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Psicologia

La paura come radice del conflitto umano

Gran parte dell'agire umano è mosso dalla paura, anche se di solito tale paura non viene mai dichiarata come tale.
Ad esempio, le attuali guerre che sembrano voler infiammare il mondo intero nascono dalla paura, che in questo caso è paura dell'altro, della sua esistenza, del suo agire, del fatto che l'altro possa distruggere la propria identità. Con questa chiave di lettura, tutte le guerre, dal punto di vista di chi le vive e di tutte le parti coinvolte, sono sempre guerre difensive, anche quando un'osservatore esterno leggerebbe quello che accade in modo molto diverso. Anche lo sterminio di un popolo è, dal punto di vista di chi lo fa, un'azione difensiva mossa dalla paura, anche se tale paura non solo non è dichiarata, ma è ben nascosta sotto il macigno della mostrificazione dell'altro e della finta dualità di buoni e cattivi.

Se ascoltiamo le dichiarazioni, nessuno dice "io faccio questo perché sono cattivo", bensì la narrazione è "io faccio questo perché l'altro mi mette in pericolo".

E' solo una lettura psicologica, non sto giustificando alcuna barbarie. Il male non si combatte con i mezzi del male, cioè con odio, distruzione, guerra o, come vediamo in questi giorni, con i carri armati che passano sopra le persone schiacciandole come mosche. No, si combatte perseverando nel bene, resistendo nel bene, e di conseguenza essendo disposti a portare la propria croce.

Paura è sinonimo di separazione, e separazione è sinonimo di mancanza di amore, o appunto di unione. Al tempo stesso, il significato etimologico di cattivo è captivus, che indica il prigioniero di guerra ridotto in schiavitù, con riferimento alle sue lacrime, alla sua disperazione, che poi egli trasforma ed esterna in rabbia e ferocia. Questa etimologia dovrebbe metterci in guardia sulle vere origini della cattiveria. Captivus è "colui che viene catturato, fatto prigioniero". Potrei aggiungere, come deduzione, che "captivus", e quindi la cattiveria, indica una separazione dolorosa e importante, e che la prigionia è una prigionia dell'anima.

Riassumendo, parole come "paura", "separazione" e "cattiveria" indicano condizioni simili e sovrapponibili. A volte la paura è semplicemente quella di perdere il proprio "potere", e dove c'è potere inteso come "dominazione" c'è l'esatto opposto dell'amore, cioè dell'unione. Quindi anche la parola "potere" indica una "separazione", e quindi "paura" e "cattiveria".

Questi collegamenti semantici non sono immediatamente evidenti, ma scavando nelle proprie ombre troviamo questo e altro. Così, possiamo scoprire che crearsi dei "nemici" non è altro che un modo con cui estroiettiamo le nostre ombre attribuendole ad altri. E nelle nostre ombre c'è tutto, sia il carro armato, sia chi lo guida, sia chi soccombe sotto di esso.

(31 dicembre 2023)

L'Era della Persuasione Bellica > Dinamiche comunicative e psico-sociali per giustificare la guerra

Mentre il mondo si schiera e il conflitto si espande, sorge una domanda pressante: «Perché ci infliggiamo simili sofferenze?». È una questione che sfida ogni tentativo di spiegazione esaustiva, poiché la guerra, nella sua brutale semplicità, è un antico modo di affrontare i problemi, radicato nelle profondità della storia umana.

Diverse chiavi di lettura cercano di dare senso a questo fenomeno ancestrale. Alcuni individui, ad esempio, evocano l'intervento di entità aliene, in una cosmica contrapposizione che si ripercuote sulla Terra, mentre altri scrutano le configurazioni astrali, attribuendo a Marte, il dio della guerra, un'influenza diretta sui nostri comportamenti bellicosi.

Tuttavia, preferisco ancorare la riflessione a noi stessi, ad una "introspezione collettiva". È nostro, infatti, il talento nel creare illusori giustificativi, nel raggirarci con argomentazioni che dipingono la violenza come un percorso necessario o addirittura giusto.

