I nuovi schiavi

articolo di Giulio Ripa

Nel mondo alcune forme antiche di schiavitù purtroppo persistono ancora.
C'è però la tendenza ad espandersi di una nuova forma di schiavitù molto più sottile.
Nella definizione del fenomeno, gli antropologi insistono sul carattere dell'isolamento dello schiavo rispetto alla sua comunità di origine: «schiavitù in ultima analisi significa essere strappati al proprio contesto e quindi da tutte quelle relazioni sociali che costituiscono un essere umano. Detto in altra maniera, uno schiavo è in un certo senso un 'morto sociale'».
Se accettiamo per buona questa definizione, possiamo parlare di una nuova schiavitù globale.

L'innovazione delle tecnologie digitali, in particolare smartphone, social web e l'intelligenza artificiale determinano la rottura delle relazioni sociali.
L'isolamento non è ottenuto come nel passato con la violenza ma, con la seduzione che la tecnologia stessa esercita sull'uomo, mediante il mito di Prometeo.
Il Titano rubò agli dei il fuoco, simbolo della conoscenza e del progresso, per darlo agli uomini, alimentando in essi l'illusione di sostituirsi alla natura attraverso la tecnologia, per avere tutto ciò che desidera, senza porsi alcun limite.
Questo mito ancora pervasivo nella società in cui viviamo oggi, causa degli effetti avversi dirompenti per la salute psicofisica dell'uomo: la tecnologia digitale aumenta la confusione tra realtà reale e quella virtuale, provoca la rottura delle relazioni sociali ed affettive, rende più fluida la società ma più precario e fragile l'essere umano.

La tecnologia non è neutrale, secondo McLuhan "il medium è il messaggio":
il mezzo tecnologico determina i caratteri strutturali della comunicazione che produce effetti pervasivi sull'immaginario collettivo indipendentemente dai contenuti dell'informazione di volta in volta veicolata.
Solo per fare un esempio parliamo del messaggio che l’automobile ha sempre dato:
Sei libero di andare dove e quando vuoi. Non hai bisogno dei mezzi pubblici.
Da oltre un secolo questa tecnologia si è affermata e consolidata nonostante il disastro che è sotto gli occhi di tutti. Nel tempo abbiamo avuto milioni di morti nel mondo per gli incidenti stradali, milioni di morti per l’inquinamento prodotto dai veicoli, il traffico che rallenta la velocità del veicolo rendendo la vita nelle città invivibile per chi ama una vita serena e tranquillità.

Passiamo ad oggi.
Andiamo a vedere allora che messaggio viene trasmesso dai mezzi tecnologici digitali più importanti.

Social web: Il messaggio dei social è che se non sei visto non esisti, per esistere devi apparire quindi essere in competizione nel web con tutti gli altri.

Intelligenza artificiale generativa: non sforzarti di pensare, non affaticarti a fare elaborazioni e ragionamenti, la macchina lo fa meglio e molto più velocemente di te.

Smartphone: puoi andare dove vuoi, sarai sempre connesso per comunicare con tutto il mondo, il tuo mondo (virtuale) è sempre con te.

Il risultato finale prodotto dai mezzi tecnologici digitali è che viviamo in una società dove tutti comunichiamo in modo ossessivo nel mondo virtuale, ma ci sentiamo più soli nel mondo reale con meno relazioni affettive.
Siccome il mezzo è diventato una protesi dell’essere umano, produce una dipendenza patologica, perché l'intermediazione con gli schermi impedisce di vivere nella vita reale le esperienze fondamentali in modo consapevole.

E’ raro che qualcuno non usi lo smartphone, pochi utilizzatori dello smartphone riescono a farne a meno per qualche giorno, molti sono completamente dipendenti.
Isolato nella propria bolla virtuale, fuori contesto reale, quindi privo di relazioni sociali, senza una comunità di riferimento, il cittadino diventa utente web senza diritti, la sua interattività non retribuita, registrata dalle piattaforme del web, è un flusso di dati personali venduti al migliore offerente.

Tra le cause dell'espansione di queste nuove forme di schiavismo, la globalizzazione ha senza dubbio un posto di primo piano.
La gestione neo-liberista di questo sistema economico-sociale avrebbe favorito, infine, la formazione ed il consolidarsi di nuovi gruppi di élite (monopoli, oligarchie tecnologiche, gruppi finanziari, etc) interessati a sfruttare il mutamento sociale ed economico in corso, per controllare la società e per fare profitti.
I monopoli e/o gli oligopoli privati così diventano un centro di potere transnazionale che condizionano fortemente i singoli stati.
I padroni del mondo favorendo l’individualismo più esasperato con i nuovi mezzi tecnologici digitali, producono sempre più la disgregazione sociale per dividere e governare a piacere una moltitudine di persone, costituita da nuovi schiavi che non sanno di essere schiavi.

