Qwant: un nuovo motore di ricerca che funziona bene e rispetta la privacy

tratto da: https://help.qwant.com/it/help/qwant-search/

«Disponibile su Qwant.com, Ricerca Qwant è il motore di ricerca localizzato in Europa più efficiente, che protegge la tua privacy rifiutando qualsiasi meccanismo di tracciamento utenza e si impegna anche a garantire la neutralità dei suoi risultati.

Con Ricerca Qwant ci prefiggiamo l’obiettivo di fornire un motore di ricerca gradevole, efficiente, indipendente, onnicomprensivo e facile da usare, che assicuri il pieno rispetto dei diritti e delle libertà degli utenti e che preservi l’ecosistema della rete Internet. Ricerca Qwant unisce tutti i possibili risultati raccolti dal web su una singola pagina, incluse notizie, social network, immagini, video, shopping… Ma al contrario degli altri motori di ricerca, tutto ciò che cerchi con Qwant rimane assolutamente confidenziale. Le tue ricerche sono criptate, Qwant non colloca sul tuo browser alcun cookie che possa servire a localizzarti, né alcun meccanismo di tracciamento che consenta di seguire le tue abitudini di navigazione sul web allo scopo di comprendere quali siano i tuoi interessi e venderle alle reti pubblicitarie. Non conserviamo neanche la cronologia delle tue ricerche passate. Se ti mostreremo pubblicità, essa si baserà unicamente sulle parole chiave che avrai appena digitato.

Crediamo che questa promessa sia essenziale, perché le domande che digiti ogni giorno rivelano molte cose su di te: opinioni politiche, tendenze sessuali, salute, interessi, stile e standard di vita… Chi raccoglie queste informazioni può usarle per farsi un’idea di chi tu sia, o per adattarvi le pubblicità. Un domani saranno anche usate per ritagliare agenti IA che prenderanno decisioni per conto tuo, o che ti spingeranno a intraprendere certe azioni.

Ricerca Qwant pone sullo stesso piano tutti i siti web e i servizi online. Essi hanno tutti le stesse possibilità, qualora lo meritino, di apparire nelle prime posizioni della ricerca. Non diamo la precedenza ai nostri servizi o a quelli dei nostri partner, né sviliamo artificialmente il posizionamento dei siti i cui interessi sono in contrasto coi nostri. Non alteriamo l’ordine dei risultati a seconda di chi sta effettuando la ricerca. Chiunque può avere a che fare con idee che non gli appartengono, e questo rende più sana la democrazia. Inoltre, tutte le compagnie hanno la possibilità di essere notate grazie ai propri meriti effettivi.»

Giornata sportiva a favore dei bambini farfalla (video) - Massa Marittima, 7 ottobre 2017

Ringrazio tutti coloro che hanno partecipato direttamente e indirettamente a questo evento benefico, rendendolo possibile, il cui ricavato è stato interamente devoluto all'Associazione Debra Sudtirol AltoAdige, a sostegno dei “Bambini Farfalla” e delle rispettive famiglie.

Chi lo desidera, può leggersi la mia poesia "Bimbe e bimbi farfalla". I bambini farfalla sono detti così perché hanno la pelle fragile e vulnerabile come le ali di una farfalla, che al minimo contatto provoca dolori e bolle. Per maggiori informazioni:
http://www.debra.it/

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Monopoli, ovvero imprese che pretendevano di fare il bene dell’umanità (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft, ecc.)

Qualcuno dei miei lettori si ricorda i Cavalieri dell'Apocalisse, citati nella mia pagina "Riflessioni su Facebook"? «Facebook: morte, la falce. Apple: pestilenza, l’arciere. Amazon: guerra, lo scudo. Twitter: carestia, la bilancia. E in chiusura l’apocalittica scena degli uccelli di Twitter come avvoltoi appollaiati sopra a dei resti umani». Questa scena risaliva al 2013.