Ma quali meccanismi ci portano a sostenere la guerra? La risposta può risiedere in una serie di sofisticate trappole comunicative e psicologiche, che vanno ben oltre la propaganda superficiale:

1. Polarizzazione: dividere nettamente la popolazione in due gruppi contrapposti.

2. Mostrificazione: raffigurare uno dei due gruppi come intrinsecamente malvagio e mostruoso.

3. Morale binaria: assegnare etichette di "bene" e "male" ai due gruppi, stabilendo una dicotomia morale assoluta.

4. Legittimazione e delegittimazione: celebrare le azioni di un gruppo come giuste e legali, mentre si denunciano le azioni dell'altro come criminali.

5. Dissenso come eresia: etichettare come "traditori" o "simpatizzanti del nemico" coloro che mettono in dubbio la guerra o le sue giustificazioni.

6. Esaltazione del martirio: glorificare chi va in guerra e chi supporta la causa bellica come eroi.

7. Ostruzione al dialogo: commettere atti volti a rendere il dialogo tra i gruppi impossibile.

8. Rabbia indotta: sostituire il pensiero critico con emozioni negative attraverso l'uso di immagini e narrazioni che provocano indignazione.

9. Costruzione del conflitto: adottare la sequenza "(1) creare un problema, (2) creare un  nemico additandolo come causa del problema, (3) proporre l'annientamento del nemico come soluzione".

10. Revisionismo storico: inventare una narrativa storica che giustifichi la guerra, ignorando o distorcendo le vere cause e la storia recente o passata.

11. Propaganda: diffondere sistematicamente messaggi che rafforzino la narrazione di guerra, utilizzando i media per escludere prospettive alternative.

12. Censura informativa: controllare l'informazione disponibile per sopprimere punti di vista contrastanti e rinforzare il messaggio ufficiale.

13. Simbolismo: creare e utilizzare simboli e slogan per rafforzare l'unità interna e l'opposizione al nemico.

14. Autoritarismo: sfruttare l'autorità e la tradizione per legittimare l'azione bellica.

15. Manipolazione degli eventi: utilizzare o inventare incidenti e attacchi per giustificare il rinnovato fervore bellico.

Queste tattiche ingannevoli tendono ad essere speculari e parallelamente impiegate da entrambe le parti in conflitto, portando a crimini e giustificazioni simili sotto la bandiera di presunti beni supremi.

Stiamo attenti. Cerchiamo di rimanere vigili contro ogni manipolazione.

Finché rimarremo in contatto con la nostra Coscienza, avremo ben chiaro che l'unico bene supremo è la Vita stessa, intrinsecamente opposta agli orrori della guerra. Ogni filosofia di pace, ogni religione e ogni sistema etico degno di considerazione pone al centro i diritti umani, sostenendo la loro inalienabilità e sacralità. È dovere di ciascuno di noi proteggere e valorizzare la vita di ogni persona, a cominciare dalla propria.

Coloro che onorano e curano ogni vita umana con rispetto incarnano le qualità di un'umanità profondamente evoluta, che è ciò di cui oggi, più che mai, abbiamo bisogno.

(3 novembre 2023)

Coscienza (Francesco Galgani's art, November 3, 2023)
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Pillole di Psicologia - Profilo comportamentale del manipolatore e della manipolatrice

Riporto i seguenti due audio a cura dell’anonima autrice del canale Deabendata. La descrizione del modello comportamentale di chi ha l’abitudine di tenere sotto scacco familiari, colleghi o altre persone vicine mi sembra molto verosimile.

Il miracolo della pace nella gioia dell’essere (Mauro Scardovelli)

DOWNLOAD MP4

(video del 25 febbraio 2023 - fonte - archivio video di Mauro Scardovelli)

L'attaccamento alle proprie idee come causa psicologica delle guerre

La guerra è un fenomeno complesso che ha molte cause, tra cui fattori sociali, economici, politici, morali e psicologici. Tra questi ultimi, rientra l'attaccamento alle proprie idee, inteso come l'identificazione di sé con le proprie convinzioni morali e politiche.

