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Filosofia

Verso il fallimento dell'intelligenza artificiale

Per approfondimenti su questo tema:

tratto da corrispondenza privata:

«[...] Interessante l'analisi che fa Federico Fagin. Concordo su tutto tranne però sul finale. Anche lui si illude che il problema si possa ridurre alla fine su come si usa la tecnologia. "Il vero pericolo è dato dagli usi malevoli dell’intelligenza artificiale." Invece il vero pericolo è la tecnologia stessa qualunque uso se ne faccia. Almeno la storia così ci ha dimostrato.

Inoltre io credo, che la scienza abbandonerà nel tempo gli studi sull'intelligenza artificiale partendo da materia inerte, per l'impossibilità di costruire robot uguali agli esseri umani, così come chiaramente ci spiega Fagin, per intraprendere gli esperimenti che hanno lo scopo di costruire macchine viventi, cioè partendo da materiale vivente (cellule staminali). Su questo la biogenetica è abbastanza avanti nella ricerca.

Da sempre l'uomo ha avuto il desiderio di creare se stesso, di essere come un Dio creatore di tutte le cose.

La tecnologia ora è si è avvicinata con la biogenetica a realizzare questo sogno. L'uomo vuole creare a sua immagine  e somiglianza l'uomo, con una differenza essenziale rispetto ad oggi, di programmare nei laboratori un uomo con caratteristiche predeterminate (modificando il DNA) e non semplicemente ereditate come succede oggi. [...]»

«[...] la vita è già intelligente. Cercare di forzare la sua intelligenza connaturata in una direzione che non le è propria, significa renderla stupida. Questa è una legge universale: non vale solo nell’educazione, dove il danno inflitto dal voler forzare i discenti su discipline lontane dalla loro sensibilità è evidente, ma vale anche per la cosiddetta intelligenza artificiale, dove l’uso di cellule vive per scopi diversi da quelli per cui natura le ha concepite non potrà che portare guai seri. Anche le pene inflitte dalle manipolazioni genetiche a piante e animali sono tutto fuorché una dimostrazione di intelligenza, anzi. Mi pare che ci siano tutte le premesse affinché l’intelligenza artificiale possa rivelarsi un grande fallimento. Forse, quando ciò accadrà, cominceremo a sviluppare più rispetto e devozione per la vita così com’è. [...]»

«[...] Se adesso mi addormentassi e poi mi risvegliassi tra mille anni, la prima cosa che chiederei è se le persone sono felici di vivere e in armonia tra di loro con amorevole gentilezza, senza che qualcuno cerchi di imporsi sugli altri. [...]»

(Giulio Ripa e Francesco Galgani, 7-9 febbraio 2020)

L’essenza dell’essere umano

L’essenza dell’essere umano è un “io” all’interno di un “noi”. Al di fuori di questa consapevolezza, che è l’unica base per un vivere sociale, anzi, tout court, per poter “vivere”, ci sono soltanto abbrutimento e cattiveria. La croce uncinata, che nel secolo scorso ha rappresentato il punto di arrivo della cattiveria umana, si è basata sulla scissione dell’“io” di un popolo dal “noi” collettivo, in questo caso inteso come umanità. E oggi è ancora così, per questo guerre, violenze e miseria imperversano ovunque. Più in generale, l’ego individualista umano è ciò che, a livello di specie, sta distruggendo la natura, cioè la nostra casa, cioè noi stessi.

Tutti gli esseri umani, più o meno consapevolmente e più o meno credendoci, ricercano la felicità, che non ha nulla in comune con la nostra era neoliberista e suicidiaria, in cui la presenza umana sul pianeta è diventata il pericolo numero uno per il proseguimento della vita. La felicità non sta nelle bassezze umane, ma nel massimo splendore di quella saggezza e di quell’amore che ci rendono divini. Quando guardiamo le nostre bassezze, non dovremmo mai dimenticare la bontà, la bellezza, l’estro, i talenti, le emozioni positive, amorevoli, solidali e ogni altro splendore che ci rendono pienamente umani; al contempo, quando guardiamo i massimi livelli raggiunti dall’individuo e dalla società umana, dalla filosofia e dalla spiritualità, dalle arti e dalle scienze, non dovremmo dimenticarne le bassezze.