Giulio Ripa

Fonti:

Intervista a Francesco Galgani

La sindrome di Prometeo

Il circolo vizioso dell'intelligenza artificiale

In appendice allego una parte del mio ultimo spettacolo teatrale "Macchinazione infernale" (vedi video) scritto 5 anni fa (marzo 2019):

...Il soldato sognava che la direzione dei servizi vitali, era stata affidata alla
“Onnipotente Intelligenza Artificiale”, che grazie all’Algoritmo Assoluto, era capace, nel tempo, di imparare da sola nuove conoscenze dal contesto ambientale, attività non più dipendente dalla volontà di un solo essere umano.

L’Onnipotente Intelligenza Artificiale, programmata per alimentare i profitti di un vorace neocapitalismo globale senza scrupoli, elaborando i dati del mondo reale, prendeva in autonomia qualsiasi decisione, mediante modelli di apprendimento automatico.

Mentre i robot, provvedevano alla sopravvivenza delle persone, gli esseri umani, per motivi di sicurezza imposti dall’Algoritmo Assoluto, erano costretti, per comunicare con il resto del mondo, ad utilizzare solo i social media, pubblicando, più o meno inconsapevolmente, i propri dati personali.
Questi dati raccolti in un grande database, venivano elaborati dall’Algoritmo assoluto, producendo profili individuali, utili per il controllo e la sorveglianza sociale.

Tutti gli abitanti, separati gli uni dagli altri, vivendo senza legami e affetti reali, ormai abituati alla intermediazione digitale, avevano perso il senso dello spazio e del contatto fisico. Uomini ridotti ad essere un flusso di dati senz'anima.
Nessuno più aveva esperienze dirette e nemmeno rapporti intimi.
Mediante una manipolazione genetica delle cellule staminali, l’Onnipotente Intelligenza artificiale, decideva la tipologia e la quantità di esseri umani da generare, in base a propri criteri discriminatori ed alla contingenza data.
… ...
… ...
"La tragedia è cedere al fascino della tecnologia che, per quanta perfetta possa apparire, fa impigliare gli individui negli ingranaggi di una macchina infernale senza avere più la possibilità di liberarsi.”

Daimon

Il grande fiume del male scorre,
lo traghettiamo senz’annegare,
anche quando la cattiveria esonda,
ubbidiamo al cuore abile a navigare.

Le tristi voci avverse
ci rincorrono come spettri,
solo il daimon rimane
per chi lo sa ascoltare.

Daimon interiore,
coscienza e guida,
solo chi si crede solo
smarrisce la propria via.

Tutto è passeggero,
anche brutturia e avversità,
ogni schiaffo ha il suo perché
giacché destino è necessità,

destino saggio che ci obbliga
sulla retta via sempre vicina,
ascoltando quell’amore
che è saggezza divina.

(9 settembre 2024, www.galgani.it)

Seguire il proprio daimon: un viaggio verso l'autenticità e la realizzazione

Premessa

Nella frenesia della vita moderna, spesso associata a solitudine, isolamento, scarsa empatia, sfiducia e autosvalutazione, siamo spesso portati a considerare salute e malattia, benessere e malessere, come stati fisici o mentali da curare con rimedi esterni o psicoterapici. Tuttavia, esiste un'altra prospettiva, più profonda e antica, che invita a guardare a queste esperienze come segnali di una realtà interiore più complessa.

In questa visione, la malattia è ben più di un problema da risolvere, essendo un messaggio del nostro "daimon", quell'entità messaggera tra il divino e l'umano che guida le nostre scelte e il nostro destino.

Ascoltare il proprio daimon può rivelarsi la cura più autentica ai mali dell'esistenza, portandoci a riallineare la nostra vita con il nostro vero sé e a vivere in armonia con la nostra essenza più profonda. Questo approccio ci spinge a interrogare direttamente il nostro daimon, e ad ascoltarlo costantemente, per uscire dal disagio.

Origini e sviluppo del concetto di daimon

Il concetto di daimon interiore ha radici profonde nella filosofia antica, specialmente in quella greca. Il termine "daimon" in origine non aveva una connotazione negativa come potrebbe avere oggi la parola "demone" nella tradizione cristiana, ma indicava piuttosto uno spirito o una forza divina che guidava l'individuo. Platone (428-348 a.C.), nel suo "Simposio", descrive il daimon come un intermediario tra gli dèi e gli esseri umani, una sorta di entità che connette il mondo terreno con quello divino. In questo contesto, il daimon rappresenta una guida, una voce interiore che conduce l'individuo verso la realizzazione del proprio destino.

Nel corso della storia, questa idea è stata reinterpretata da diversi pensatori. Ad esempio, durante il Rinascimento, Marsilio Ficino (1433-1499) riprese l'idea platonica del daimon, arricchendola con influenze neoplatoniche e cristiane, e lo identificò come una sorta di angelo custode che guida l'anima umana verso il suo compimento. Anche Carl Gustav Jung (1875-1961), il fondatore della psicologia analitica, rielaborò questo concetto associandolo all'archetipo dell'ombra, quella parte inconscia della personalità che contiene tanto gli aspetti oscuri quanto le potenzialità inespresse dell'individuo.