La teoria dei fondamenti morali

Uno dei principali studiosi che hanno sviluppato la teoria dell'attaccamento alle proprie idee è lo psicologo sociale Jonathan Haidt. Nella sua opera "The Righteous Mind: Why Good People Are Divided by Politics and Religion" (2012), Haidt sostiene che le persone siano attaccate alle proprie convinzioni morali e politiche in virtù di sei fondamenti morali universali:

  • cura / danni: apprezzamento e protezione degli altri;
  • giustizia / inganno: giustizia rappresentata da un accordo con norme condivise (nome alternativo: proporzionalità);
  • lealtà / tradimento: stai con il tuo gruppo, famiglia o nazione (nome alternativo: endogruppalità);
  • autorità / sovversione: obbedire alla tradizione e alla legittima autorità (nome alternativo: rispetto);
  • santità / degrado: antipatia per cose, cibi o azioni spiacevoli (nome alternativo: purezza);
  • libertà / oppressione: ci spinge alla ribellione quando ci sentiamo umiliati.

Secondo Haidt, le persone differiscono tra loro nella loro attenzione a questi fondamenti morali e questo può portare a conflitti intergruppi. Ad esempio, se due gruppi hanno un'attenzione diversa ai fondamenti morali della cura e della giustizia, potrebbero trovarsi in conflitto sui diritti sociali, come l'aborto o le questioni LGBTQ+ (approfondimento).

L'identificazione con le proprie idee

Un altro aspetto dell'attaccamento alle proprie idee è l'identificazione di sé con queste. L'attaccamento alle proprie idee può portare alla demonizzazione dell'altro e alla sua esclusione dalla comunità (come nel caso dell'attaccamento all'idea della mascherina, del vaccino e del green pass). L'identificazione con le nostre idee e con i nostri valori, infatti, può facilmente diventare un'ideologia, un insieme di credenze tanto solide da escludere gli altri. L'ideologia non permette di considerare le sfumature e le complessità del mondo, e può portarci alla demonizzazione di chi vediamo come un ostacolo alla realizzazione dei nostri obiettivi.

Un'ideologia rigida e dogmatica esclude la possibilità di considerare i punti di vista degli altri e di trovare un terreno comune per risolvere i conflitti.

L'identificazione con le proprie idee può essere accentuata dall'effetto delle camere d'eco, che si verifica quando ci circondiamo di informazioni e opinioni che confermano le nostre idee pregresse e tendono a ignorare o respingere informazioni e opinioni che le contraddicono.

Come l'attaccamento alle proprie idee può portare alla guerra

L'attaccamento alle proprie idee può portare alla guerra in diversi modi. In generale, le persone possono percepire le opinioni e le azioni degli altri come minacciose per i propri valori e quindi agire in modo aggressivo e violento. In secondo luogo, possiamo dividerci in gruppi contrapposti sulla base delle nostre convinzioni morali e politiche, con conseguenti conflitti intergruppi. Infine, l'identificazione con le proprie idee può portare alla demonizzazione dell'altro e al rifiuto di negoziare o di trovare un compromesso.

Un esempio di come l'attaccamento alle proprie idee possa portare alla guerra è l'attuale conflitto tra il cosidetto "blocco occidentale" a trazione statunitense e il blocco asiatico (Russia e Cina, quest'ultima non ancora direttamente coinvolta, ma poco ci manca). Questo conflitto ha radici storiche, politiche ed economiche complesse, probabilmente anche non-umane (mi riferisco alla contrapposizione tra Asura, cioè Stati Uniti, e Deva, cioè Russia), ma l'umano attaccamento alle proprie idee e l'identificazione di sé con esse sono fattori che ci stanno conducendo verso l'Apocalisse. Le due parti del conflitto hanno fondamenti morali e identità politiche forti e differenti, che si escludono reciprocamente. Ciascuna di esse considera se stessa come il Bene e l'altra come il Male. Da questo punto di vista, l'attuale guerra è percepita e dichiarata da molti come lo scontro tra il Bene e il Male, tra Dio e Lucifero, tra la Luce e le Tenebre, o come qualsiasi altra coppia di opposti che fanno riferimento a valori morali supremi. Non a caso molti politici invitano a stare dalla "parte giusta" della storia. Già, ma "giusta" in base a un criterio fideistico?