La felicità è esser parte di una comunità basata sull’amore e su tutte le qualità dell’essere che ne conseguono (fratellanza, sorellanza, amicizia, gratitudine, rispetto, onestà, solidarietà, dedizione al bene comune, gioia per la diversità, ecc.). La prima comunità è la famiglia. La felicità è uno stato animico di amore radiante e di unione con l’essere animico degli altri viventi. Al di fuori dell’appartenenza ad una comunità, ovvero quando l’“io” non ha un “noi”, non può esserci felicità... anzi, a ben vedere, non può esserci neanche vita.

La ricerca della felicità individuale, ovvero separata dagli altri, nel senso di “a prescindere dagli altri”, pur per quanto attraente ed enfatizzata dal separatismo competitivo criminale neoliberista, è un non senso. Al massimo potrebbe essere un edonismo implosivo, nichilista, logorante, destinato al nulla. Stesso discorso per la ricerca di una felicità a prescindere dalle questioni ambientali o dalle contaminazioni neoliberiste di noi stessi e dei rapporti interpersonali: ovunque ci sia la ricerca del piacer proprio trascurando tutto il resto, c’è solo aberrazione della nostra natura.

Nell’era dei like, della patologia dei social, sovente le persone mettono in mostra il peggio di sé, della propria solitudine, del proprio narcisismo delirante. E mentre ciò avviene, altri si disperano e si rivoltano perché non hanno neppure l’acqua. Il bisogno di apparire, di avere “successo” con tanti like, followers e numeri affini, a me pare come un mascheramento del bisogno primario di amore, di nutrimento affettivo, di contatto, di comunità: molte persone vivono l’amore come “condizionato”, ovvero si sentono “degne di amore” e “capaci di poter amare” se si sentono in forma, se sono attraenti e se hanno una buona o ottima performance, caratteristiche queste che, nei social, si traducono nei like e nei contatori di visualizzazioni (*). O almeno questa è la mia impressione, visti anche i casi recenti di suicidi di giovani ragazze a causa della “mancanza di like” sui social (semplificando, ovviamente la causa primaria di tali gravi depressioni è altrove).

Queste condizioni di amabilità, che sono tipiche soprattutto delle subpersonalità psicosomatiche (approfondimento), sono un auto-inganno: l’amore, se è tale, non è condizionato e il nutrimento affettivo non può essere tecnomediato. Esistono altre condizioni di amabilità, in sintesi riconducibili ad una logica do ut des, e pure esse sono un inganno. La nostra essenza è un’altra. Cerchiamo la nostra comunità di appartenenza mentre cerchiamo di divenire individui, ma tale comunità, all’interno della società liquida di Bauman, non c’è più... e i social non ne sono neanche il riflesso.

Francesco Galgani, 29 ottobre 2019

(*) Questo è uno dei motivi per cui nel mio blog non ho inserito alcun contatore di visite né di letture, né la possibilità di inserire like o commenti. Credo che ciò non mi sarebbe utile, anzi. Chi vuole scrivermi può usare l’e-mail, che tra i vari mezzi di comunicazione online, come ha scritto Torvalds, ancora si salva perché «generalmente c'è un po' di contenuto reale».

Aforismi di Giulio Ripa

tratto dall'Archivio di Giulio Ripa
fonte: https://archiviodigiulioripa.sytes.net/#/home/aforismi-in-archivio

TECNOLOGIA

- L'uomo postmoderno quando s'innamora dell'immagine di sé e la potenza creatrice della sua conoscenza usa la tecnologia per dare forma visiva ai sogni, si altera la realtà vissuta, vivendo in una spettacolarità dove l'apparire si confonde con l'essere.

- La socialità virtuale, è una dimensione simulativa, un surrogato della vita, contrassegnato da una modificazione della realtà. La realtà non è aumentata dalla virtualità ma viene solo alterata.

- L'agire dell'individuo come figurante interattivo sempre connesso, comunicando in modo frenetico e guardando soprattutto immagini virtuali inerenti alla sua vita simulata in rete, si riduce ad essere attore e spettatore di se stesso.