Pochi giorni fa, sul Corriere della Sera, nell'articolo "Silicon Valley, se quelli del Big Tech diventano i «cattivi»", ho letto una serie di considerazioni a proposito dei Big Tech:

«[...]

1) «Fake news» e interferenza russa nelle elezioni presidenziali. Questi due fenomeni e la loro amplificazione da parte dei social media hanno prodotto diffusa inquietudine e un improvviso risveglio dell’opinione pubblica Usa. E anche allarme in Parlamento dove a chiedere regole e indagini ora sono, oltre ai democratici, anche i repubblicani fin qui paladini della deregulation. Fari puntati su Twitter, in misura minore su Google, ma soprattutto su Facebook e in prima persona su Mark Zuckerberg. Per come la sua società veicola le informazioni, ma anche per la gestione «automatica» della pubblicità, soprattutto quella elettorale.

2) Monopoli. Imprese che pretendevano di fare il bene dell’umanità, ispirandosi alla filosofia libertaria di Stewart Brand, sono cresciute fino a diventare giganti arcigni e con tendenze monopolistiche, ora denunciate da Jonathan Taplin in «Move Fast and Break Things» (celebre invito a essere sbrigativi pronunciato da Zuckerberg) e anche nel saggio di Franklin Foer «World Without Mind», un altro atto d’accusa contro un gruppo d’imprese ormai spregiativamente denominato Big Tech, come Big Oil dei petrolieri o Big Tobacco. Gafa, l’acronimo creato in Europa per identificare la concentrazione di potere nelle mani di Google, Amazon, Facebook ed Apple, viene usato sempre più spesso anche negli Usa. Taplin accusa di essere monopoli di fatto Google (nei motori di ricerca), Facebook (nelle reti sociali), Amazon (nella distribuzione dei libri) e Microsoft (per alcuni settori del software), mentre «salva» Apple che compete con Samsung e altri per smartphone, computer e iPad. Non tutti sono convinti, ma le accuse ai monopoli si moltiplicano anche perché Peter Thiel, uno dei maggiori imprenditori della Silicon Valley, l’unico ad appoggiare fin dall’inizio Donald Trump, sostiene che nell’hi-tech la concorrenza fa sprecare risorse: meglio monopoli ben gestiti.

3) Disuguaglianze. Crescono ovunque nelle società avanzate, ma di più nei settori investiti dalla rivoluzione tecnologica dove le differenze tra chi beneficia dei processi e chi è escluso, è massima. Contrasti estremi che, come abbiamo raccontato ieri, stanno ridando fiato a sindacati che parevano ormai totalmente emarginati. Sono molti — analisti autorevoli come John Battelle ma anche imprenditori — a prevedere guai grossi per Silicon Valley se non saprà autoriformarsi promuovendo forme di capitalismo più inclusivo.

4) Discriminazione sessuale e delle minoranze. Poco spazio per donne, neri e ispanici in Silicon Valley. E il caso Google che ha dominato l’estate col licenziamento di James Damore, l’ingegnere che in un manifesto aveva tentato di spiegare con argomenti sociologici e scientifici (o pseudoscientifici) la ridotta presenza femminile. Un colpo all’immagine del gruppo di Mountain View col New York Times che è arrivato a chiedere col suo celebre columnist David Brooks il licenziamento del capoazienda Sundar Pichai.

5) Una raffica di altri scandali, da quelli di Uber che hanno portato all’estromissione del fondatore, Travis Kalnick, dal suo vertice, al sospetto di una tolleranza per la discriminazione razziale nelle sue strutture ricettive da parte di Airbnb.

Infine la sfida dell’intelligenza artificiale. Farà fare grandi passi avanti all’umanità, ma potrebbe anche rendere l’uomo schiavo della tecnologia secondo i moniti di Elon Musk e altri. E il pioniere dell’intelligenza, Yoshua Bengio, chiede il frazionamento dei gruppi di Big Tech anche per evitare concentrazione eccessive di potere tecnologico.
[...] »

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
7 ottobre 2017

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