Dopo un conflitto mondiale che a breve potrebbe distruggere il mondo così come lo conosciamo, dalle sue ceneri nascerà un mondo migliore? Non lo so. Alcuni dicono di sì. Io ho seri dubbi al riguardo se non ci sarà anche un serio cambiamento nel modo di relazionarsi tra tutti noi, rinunciando all'attaccamento alle nostre idee e a identificarci con esse.

Possibili strade alternative

In questo conflitto finale, così come in tanti altri storici, le divisioni religiose hanno spesso portato a una forte identificazione con le proprie credenze e a un rifiuto degli altri. Non sto dicendo di diventare più ecumenici o più "inclusivi" (termine abusato e sovente capovolto nel significato), perché finché rimarremo solo nel mondo delle idee non potremo creare alcuna convivenza armoniosa.

E' più utile, invece, portare la nostra attenzione sul fatto che siamo tutti interdipendenti, ovvero ciascuno di noi esiste perché esiste l'altro diverso da sé. Come scrisse Daisaku Ikeda: «Nessun essere umano viene al mondo solo, o diviene adulto senza interagire con altre persone. In generale tutti nasciamo e cresciamo in un contesto familiare, fino a raggiungere la maturità. Marito e moglie, genitori e figli, fratelli e sorelle, siamo tutti uniti da un’invisibile legge naturale. Questi legami del cuore esprimono l’essenza di una vera famiglia».

Appunto, è il cuore che è importante.

(14 febbraio 2023)

Spinte e Ingiunzioni: motivazioni nascoste dei nostri comportamenti

Osserviamo un modello della psiche umana, in cui ciascuno di noi potrà riconoscere qualcosa di sé, tratto dal libro "Dentro l'AT. Fondamenti e sviluppi dell'Analisi Transazionale". In alto osserviamo le spinte (sforzati, sbrigati, ecc.), in basso le ingiunzioni (non sentire, non esistere, ecc.).

Le spinte sono obblighi. Le ingiunzioni sono divieti più o meno letali, che funzionano come comandi interni che disturbano e contaminano il corretto funzionamento psicologico e alterano l'integrità e l'efficienza di un individuo.

Analisi Transazionale - Spinte e Ingiunzioni

Le spinte sono un modo per non entrare in contatto con il dolore provocato dalle ingiunzioni. In altre parole, ci aiutano a rimanere a galla, come mostra il disegno, e a non affogare in sentimenti molto dolorosi. Ma non è un aiuto sano, tutt'altro, e la qualità della vita ne risente negativamente.

Vediamo le principali ingiunzioni interiorizzate da piccoli e che possono influenzare tutta la vita, prendendo come riferimento il libro "Il cambiamento di vita nella terapia ridecisionale" e l'articolo "Comandi e proibizioni interiori: le ingiunzioni come spinte negative":

  • Non - Questa ingiunzione è data da genitori che hanno paura. A causa della loro paura, essi non permettono al bambino di fare molte cose normali: non avvicinarti alle scale (al bambino che trotterella appena); non arrampicarti sugli alberi; non pattinare; ecc. A volte questi genitori non volevano il bambino, riconoscono il loro desiderio primitivo che il bambino non esista e, sentendosi in colpa e terrorizzati dai loro stessi pensieri, diventano iperprotettivi. Altre volte il genitore diventa fobico, psicotico o iperprotettivo dopo aver perduto altri bambini a causa di una malattia o di un incidente. Man mano che il bambino cresce, il genitore si preoccuperà di qualsiasi azione il bambino proponga e dirà: "Ma forse sarebbe meglio se tu ci pensassi ancora un po’". Il bambino crede che niente di quel che lui fa sia giusto o sicuro, non sa che fare, e cerca qualcuno che glielo dica. Un bambino del genere avrà molta difficoltà a prendere decisioni, più avanti nella vita.
     