- La mancanza di un percorso spirituale, di valori condivisi, sono alla base di questa crisi dell'umanità. Comunicare online nella situazione attuale è solo dannoso, se nessuno più ascolta l'altro. Per ascoltare l'altro ci vuole affetto. Ma l'affettività non nasce da una migliore tecnologia.

- È irreale pensare che la tecnologia possa liberare l’uomo dalla sua condizione esistenziale, in realtà la tecnologia gli serve a vivere, ma non lo rende libero.

- La tecnologia non ci fa felici. La sua intermediazione rompe le relazioni fisiche tra le persone e tra le persone e la natura, facendoci cadere nel buco nero del pozzo dei desideri infiniti.

- Comunicando mediante le tecnologie digitali multimediali (es.facebook, twitter, WhatsApp), accettiamo sempre più di vivere nel mondo virtuale di una realtà simulata, invece di vivere ciò che di reale sta dentro ed intorno a noi.

- Paradossalmente più che le informazioni veicolate dai dispositivi elettronici, è l'abitudine all'uso della tecnologia dell'informazione a modificare nel tempo i comportamenti delle persone.

- Mentre la natura, indifferente alla voglia di vivere dell’uomo, segue le proprie leggi per mantenere l’equilibrio nel suo insieme, l’uomo invece attraverso la tecnologia cerca di sollevarsi dalla propria condizione umana illudendosi di svincolarsi dalle leggi naturali.

VITA

- E' la voglia di vivere che limita la capacità di ragionare, spingendo l’essere umano a vivere di illusioni e desideri infiniti, poiché è difficile sopportare la realtà della propria vita reale, pochi resistono alla fatica di un lungo esame di coscienza ed all’accettazione della complessità della vita nelle sue molteplici forme.

- il mistero della vita ci lega alla sacralità della vita stessa, al rispetto di un tutt’uno di cui l’uomo ne fa parte.

- Ci vuole troppo tempo per capire il mondo e c'è troppo poco tempo per imparare a vivere.

- Infelicità e felicità fanno parte di un tutt'uno, avendo come unico desiderio il piacere della vita nella sua complessità, accettando la vita così come è, mentre cerchiamo di cambiarla.

- E' possibile avere un atteggiamento equilibrato verso la vita che comprende la relazione tra gli estremi superando la separazione tra le posizioni opposte.

- Il modo di vivere particolare di ogni individuo, sperimentando nel tempo sentimenti ed emozioni, condiziona la ragione umana dal primo fino all’ultimo istante di vita.

- La vita pensata (coscienza) dove si percepisce l’essere in sé, cioè il modo di pensare riconducibile alla propria esistenza nel mondo, è condizionata dall’aspetto particolare “dell’esserci” come vita vissuta.

- Il condizionamento della vita vissuta sulla vita pensata e la inevitabile fragilità della vita stessa provocano illusioni o autoinganno che inconsciamente servono ad ognuno di noi per reagire alla difficoltà di vivere.

- In definitiva la vita va accettata così come è, una fusione fra gioia e dolore, senza perdersi tra futili ottimismi che creano solo illusioni ed inutili pessimismi che creano solo depressioni.

- L'insegnamento fondamentale della vita a cui partecipiamo è comprendere la vita stessa, ovvero sentire realmente cosa significa essere vivi, che è realmente la presenza, la nuda sensazione di esserci.

- L'illusione dà un senso alla nostra vita nel mondo, ma è il vivere nel mondo senza illusioni che ci fa conoscere l'intera realtà.

ECONOMIA

- Il monoteismo del mercato polverizza l'intero genere umano, in un pulviscolo di atomi di consumo, reciprocamente indifferenti, dove si accentua la polarizzazione, tra chi dispone del superfluo e chi è privo dell'indispensabile.

- Sempre di più si governa controllando lo stato d'animo della popolazione più che agire in uno stato di diritto attraverso il confronto democratico.

- Nel nostro modo di pensare più profondo e inconscio, tutti siamo diventati succubi del pensiero patologico neoliberista.

- Il pensiero unico del sistema economico neoliberista resta indiscusso: crescere economicamente nella quantità delle cose da consumare e non nella qualità delle relazioni umane per emanciparsi, per cui prevale l’idea che i problemi si possono risolvere solo individualmente, mai socialmente.