James Hillman (1926-2011), psicologo e filosofo, ha svolto un ruolo fondamentale nella rivisitazione moderna del concetto di daimon. Nella sua opera "Il Codice dell'Anima", Hillman descrive il daimon come una figura centrale nella vita di ogni individuo, rappresentante l'essenza unica e irripetibile di ciascuno. Per Hillman, il daimon non è un'entità separata o sovrannaturale, ma una realtà psichica interna, una forza o energia che guida l'individuo verso la realizzazione del proprio destino o vocazione. Hillman considera il daimon come un "codice" che ciascuno porta dentro di sé, una sorta di progetto preesistente che determina le nostre inclinazioni, passioni e scopi nella vita.

Questo concetto moderno differisce dall'idea originale del daimon come entità autonoma o intermedia tra il divino e l'umano, tipica della filosofia antica. Nella visione classica, il daimon era visto come una figura spirituale esterna, potenzialmente benevola o malevola, che influenzava la vita umana dall'esterno. Era un intermediario tra l'uomo e il divino, un'ispirazione o un messaggero che poteva orientare il destino degli individui. Con l'evoluzione del pensiero psicologico, specialmente grazie all'influenza di Jung e Hillman, il daimon è stato interiorizzato, diventando una parte integrante della psiche umana, un simbolo delle forze interne che guidano le nostre scelte di vita.

Il daimon come guida interiore

Il daimon interiore, sia che lo si voglia concepire nella maniera più antica o più moderna, cioè come entità tra il divino e l'umano o come forza psichica interiore, in ogni caso spinge l'individuo verso certe direzioni, anche se queste possono apparire contraddittorie o difficili da comprendere razionalmente. Questa forza interiore può esprimersi in modo grossolano, attraverso il corpo e le emozioni, influenzando la salute fisica e mentale della persona. È come se il daimon cercasse di comunicare con noi attraverso segnali che non sempre siamo pronti e aperti a comprendere.

Ad esempio, la malattia può essere interpretata come un segnale che il daimon utilizza per indicare che qualcosa nella vita dell'individuo non è in armonia con la sua vera natura. Quando ignoriamo il nostro daimon o lo reprimiamo, cercando di conformarci a ciò che la società o gli altri si aspettano da noi, questo può manifestarsi in disturbi fisici o psichici. La malattia, in questo contesto, diventa un messaggio del daimon che ci invita a riconsiderare le nostre scelte e a riallineare la nostra vita con il nostro vero sé.

Al contrario, quando seguiamo il nostro daimon, possiamo sperimentare un senso di serenità e realizzazione. Questo non significa che la vita diventi facile o priva di ostacoli, ma piuttosto che sentiamo di essere sul cammino giusto, in armonia con il nostro scopo interiore. Il daimon ci spinge a realizzare il nostro potenziale, a vivere autenticamente, e questo può portarci a una profonda soddisfazione personale, anche se il percorso può essere faticoso e pieno di sfide.

Le emozioni forti, come il malessere o la svalutazione, possono anch'esse essere interpretate come espressioni del daimon. Quando ci sentiamo insoddisfatti, frustrati o depressi, potrebbe essere perché stiamo vivendo in disaccordo con la nostra natura profonda. Il daimon ci avvisa che stiamo tradendo noi stessi, che stiamo trascurando i nostri veri desideri e bisogni. Ignorare queste emozioni significa ignorare il nostro daimon, il che può portare a un progressivo allontanamento da ciò che siamo destinati a essere.

Ascoltare il daimon richiede coraggio, poiché spesso ci conduce verso l'ignoto, verso scelte che possono sembrare irrazionali o rischiose. Tuttavia, è proprio in questi momenti che il daimon si rivela più potente: ci spinge a superare le nostre paure, a uscire dalla nostra zona di comfort e a esplorare nuove possibilità di crescita e trasformazione.

Il daimon, quindi, può essere visto come la parte più autentica e profonda del nostro essere. E' la nostra vocazione interiore, il nostro vero sé, la nostra guida. Il daimon ci ricorda continuamente chi siamo e cosa dobbiamo fare per realizzare il nostro destino, e lo fa attraverso una comunicazione che può essere sottile ma anche brutale, attraverso il corpo, le emozioni e le esperienze della vita quotidiana.

Il daimon interiore è quindi una guida preziosa nella complessità della vita. Ci invita a vivere in modo autentico, a seguire la nostra vocazione, a non tradire la nostra vera natura. Anche quando la sua voce è difficile da comprendere o accettare, è sempre lì, pronta a mostrarci la via verso la nostra realizzazione più profonda. Ascoltarlo significa aprirsi alla possibilità di una vita piena di significato, anche se questo richiede di affrontare le sfide e i conflitti che inevitabilmente emergono lungo il cammino.

(4 settembre 2024)

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