All'opera dal 1971, all'epoca della crisi del Biafra, Medici senza Frontiere (MSF) è diventata in questi quarant'anni una delle organizzazioni umanitarie più efficienti del pianeta, in grado di allestire un campo di assistenza medica nell'arco di quarantotto ore. Guidati dall'obiettivo di curare ogni persona, hanno sviluppato competenze diplomatiche e relazionali tali da riuscire ad arrivare anche alle più piccole e isolate frange di popolazione in luoghi di guerra, di calamità naturale e in generale di emergenze sanitarie.
Il 3 ottobre 2015, bombardamenti aerei statunitensi hanno ucciso 42 persone e distrutto l'ospedale traumatologico di MSF a Kunduz, in Afghanistan. Il video seguente ricorda il lavoro svolto in quell'ospedale, fa capire cosa significa rischiare la vita ogni giorno per salvare le vite altrui, donando se stessi e le proprie competenze. Fa capire quale sia l'opera di Medici Senza Frontiere e quante cose drammatiche e ingiuste stanno accadendo... in mezzo alle quali, però, c'è comunque chi semina Amore e dialoga con tutti per curare ogni persona.
Non è l'unico caso del genere. Pochi giorni fa è successa la stessa cosa. «Siamo scioccati dall’attacco contro il personale del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) in Afghanistan, provincia di Jawzan, mercoledì 8 febbraio 2017. L’attacco ha provocato la morte di sei operatori umanitari, mentre di altri due non si hanno notizie.» (fonte)
Meglio dialogare che bombardare: ci guadagniamo tutti.
Riporto alcuni estratti di un'intervista pubblicata sulla rivista "Buddismo e Società" n.141 - luglio agosto 2010, a Kostas Moschochoritis, direttore della sezione italiana di Medici Senza Frontiere.
«Moschochoritis: Quando lavoriamo in situazioni di guerra dobbiamo discutere il nostro accesso alla popolazione con chi ha il controllo del territorio. Governanti, ribelli, cattivi, buoni. Il nostro scopo è arrivare alla gente, e per arrivarci bisogna discutere con chi ha le chiavi in mano. Normalmente facciamo un protocollo d'intesa con il Ministero della salute locale, quando c'è. In ogni paese ci sono i protocolli di trattamento. Non possiamo non prendere in considerazione le autorità locali. Quando c'era Saddam Hussein al governo in Iraq abbiamo negoziato la nostra presenza con il suo governo. Durante la guerra civile in Liberia, dentro la capitale Monrovia c'era un riferimento ufficiale e fuori ce ne era un altro, e noi abbiamo negoziato con entrambi. Questa è una cosa molto difficile. Non sempre c'è una gerarchia chiara, un esercito regolare, nel caso delle guerre civili ogni gruppo ha un suo capo, che cambia spesso. E bisogna negoziare e rinegoziare con chi è al controllo del territorio in quel momento. Certo negoziare non significa accettare tutto. Noi siamo Medici senza Frontiere e vogliamo garantire l'accesso alle cure all'intera popolazione. Su questo non possiamo fare sconti. È in gioco la nostra credibilità.»
«Moschochoritis: La logistica è fondamentale, anche il medico più bravo non può lavorare senza acqua o elettricità. Per questo abbiamo sviluppato molto la logistica: trasporti, comunicazioni, rifornimenti, sicurezza, in una missione c'è da pensare a tutto.
Faccio un esempio: nella campagna per le vaccinazioni "due euro per un vaccino", si vede un infermiere che fa l'iniezione a un bambino e si pensa che sia tutto lì. Invece no, il problema è arrivare lì. Comprare i frigoriferi portatili, metterci i vaccini, portarli fino a destinazione, fare la campagna di sensibilizzazione. Perché, se poi i bambini non vengono, a che serve tutto ciò? E dopo: cosa si fa con cinquecentomila aghi e siringhe usati? Dove si buttano? Tutti vedono l'atto del vaccinare, ma questa è la cosa più facile, la cosa più difficile è arrivarci.Per questo serve una grande organizzazione.»
«Moschochoritis: Per entrare in MSF si passa il cosiddetto "Assessment set", che controlla le capacità mediche, le capacità psicologiche, l'attitudine al lavoro di squadra e a operare sotto stress. Questo è l'inizio, poi ci sono vari training, per esempio sulla gestione, e altri di tipo tecnico. C'è anche una squadra che si occupa del sostegno emotivo. [...]»
«Moschochoritis: E vorrei sottolineare una cosa: in tutte le nostre campagne non usiamo testimonial esterni, bensì le testimonianze dei nostri operatori sanitari. Parla l'azione medica, non abbiamo bisogno di qualcun altro che parli di noi.»
Buoni approfondimenti su www.medicisenzafrontiere.it
Francesco Galgani,
17 febbraio 2017