- Con la sobrietà possiamo non solo semplificarci la vita, ma anche renderla molto più gradevole.

- Il cambiamento è possibile solo se individuo e società cambiano insieme. L'individuo che si organizza per cambiare la società in funzione degli ideali pensati, deve agire contemporaneamente per cambiare se' stesso con l'impegno a vivere nella vita comune i propri ideali da realizzare.

FILOSOFIA

- L'agire umano dipende da una irrazionalità insita nell'uomo che affiora ogni volta che la ragione cede il passo a tutta una serie di comportamenti che non sono il frutto di una logica ma di emozioni, istinti, sentimenti giustificati a posteriori, con argomenti che si sforzano di essere razionali nel tentativo di dare a noi stessi un ordine che non esiste.

- Vogliamo credere che siamo razionali, ma la ragione si rivela essere il modo in cui - a fatto compiuto - razionalizziamo ciò che le nostre emozioni già vogliono credere.
Sono le cose in cui crediamo che creano la nostra realtà. Per cui non è la ragione ma la vita vissuta a modificare nel tempo il comportamento delle persone.

- L'uomo sceglie sempre la strada più facile per risollevarsi dalla sua condizione esistenziale, per questo è fondamentale riconoscere i suoi limiti naturali.
Solo mettendo a nudo i limiti della natura umana è possibile conoscere meglio se stessi avendo compassione dell'umanità nel desiderare la felicità per tutti.

- L'uomo manifesta una forma di egoismo profondo di cui non è di solito consapevole, una evidente concentrazione su se stesso negli scambi interpersonali ed una incapacità di vedere il mondo dal punto di vista degli altri.

- Sappiamo ciò che c'è, ma non sappiamo ciò che potrebbe esserci. Desiderare un mondo migliore è possibile.

- La condizione precaria dell'uomo spinge la natura umana a vivere di illusioni poiché è difficile sopportare la fragilità della propria vita reale.

- Ognuno difende se stesso come una goccia d'acqua che si rifiuta di finire come acqua nell'oceano dell'immensità. Perdersi in questo oceano provoca dispiacere se si resta goccia, ma la possibilità di prendere coscienza del sé può evitare quella tensione (desiderio individuale) di restare goccia e di diventare acqua in mezzo all'acqua dell'oceano.

- Un uomo è in grado di incarnare un senso di nostalgia del possibile, nostalgia di ciò che ancora non è stato ma potrebbe essere, capace di trascendere la realtà, realizzando così diversi possibili modi di essere uomo.

- Le condizioni esistenziali producono una perdita di senso o di vuoto nella vita delle persone. Ci si sente soli. La solitudine esistenziale è uno stato dell’animo che fa parte della natura umana. Sentirsi soli rispetto al problema esistenziale è uno stato che dipende dal proprio "essere interiore".

- Rincorrere continui desideri produce continuamente infelicità che nasce dallo scarto tra l'attaccamento al desiderio del piacere infinito e il piacere che una volta soddisfatto è finito.

- Per realizzare desideri che non hanno confini, l'individuo viola lo spazio, la dignità, l'identità, il rispetto dell'altro. Quando si perseguono interessi indivisibili, cioè individuali, farsi individuo violenta l'individualità di un'altra persona.

- Si diventa individui dando espressione singolare al sapere comune. Si sa insieme e si sta insieme nella comunità basata sulla pratica della libera condivisione nell'uguaglianza di potere di tutti, dove ciascuno è ugualmente libero rispetto a ogni altro in quanto parte dell'umanità comune a tutti.

- Non esiste questo o quello. ma esistono entrambi. Non esiste un prima e un dopo. Tutto accade insieme nello stesso tempo. Oltre ogni scelta manichea, superare il dualismo io/altri significa "io sono gli altri" e "gli altri sono me".

- Tutto dipende da noi ma anche noi dipendiamo da tutto.

- Unico modo per osservarla intera la realtà è uno sguardo disinteressato, distaccato, senza illusioni, senza partecipazione, senza tempo, cosmico, dove l'osservatore si identifica con l'oggetto osservato (la vita, la realtà) e tutto le parti si manifestano in un tutt'uno reale nelle sue molteplicità ed opposizioni.