  • Non essere - Questo è il messaggio più letale e il primo da affrontare in una terapia. Può essere trasmesso in maniera sottile, come: "Se non fosse per voi bambini, divorzierei da vostro padre”. In modo meno sottile: "Vorrei che tu non fossi mai nato... così non avrei dovuto sposare tuo padre”. Il messaggio può essere trasmesso non verbalmente, attraverso il modo in cui il genitore tiene in braccio il bambino, senza cullarlo, si abbuia e brontola durante il bagnetto e i pasti, urla quando il bambino vuole qualcosa o è fisicamente violento. Ci sono un'infinità di maniere in cui si trasmette questo messaggio.
    Questa ingiunzione può esser data da madre, padre, bambinaie e governanti e da fratelli e/o sorelle.
    Un genitore può essere depresso perché il bambino è stato concepito prima del matrimonio o quando i genitori non volevano più bambini. La gravidanza può essersi conclusa con la morte della madre e il padre o i nonni danno al bambino la colpa di quella morte. Il parto può essere stato difficile e il bambino incolpato perché era troppo grande quando è nato: "Mi hai squarciato quando sei nato”. Questi messaggi, ripetuti molte volte in presenza del bambino, diventano il "mito della nascita”, che dice: "Se tu non fossi esistito, le nostre vite sarebbero migliori”.
    Il comando interiore "non essere" porta a un sentimento in cui la svalutazione di sé è talmente massima che la persona tende a non dedicarsi alla cura di sé come essere senziente e pensante. È una condizione che può facilmente spingere ad uccidersi.
     
  • Non entrare in intimità - Se un genitore scoraggia il bambino dall'avvicinarsi, il bambino interpreterà ciò come un messaggio: "Non entrare in intimità”. La mancanza di contatto fisico e la mancanza di carezze positive inducono il bambino a questa interpretazione. Inoltre, se il bambino perde un genitore a cui si sentiva vicino, per morte o per divorzio, può darsi da solo questa ingiunzione, dicendosi cose come: "Che scopo c'è ad entrare in intimità, tanto poi muoiono” e decidere di non entrare mai più in intimità con nessuno.
     
  • Non essere importante - Se, per esempio, un bambino non ha il permesso di parlare a tavola, gli si dice: "I bambini si devono vedere, ma non si devono sentire”, o lo si svaluta in qualche altro modo, lui può recepire questi messaggi come un: "Non essere importante”. Può ricevere questo messaggio anche a scuola.
    Questo è l'ordine interno che raccomanda alla persona di non sentirsi di valore. Quello che fa, sente, dice, pensa o percepisce, non ha molto valore ai suoi stessi occhi, e tutti i rimandi che tendono invece a potenziare o riconoscere le sue qualità sono minimizzati o deprezzati. È il tipico comportamento, molto usuale, di chi non fa caso, sminuisce, o devia un complimento, magari mettendo subito in evidenza una sua parte manchevole o deficitaria.
     
  • Non essere un bambino - Questo è il messaggio mandato da genitori che chiedono agli altri figli di occuparsi del più piccolo. È mandato anche da genitori che cercano di educare troppo presto alla pulizia, giudicano i bambini "ometti” o "donnine” dal momento in cui muovono i primi incerti passi, gli danno carezze perché siano educati prima che i bambini sappiano che cos'è l'educazione, e gli dicono, quando sono ancora in fasce, che solo i bambini in fasce piangono.
     
