.

I nodi stanno venendo al pettine. Negli ultimi decenni in Italia, il taglio operato di 50.000 posti letto negli ospedali pubblici, e la mancanza nell’organico di migliaia di medici ed infermieri, per fare spazio alle cliniche private, dimostra tutta la sua cecità sociale. La politica dell’austerity e la rincorsa verso la sanità privata ha messo l’Italia  in ginocchio rispetto all’emergenza provocata dal coronavirus.

La volgata neoliberista sta mietendo così le sue vittime… e sta giocando sugli esseri umani allo stesso modo di come si scommette con i cavalli. Il rischio che la morte si stia tramutando in fiches di un lugubre casinò appare tutt’altro che remoto o frutto di impostazione preconcetta, visto che ci sono in ballo i catastrofe-bond. I finanzieri avranno lauti guadagni se l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) non classificherà l’attuale epidemia di covid-19 (coronavirus) come pandemia. Immaginiamo quante pressioni sta ricevendo l’OMS per dichiarare o meno la pandemia, a seconda degli interessi economici degli attori in gioco: https://it.businessinsider.com/pandemia-o-epidemia-per-loms-e-la-banca-mondiale-non-e-una-questione-di-vittime-ma-di-soldi/

Il vero virus infettivo mortale da combattere è proprio il neoliberismo, come fa ben notare Mauro Scardovelli in questo video sul coronavirus:
https://www.youtube.com/watch?v=gdSvuUjQ9d8

Buoni approfondimenti e buona salute fisica e mentale a tutti,
Giulio Ripa e Francesco Galgani, 9 marzo 2020

La compassione delle persone religiose è inferiore a quella delle persone non-credenti?

Premessa: per evitare fraintendimenti su quanto segue, preciso che con il termine "compassione", nell'articolo seguente da me tradotto dall'inglese, è definito come "l'emozione provata nel vedere la sofferenza di altre persone, emozione che poi si trasforma in stimolo per offrire loro aiuto, spesso con un costo o un rischio personale". Quindi, in questo contesto, la compassione non c'entra nulla con la commiserazione.

L'articolo scientifico seguente, frutto di tre ricerche e pubblicato dall'University of California il 30 aprile 2012, va ad evidenziare che il "grado di compassione" delle persone poco o per niente religiose, nell'offrire aiuto ad un sconosciuto, è complessivamente maggiore di quello delle persone che considerano se stesse come "altamente religiose".

Presumo che questo articolo offra un ottimo spunto di riflessione per chi, come me, ritiene che una buona religione sia anche una buona medicina per tanti mali...

Questa ricerca va ad integrarsi con una precedente ricerca analoga (che prende in esame i praticanti di otto religioni e il loro livello di compassione), citata nel libro "Parlare pace - Quello che dici può cambiare il mondo" di Marshall Rosenberg: ne parla Mauro Scardovelli, nell'audio 2 a partire dal punto 3:45, alla pagina seguente dedicata alla Comunicazione Non Violenta:
http://www.mauroscardovelli.com/PNL/Consapevolezza_di_se/CNV.html
Per chi non riesce ad aprire l'audio dalla pagina sopra linkata, indico il link diretto:
https://archive.org/download/ComunicazioneNonViolenta_991/ComunicazioneNonViolenta02.mp3

Attenzione però a non generalizzare, perché all'interno di ogni gruppo religioso c'è una parte ristretta (circa un sesto di ogni gruppo religioso, o anche meno) che è molto più compassionevole di quanto lo siano le altre persone (su questo punto, rimando all'audio di cui sopra).


Le persone altamente religiose sono meno motivate dalla compassione rispetto ai non-credenti

Titolo originale: Highly religious people are less motivated by compassion than are non-believers
Fonte: http://news.berkeley.edu/2012/04/30/religionandgenerosity/

"Ama il tuo prossimo" è largamente predicato, ma una nuova ricerca suggerisce che le persone altamente religiose siano meno motivate dalla compassione quando aiutano uno sconosciuto rispetto agli atei, agli agnostici e alle persone meno religiose.