- La debolezza umana con tutte le sue miserie è il risultato di un’assurda condizione esistenziale che l’uomo fa fatica ad accettare per vivere in modo consapevole e cosciente.

- Mentre cerchiamo nell'oscurità di fare luce per conoscere il vero, tutto quello che ci interessa accade nell'ombra, davvero.

(Giulio Ripa)

Pena di morte digitale

Pena di morte digitale (social, Facebook)Un appello a tutti i rivoluzionari: se vogliamo combattere il neo-liberismo, allora non usiamo i mezzi che ne sono la massima espressione, cioè i social.

Se vogliamo uscire dal neo-liberismo, allora prima usciamo dai nostri individualismi e da quei narcisismi competitivi tanto favoriti dai social (e da tutta la società in genere).

I social creano solo relazioni patologiche. Fuori dai social, a volte, è pure peggio, ma può anche essere assai meglio.

Anche se hai dedicato anni a costruire un profilo social, la pena di morte digitale è sempre in agguato. Anche se hai creato il più grande movimento di opposizione al regime dominante, in un attimo può essere cancellato da qualsiasi social, senza possibilità di difesa.

Relazioniamoci con la vita così com'è, con tutta la sua complessità e con la sua bellezza.

Guardiamo con stupore le meraviglie della natura e stiamo fuori dai social. L'unica alternativa al neo-liberismo è la comunità reale, a cominciare dalla famiglia.

Stiamo anche attenti ad identificarci in qualche organizzazione piuttosto che in un'altra: l'organizzazione per realizzare un ideale può corrompere gli individui? Mi riferisco ad esempio a religioni, partiti politici, scuole e università, movimenti vari, ecc.

Il cambiamento è possibile solo se individuo e società cambiano insieme. L'individuo che si organizza per cambiare la società in funzione degli ideali pensati, deve agire contemporaneamente per cambiare sé stesso con l'impegno a vivere nella vita comune i propri ideali da realizzare.
«Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo»

tratto da: https://archiviodigiulioripa.sytes.net/#/home/oltre-il-dualismo

A proposito di lotte, di ideali, di voglia di cambiamento, di manifestazioni (come la recente del 12 ottobre 2019 a Roma), avrei una proposta politica: non rincorrere i soldi e il potere, ma ubbidire alla propria Anima, nel senso più nobile, amorevole e compassionevole del termine.

Grazie!

Francesco Galgani,
17 ottobre 2019

Intelligenza Senz'Anima = Intelligenza Artificiale

Esattamente due anni fa scrissi l'articolo «Alla ricerca dell'intelligenza "naturale"... ben oltre quella "artificiale"».

Oggi vorrei ritornare sullo stesso argomento, partendo da una considerazione semantica. L'aggettivo "artificiale", riferito ad una intelligenza, viene ormai usato in contrapposizione a "naturale" per significare che l'intelligenza artificiale è in competizione con quella naturale (questo tipo di narrazione, per quanto falsa, è utile a precisi interessi economici e di potere, ma su questo aspetto adesso non voglio entrare). Come ho già scritto nell'articolo sopra linkato, tale modo di vedere le cose è molto fuorviante e, in effetti, se proprio di intelligenza vogliamo parlare, allora paragonarci alle macchine fa torto a noi stessi e alla nostra intelligenza.

L'essere umano non è e (per fortuna) non potrà mai essere soltanto una mente calcolante finalizzata al processamento di informazioni, come invece fanno i computer e come l'HIP (Human Information Processing) ha teorizzato. Ho citato l'HIP, che è un settore della Psicologia Cognitiva, perché l'ho incontrato più volte nei miei studi di Psicologia all'università. Questo approccio riduzionista, per quanto "verosimile" e perciò tendenzialmente credibile, è però intrinsecamente falso, almeno dal mio punto di vista, perché riduce l'essere umano a ciò che non è.