  • Non crescere - Questa ingiunzione è spesso data dalla madre al suo ultimo bambino, che sia il secondo o il decimo. E anche data spesso dal padre a una ragazza nel periodo pre-puberale o in piena pubescenza, quando egli comincia a sentire stimoli sessuali e se ne spaventa. Può allora proibire alla ragazza di fare le cose che tutte le sue amiche fanno come truccarsi, mettersi vestiti adatti alla sua età, uscire con ragazzi. Inoltre, il padre può interrompere le carezze fisiche appena la ragazza diventa troppo matura e lei interpreta ciò come: "Non crescere o non ti amerò più”.
     
  • Non avere successo - Se prima il padre batteva sempre il figlio a tennis ma quando il figlio comincia a vincere il padre smette di giocare con lui, ciò può essere interpretato dal figlio come: "Non vincere o non mi piacerai più”, che si trasforma in: "Non avere successo”. Le critiche costanti da parte di un genitore perfezionista danno il messaggio: "Non fai niente nel modo giusto”, che si traduce in: "Non avere successo”.
    Questo è il tipico comando interiore di chi, per sentirsi realizzato, paradossalmente, deve fallire, perché è in questo modo che si può riconoscere e giustificare alla vita. Se non riesce, conferma a se stesso di essere incapace, e tale abito, anche se lo invalida nelle sue competenze, lo rassicura circa l’idea di sé, che anche se squalificante gli dà il diritto di esserci.
     
  • Non essere te stesso - Questo messaggio è dato soprattutto al bambino che nasce del sesso "sbagliato”. Se la madre ha tre maschi, e ne nasce un quarto, essa può fare di questo bambino la sua "figlia”. Se un maschio vede che le femmine ricevono un trattamento di favore, può interpretare ciò come: "Non essere un maschio o non avrai mai niente” e avere problemi di identificazione sessuale. Un padre può non farcela più dopo quattro femmine, e insegnare alla quinta cose da "maschio” e da "uomo”, come giocare a calcio.
    Questo è il comando interiore di chi deve continuamente confrontarsi mediante la maschera, simulando emozioni che non ha, esprimendo pensieri ed identità che non gli appartengono; forse perché percepisce tutto questo come protettivo e cautelativo, rinunciando di fatto alla manifestazione autentica di sé, quindi anche in termini di bisogni, pagando alto il prezzo della mancanza di assertività; costruendo presumibilmente rapporti fittizi ed inconcludenti.
     
  • Non essere sano di mente e Non stare bene - Se i genitori fanno carezze ai bambini quando stanno male, e non gliene fanno affatto quando stanno bene, ciò è equivalente a dir loro: "Non stare bene”. Se comportamenti da matto sono ricompensati, o se si dà l'esempio di comportamenti folli e non li si corregge, l'esempio stesso si trasforma nel messaggio: "Non essere sano di mente”. Molti figli di schizofrenici hanno difficoltà nell'effettuare un esame di realtà, anche se non sono veramente psicotici. Si comportano da matti, e vengono spesso trattati come se fossero psicotici.
    Questo comando spinge a rendere precaria o compromessa la propria condizione psicofisica. Ciò porta a ricoprire il ruolo di vittima.
     
  • Non far parte - Se i genitori si comportano continuamente come se dovessero trovarsi da qualche altra parte, è difficile per il bambino sapere di che cosa fa parte. Egli potrebbe sentire sempre che anche lui non appartiene a nessun posto – anche se è nato in Italia, in Svezia o in America.
    Questo comando a non “sentirsi parte di” ha come conseguenza una sorta di fobia nel confronto sociale e nel condividere esperienza di gruppo, negandosi anche la possibilità di aiutare ed essere aiutato, negoziare o sottoscrivere patti, alleanze e valori comuni.
     
  • Non sentire - Questo comando giunge a chi, facendolo proprio, rinuncia ad abbandonarsi a percezioni emotive ed all’intuito, evitando di avvertire il mondo secondo le proprie percezioni sensoriali ed interne. La persona si difende attraverso una corazza fino a, in certi casi, deprivarsi sensorialmente, scollarsi dalla realtà per evitare di rimanere coinvolto o ferito. Come atteggiamento congiunto si potrebbe maturare una radicale attitudine a razionalizzare tutto (disconoscendo le proprie emozioni).