In tre esperimenti, gli scienziati sociali hanno trovato che la compassione ha guidato in maniera significativamente ridotta le persone religiose ad essere più generose. Per le persone altamente religiose, tuttavia, la compassione era in gran parte non correlata a quanto generose sono state, secondo i risultati che sono pubblicati nella versione online del giornale "Social Psychological and Personality Science":
http://journals.sagepub.com/doi/abs/10.1177/1948550612444137?journalCode=sppa

I risultati mettono in discussione una diffusa convinzione che gli atti di generosità e di carità siano in gran parte spinti da sentimenti di empatia e di compassione, hanno detto i ricercatori. Nello studio, il legame tra compassione e generosità è risultato più forte per coloro che si sono identificati come non religiosi o meno religiosi.

Superare le paure

Le paure si superano: evitando di evitare, quindi affrontandole subito, senza procrastinare; non si chiede aiuto egoico, si chiede aiuto animico (non dovremmo chiedere a nessuno di sostituirsi al nostro governo interiore); evitando di controllare le emozioni che non sono controllabili (quello che invece è controllabile sono i pensieri e decidere a quali dare credito e a quali no).

Per approfondimenti:

Come superare le paure e come peggiorarle (video in cui Mauro Scardovelli spiega i punti riportati nella lavagnetta sopra fotografata)
https://www.youtube.com/watch?v=QBzgcaV0spo

Libertà dalla paura - Approfondimento su vari aspetti della paura, scritto da Mauro Scardovelli. I temi di questo articolo sono ripresi e trattati in vari video dello stesso autore:
http://www.mauroscardovelli.com/PNL/Consapevolezza_di_se/Liberta_dalla_paura.html

Graditudine: l'emozione più importante per vivere bene (psicologia + neuroscienze)

Il sentimento più bello

Il sentimento più bello
che ogni altro migliora,
alleggerendo il fardello
di ciò che addolora,

pari a una medicina
giusta per ogni male,
essenza genuina
nel viver fondamentale,

è una GRATITUDINE
così grande e così forte
da divenir sana attitudine
in qualunque sorte...

Ringrazio la Poesia,
Ringrazio chi m'Ama,
Ringrazio la Mistica Energia
che il mio Essere sfama.

Grazie!

(Francesco Galgani, 24 luglio 2015, www.galgani.it)

Quanto sopra, è ciò che scrissi circa due anni fa. Avevo compreso che cos'è la gratitudine "vivendola", e proprio vivendola e sperimentandola nel quotidiano compresi che è il sentimento più bello e più importante, che viene prima di ogni altro sentimento che ci fa vivere bene e prima di ogni relazione positiva, amicizia e amore compresi. Nella mia esperienza, la gratitudine è propedeutica e necessaria per relazionarci positivamente con noi stessi, con gli altri, con la vita, in poche parole per vivere appieno e bene. Tale consapevolezza mi è emersa grazie al mio percorso di vita buddista e tramite le relazioni con le persone meravigliose che ho incontrato. La "Mistica Energia" a cui mi riferisco nella poesia è "Nam-myoho-renge-kyo", o "Legge mistica", o "Daimoku del Sutra del Loto", a cui fa riferimento il Buddismo di Nichiren Daishonin .

Ciò che oggi ho scoperto, leggendo quanto segue, è che anche le neuroscienze e la psicologia confermano questo grande potere e primato della gratitudine. Più precisamente:

«Secondo gli esperimenti di laboratorio, le emozioni che generano il miglior stato di coerenza sono in primo luogo la gratitudine e, subito dopo, l'amore incondizionato e tutte le altre qualità del cuore: bontà, generosità, compassione, serenità, pace interiore, apertura alla vita e agli altri, gioia quieta, appagamento, eccetera, tutte emozioni di tipo "superiore" che non hanno niente a che vedere con quelle del circuito primitivo, delle quali sono addirittura l'opposto.