Vediamo meglio la questione: le decisioni dell'essere umano sono conseguenza di calcoli precisi o di emozioni? Dipende dai contesti, ad ogni modo anche quando l'essere umano adotta un approccio il più possibile razionale è mosso da motivazioni di fondo che nulla hanno a che vedere con le decisioni che sta per prendere. Mi sto riferendo a motivazioni sia sopra sia sotto la soglia di coscienza: c'è di tutto nel nostro inconscio, nei nostri vissuti, nei nostri sentimenti (e nei loro doppi legami, cioè sentimenti contrapposti come amore e odio che coesistono), nei nostri desideri. Detto in altre parole: non c'è decisione umana che non sia guidata dalle emozioni, siano essere coscienti, incoscienti, fisiologiche o patologiche. Anche la nostra memoria non è neppure lontanamente simile a quella di una macchina calcolante: la nostra memoria è innanzitutto emotiva e filtrata dalle emozioni. Avete mai conosciuto un computer che ha una rimozione freudiana di un trauma, che ha uno stato emotivo alterato da un problema contingente o che ha voglia di fare l'amore con la donna amata?

L'essere umano è intrinsecamente parte del suo ambiente: tutto dipende da noi e noi dipendiamo da tutto, a tutti i livelli. Siamo parte di qualcosa di più grande.

Abbiamo corporeità, sentimenti, spiritualità, anima, capacità di porci problemi etici e problemi di scopo dell'esistenza. Vorrei invitarvi a rileggere "Tra le fiamme", in cui parlo dei due occhi dell'anima. Per favore, rileggetelo e ditemi se una "intelligenza artificiale" può vivere interiormente ciò che ho scritto.

Per favore, smettiamola di chiamarla "intelligenza artificiale". Chiamiamola più propriamente "intelligenza senz'anima", pseudo-intelligenza governata da arroganti algoritmi (cioè calcoli) «[...] che sono così "intelligenti" da passare come un carro armato sulla testa delle persone», come ho scritto nell'articolo «[Censura] I social (Facebook, Twitter, Instagram, Youtube) violano i diritti umani e la Costituzione Italiana».

Per favore, smettiamola con qualsiasi approccio riduzionista dell'essere umano. E' vero che le semplificazioni sono utili per elaborare modelli e teorie, ma a semplificare troppo il rischio è di perdere la visione d'insieme e la consapevolezza di ciò che siamo. Anche ridurre l'essere umano, e la vita in generale, a un ammasso di cellule e di reazioni chimiche è già di per sé un falso, noi siamo assai di più. Spesso gli innamoramenti giovanili vengono definiti "ormoni": a qualcuno non sorge il dubbio che questo modo di ridurre a un fattore chimico, per quanto esistente, un'esistenza estremamente complessa con vissuti interiori e relazionali preziosissimi, sia quasi un'offesa?

Ci sono aspetti della vita che la scienza non può spiegare e che nessuno può insegnare, se non la vita stessa. Lo sguardo meravigliato e stupito dell'essere umano di fronte al mistero e alla sacralità della vita accomuna noi ai nostri avi, ma neanche lontanamente ci avvicina o ci rende simili alle macchine senza vita e senza anima da noi costruite. Anzi, se non siamo noi a mettere i due occhi dell'anima in ciò che facciamo, gli strumenti che creiamo e usiamo diventano semplicemente diabolici.

Come ha detto tante volte il mio caro amico Giulio Ripa (link al suo archivio), «la tecnologia non risolve i problemi, semplicemente li sposta». I problemi fondamentali dell'essere umano, soprattutto esistenziali e relazionali, sono sempre gli stessi, con o senza l'ausilio della tecnologia. Tra l'altro, l'«intelligenza senz'anima» (e quindi intrinsecamente stupida) non potrà mai risolvere i problemi della stupidità umana, che può raggiungere livelli abbastanza rari nel regno vivente.

Francesco Galgani,
17 ottobre 2019

Alla ricerca di maestri...

Dopo i miei precedenti articoli "Alla ricerca della felicità", "Alla ricerca della verità... oltre la politica, oltre la religione", "Alla ricerca della scienza...", "Alla ricerca dell'intelligenza "naturale"... ben oltre quella "artificiale", continuo le mie ricerche e riflessioni con questo nuovo articolo.