Vediamo adesso le spinte, ognuna delle quali rispecchia il messaggio interiore: "Io vado bene, se..." (mi sforzo, mi sbrigo, compiaccio, sono forte, sono perfetto). Ognuno di noi può esibire, in determinate circostanze, una o più spinte:

  • Chi si trova sotto l’influenza del “Sii Perfetto”, cercherà di essere sempre preciso e attento a non commettere alcun errore. Generalizzerà questo comportamento a più situazioni (relazioni, lavoro, famiglia, ecc.) pretendendo molto da sé e, spesso, dagli altri. Stabilirà standard elevati e irrealistici con il rischio di rimanere sempre insoddisfatto.

  • Chi è spinto dal “Sii Forte” è convinto che non bisogna mai mostrare fragilità, emozioni, debolezze, perché pericoloso o sconveniente. Il problema è l’assolutizzazione dell’ordine che ci porterà a non chiedere aiuto neanche quando necessario. In questo modo, svaluteremo importanti segnali del nostro corpo e messaggi nascosti dietro le nostre emozioni, perdendo un pezzo importante di autoconsapevolezza.

  • Sforzati” è il comando di chi è convinto che l’unico modo per raggiungere un obiettivo sia impegnarsi fino allo sfinimento. La vita va presa con sacrificio e impegno. Quello che è raggiunto senza “tentare disperatamente” non ha valore. I rischi possono essere il non avere tempo per altro (relazioni, interessi), senso di fatica e insoddisfazione. In genere la meta raggiunta non è mai abbastanza. Spesso “Sforzati” va a braccetto con “Sii Perfetto”.

  • Sbrigati” è il comando interno di chi non si dà mai tempo. Il tempo non è mai sufficiente: ”Devo sbrigarmi perché altrimenti perdo tempo!”. Ma è proprio correndo che si rischia di perdere tempo. Come capire di cosa si ha bisogno se non ci si ferma e ci si ascolta? E’ tipico avere attiva questa spinta quando siamo in ansia. Sbrigandoci, non ci diamo il tempo per pensare e scoprire le nostre risorse per affrontare i problemi.

  • La spinta “Compiaci” ci porta ad iper-adattarci a bisogni e desideri dell’altro, svalutando i nostri. Di conseguenza, non sappiamo cosa realmente vogliamo e desideriamo, trovandoci spiazzati quando, ad esempio, una relazione finisce. Cerchiamo negli altri qualcuno che ci indichi cosa fare, perché non sappiamo in che direzione andare. A fatica, riusciamo a dire la nostra. “Disubbidire” diventa difficile.

Riconoscere le nostre spinte, capire dove abbiamo imparato ad usarle e perché: una tale consapevolezza può aiutarci a scoprire modi più equilibrati e sani di vivere.

(11 agosto 2022)

Die Kriegsmetapher (Sport und Wettkampf) - Klaus von Lorenz

Jede Form eines gesellschaftlichen Gefüges benötigt, um verwaltet zu werden, eine oder mehrere Bezugspersonen, welche fähig sind, die gemeinsamen Interessen der Gruppe zu erfassen und zu koordinieren. Diese Personen werden seitens der Gemeinschaft, aufgrund der erworbenen Erfahrungen und der persönlichen qualitativen Eigenschaften, die sie nachweislich besitzen, ausgewählt. Figuren, die man zielgerichtet der Gruppe zur Verfügung stellt. Dieses Vorgehen ist besonders gut bei kleinen und recht eigenständigen Einheiten von Naturvölkern zu beobachten. Diesen Verwaltern wird, seitens der Gruppe, eine eigene Identität erteilt, welche die diesbezügliche Persönlichkeit, sei es im Gehaben wie auch im Erscheinungsbild, von den anderen Bürgern differenziert. Es handelt sich um Mechanismen, die nicht der Selbstbetonung und der Mittelpunktstellung dieser Personen dienen sollen, sondern um diese Personen als Bezugspunkt zu betrachten für jedwede Hilfestellung, für eine Zusammenarbeit und zur Beratung. Grundlage des Erteilens, des Verteilens, der Hilfeleistung, der Gruppenkoordinierung und vieles mehr.