All'interno del grande serbatoio emozionale, il circuito del Maestro del cuore utilizza naturalmente le emozioni cosiddette "positive" o "elevate". Non si tratta di emozioni "delicate", ma piuttosto di emozioni potenti, cariche di compassione, di amore e di saggezza, che ci rendono persone forti, intelligenti, salde, stabili, sagge, generose, compassionevoli, e nello stesso tempo molto efficienti e creative nell'azione, perché l'energia non viene dispersa nell'agitazione o nell'opporre resistenza.»

L'articolo che segue è tratto dal sito di Mauro Scardovelli, dalla pagina seguente (che contiene anche un video):
http://www.mauroscardovelli.com/PNL/Consapevolezza_di_se/Cervello_del_cuore.html

Cervello del cuore

Annie Marquier, Usare il cervello del cuore, ed Amrita. E’ il libro che contiene la sintesi più efficace che conosca sui temi centrali del pensiero Aleph: Ego/Anima, il Potere, la Paura ecc.

Ne riporto un estratto, invitando tutti ad acquistarlo e a leggerlo con grande attenzione. La novità più importante deriva dalle neuroscienze: oggi finalmente siamo in grado di riconoscere una base neurologica del pensiero del cuore o pensiero dell’anima, che favorisce una comprensione moderna del fenomeno Anima...

Per il momento mi limito ad riportarne un estratto. Buona lettura.

L'antidoto

L'antidoto

Parole senza lume
d'una mente annebbiata,

dei suoi stessi sogni
da paure trafugata,

incapace di gioire
di gioie lodevoli,

incapace d'apprezzare
sforzi meritevoli.

Possedere non è Amare,
è solo avvelenare

d'un veleno amaro
un frutto prezioso e raro.

Gratitudine e fiducia
sono il vero antidoto

affinché ogni dipendenza
divenga d'Amor appartenenza.

Quando l'Anima è pronta
a cambiar direzione,
la vita già lo è,
e saggia sarà l'azione.

Grazie

(Francesco Galgani, 21 marzo 2018, www.galgani.it)

In questa poesia tento di esprimere il passaggio interiore da una "incapacità appresa di amare" ad uno stato di amore, passaggio radicale e rivoluzionario che provoca grandi effetti sia interiori sia esteriori.

Gli esseri umani sono dotati di una naturale capacità di amare, così come sono dotati di una naturale capacità di muoversi, camminare, vedere, ascoltare, parlare. Ogni capacità ha però bisogno di essere esercitata. Ha bisogno del contesto adatto, ove siano disponibili esempi e modelli da imitare.
Tutti i problemi umani sono varianti di un unico tema: l’incapacità appresa di amare.

Paradossalmente, più cerchiamo di renderci degni d’amore, più creiamo le circostanze per allontanare l’amore dalla nostra vita.
La via è la meta. La via che porta all’amore è la pratica dell’amore stesso. Amore senza presupposti, senza condizioni da soddisfare.

Nella nostra cultura siamo abituati a pensare che per essere felici ci debba essere qualche motivo, delle determinate condizioni altrimenti è la normalità essere un po’ tristi: in realtà, quando siamo in contatto con le qualità dell'Essere (amore, benevolenza, gratitudine, compassione, sentirci parte di un tutto, ecc.), la felicità è la naturale conseguenza del fatto di essere vivi.

Siamo abituati a porre condizioni all'amore, ma questo è un modo di pensare e di relazionarci che ci rende incapaci di amare. In realtà, abbiamo un diritto intrinseco ad essere amati.

Quando un bisogno fondamentale (come quello di amore incondizionato) non viene soddisfatto (incontra un ostacolo) non è che si estingue, ma si perverte (cioè cambia direzione) e si trasforma nel proliferare dei desideri.

Chi pratica gli inquinanti della mente non ama, né sé né gli altri. Praticando danze distruttive, tutti ne pagano il prezzo. Nuovi semi di infelicità vengono sparsi nel mondo.

Amare è favorire la propria e l’altrui crescita spirituale.

Per approfondimenti: Incapacità d’amare, di Mauro Scardovelli
http://www.mauroscardovelli.com/PNL/Consapevolezza_di_se/Amare_(incapacita_di).html

Francesco Galgani,
21 marzo 2018

Pages

Subscribe to Psicologia