Vorrei partire da questa considerazione: io sono un essere umano come te.
Nessun testo può essere autoreferenziale, per questo ti invito ad approfondire e a cercare collegamenti con altri autori rispetto a ciò che non solo scrivo io, ma che in generale ti piace leggere, ovvero a trovare i tuoi veri maestri, e a ritrovarli ogni giorno.

Non smarrire mai la tua capacità di discernimento: troppo spesso la nostra capacità di rimanere in contatto con la realtà e con ciò che di autentico è in noi è contaminata da pensieri, parole e modi di agire che abbiamo interiorizzato dalla famiglia, dalla scuola, dalla società. I mass-media e i falsi poteri che attraverso di essi si esprimono ci avvelenano continuamente i sentimenti, l’intelletto e il corpo, per questo dovremmo imparare a discriminare ciò che è buono per noi e ciò che non lo è. Ovviamente non è tutto da buttare: così come la scuola, l’università e gli ambienti di lavoro spesso si traducono nell’accettare la propria posizione di “stare in basso” rispetto ad un’autorità che “sta in alto” (o viceversa), allo stesso modo al tempo della scuola e dell’università ho avuto la grande fortuna di incontrare alcune persone veramente umane e veramente “insegnanti” con il loro esempio: grazie!

Non c’è conoscenza senza amore e non c’è amore senza conoscenza. Allo stesso modo, non esiste un problema che sia “mio” o “tuo”: tutti siamo in relazione. Se questo vale per i problemi piccoli e facilmente superabili, in cui se c’è un minimo di amore allora un problema tuo è anche un po’ mio e viceversa, a maggior ragione ciò è vero per i problemi globali. I grandi maestri dell’umanità si sono sempre occupati proprio di questo, indicandoci la via per uscire dalla “caverna di Platone” e per risolvere i nostri problemi comuni, a cominciare dalla nostra incapacità di relazionarci con la nostra pluralità interiore e con la comunità esterna.

I problemi degli esseri umani hanno tutti la medesima essenza, sono problemi comuni. Le filosofie e le religioni prima, e assai recentemente vari rami della psicologia, hanno provato a dare una risposta a questi problemi. Se non ci rendiamo conto però della nostra comune umanità, allora le religioni, le filosofie e le psicologie, anziché essere d’aiuto, rischiano di provocare ulteriore divisione, aggravando i problemi. Sentirsi nel “vero” e nel “giusto” può essere molto pericoloso, sentirsi “grati” e parte di qualcosa che è più grande di noi e che ci unisce tutti può cambiare l’esistenza in meglio, dando un sapore diverso alla vita quotidiana e alla sua imprevedibilità. Per questo spero che anche tu potrai trarre beneficio della Pratica della Gratitudine.

Vorrei farti un esempio del perché occorre essere molto cauti nell’identificarci in un certo tipo di credo piuttosto che in un altro. Al di là di casi eclatanti in cui la religione, in Italia, è usata come mezzo per giustificare crimini (ricordo i culti mariani di certi capi-mafia), vorrei invece portare l’attenzione su noi persone comuni. Milton Rokeach, uno psicologo ricercatore all’Università dello Stato del Michigan, in pubblicazioni come "Religious Values and Social Compassion" (1969), ha studiato quanto le persone che affermano di praticare seriamente la loro religione siano più o meno compassionevoli delle altre (nella ricerca che ho citato, prese un campione di 1400 adulti americani). In sintesi, e con la dovuta cautela nell’interpretazione dei suoi risultati, che hanno un valore statistico e sono riferiti al contesto storico delle sue ricerche, in generale trovò un atteggiamento più insensibile e meno compassionevole tra i religiosi che tra i non religiosi. Quindi facciamo attenzione, cerchiamo di mantenere il cuore e le orecchie aperte, senza pretendere di avere una verità più vera delle verità altrui.