The three great epidemics

There are currently three significant epidemics: low self-esteem, guilt, and submission.
Usually associated with these sufferings of the soul are feelings of loneliness and shame.

Low self-esteem and fear of social judgment are a form of slavery and continuous suffering.
This suffering is a symptom of inner separation: one's internal parts do not dialogue, do not stay together, and one tries to prevail over the other.

Usually, one's masculine part (spirit) tries to subdue one's feminine part (soul). So the soul feels lonely and unloved; she feels "not ok." That's why she continuously pursue external confirmation that she is "ok," thus depending on social judgment. She seeks love externally, that is, in another person's spirit: from this arise infinite pathological forms of love.

This inner drama, this feeling of being "not ok," is because spirit and soul still do not know how to love each other; they are still disunited. External and invisible malicious entities are inserted within this separation, parasitizing the person. Usually, people call "demons" these inner voices that continuously disturb the inner harmony. Still, we can call them by other names as well.

"Not ok" feeling and "persistent guilt" are together: many people think that "all the evil in the world is because of me." Rationally we know that it is not so; unfortunately, however, we believe it.

Under these conditions, the human being feels to be lost. This drama is why we have an infinity of religions, political parties, gurus, leaders, and various characters that ask for our submission. In exchange for that submission, they promise us "salvation." Salvation from everything, of course, except their presence and the wars they cause.

Let our spirit and soul come together. Let our inner parts come together in an unbreakable marriage. So that within us, there is one integrated consciousness. In doing so, we first ask our soul to destroy all the internal entities within us, namely the demons.

At this point, we will have only one consciousness to obey, which is our own. We will no longer have to follow anyone else. Low self-esteem, guilt, and submission will be gone. We will return to what we have always been, a peaceful and beneficial presence in this world.

(March 7, 2022)

Bullismo, Identità e Ruolo (di Klaus von Lorenz)

Prefazione

Ogni fenomeno è in grado di nascere, svilupparsi e progredire solamente in convivenza con il relativo fertile terreno di coltura che lo alimenta. Lo possiamo osservare, sia nella crescita batterica che nello sviluppo delle piante e quant'altro. Senza la presenza del substrato necessario il batterio non prolifica e, pertanto, egli non è in grado di compiere, ne una propagazione patologica ne una fermentazione alimentare. Nell'agricoltura osserviamo come una qualsiasi semenza è in grado di produrre piante in quantità e caratteristiche diverse secondo le differenti proprietà del terreno sul quale avviene la seminagione. Pertanto, in analogia al vitale legame fra il substrato e l'elemento da lui sostenuto, vediamo come l'insorgere del fenomeno bullismo è da attribuire, non solo all'autore di detto contegno, bensì ugualmente all'ambiente culturale che lo circonda. Ovvero, quella distinzione fra effetto e causa. Non per niente, ogni fenomeno comportamentale da noi osservato va recepito quale effetto d'una causa che, in modo retrospettivo, indica la fonte promotrice di tal contegno.

L'analisi d'un qualsiasi fenomeno può risultare bilanciata e tangibile solamente se l'effetto scatenante viene messo in relazione alla pertinente causa predisponente.

L'Essere Umano

L'essere umano, per natura, non è violento anche se, da parte di certe istituzioni, viene affermato ed insegnato esattamente l'opposto.

Quali parole possiamo scegliere per aiutare le persone a noi vicine a stare meglio?

Quali possibili reazioni possiamo avere quando ci vengono dette cose spiacevoli o quando accadono eventi sgraditi?
Quali parole possiamo scegliere per aiutare le persone a noi vicine a stare meglio?

video tratto da "La via della creatività spirituale", di Mauro Scardovelli (archivio video), della serie "La rivoluzione della Coscienza"

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