Ovunque oggi prevale un pensiero giudicante (che è l’opposto dell’amore e della capacità di comprensione), associato a sensi di colpa, di vergogna, di sfiducia, di logiche di potere: questa è un forza distruttiva molto potente, è una danza demoniaca, ma per fortuna ci sono anche forze benefiche e guarenti ancora più grandi. L’umanità ha avuto e continua ad avere grandi anime, grandi maestri che ci hanno indicato e continuano ad indicarci come liberarci dalle nostri prigioni di sofferenza. Per questo ripeto che è importante provare ad ascoltarli. Ricordiamoci anche che le situazioni, le persone, la natura e il mondo in generale non ci appaiono in un certo modo perché sono in un certo modo, ma perché noi siamo fatti in un certo modo. Spesso proiettiamo sull’esterno ciò che noi siamo e i nostri stati d’animo.

Ciò che negli anni ho scritto nel mio blog e nelle mie poesie, per lo meno per quanto riguarda i temi psicologici, politici, economici, sociali, salutistici, pedagogici, del software libero e di educazione alla tecnologia, di rapporto con la tecnologia e di sua intermediazione, di filosofia, di religione e di dialogo interreligioso, ecc., che ho affrontato e talvolta scritto in modo approfondito, facendo anche ricerche protratte nel tempo, è quanto la mia anima mi ha comandato di scrivere: in questo senso, è come se non avessi avuto scelta, ho dovuto farlo (ovviamente ho pubblicato anche altro che esula da questo discorso). Il dovere a cui mi riferisco è un dovere dharmico, etico, è il senso del mio essere qui. Per meglio spiegarti cosa intendo, vorrei citarti un video di due minuti (riportato in calce), presentato dalla prof.ssa Wangari Maathai, premio nobel per la pace, che si apre con le immagini di un vasto incendio nella foresta. I grandi animali, i giaguari, le scimmie e altri scappano davanti al fronte del fuoco, ma a un certo punto si vede un minuscolo colibrì che va nella direzione opposta, con il suo beccuccio pieno d’acqua. I grandi animali gli dicono: "Dove corri, c’è l’incendio, scappa via", ma il colibrì risponde: "Io faccio il meglio che posso, faccio la mia parte". L'idea è proprio questa: fare la propria parte, che non è scritta in alcun posto, ma è la capacità di cogliere quello che la vita ci propone e rispondere con l’anima, cioè con le qualità dell’amore e della gratitudine, e non con l’ego, cioè con le qualità distruttive dei demoni. Non ci dobbiamo far paralizzare dal fatto che la realtà possa apparirci troppo grande per poter essere cambiata: questo tipo di paralisi è un inganno delle forze demoniache, mentre le forze angeliche, anch’esse dentro di noi, percepiscono le cose in un modo assai più ampio, unitario, gioioso e propositivo.

Infine, visto che ho scritto la Religione dell’Ultima Lotta, la cui lettura può essere fatta a vari livelli, e visto anche ciò che poco fa ho espresso sulle religioni, vorrei ricordare che grandi anime come il Mahatma Gandhi (suggerisco la biografia di e Paramahansa Yogananda, che tra di loro si conoscevano, hanno sempre avuto una visione il più possibile unitaria di tutte le religioni. Ciò che ci identifica come essere umani pienamente umani, infatti, non è la nostra religione, ma il nostro “ubuntu”, cioè la nostra capacità di sentirci parte di qualcosa di più grande che ci unisce tutti.

DOWNLOAD MP4


Ti ringrazio,
Francesco Galgani,
5 ottobre 2019

Affrontare la propria ombra, stare nell'anima

Sito di riferimento: https://alephumanistica.it/universita-aleph/

Fonte: https://www.youtube.com/watch?v=lsYJrYs1nlg

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Pratica meditativa e guarente della gratitudine

GratitudineI bambini vivono in un mondo sognante dove tutto è sacro, in cui la logica non esiste e dove non servono pensiero e concetti, ma solo cuore e sentimento.
Lo stesso vale per questa pratica della gratitudine, dove lo sguardo adulto e consapevole si fonde con l'innocenza e sacralità del proprio bambino interiore.
Questi spunti di meditazione interiore sono esempi di partenza, da personalizzare come si desidera, perché ogni giorno, in ogni momento, abbiamo sempre qualcosa per cui essere grati.

In calce ho aggiunto alcune riflessioni su questa pratica.

  1. Ringrazio di essere qui, adesso.
     
  2. Ringrazio, rispetto e accolgo la diversità dei tuoi bisogni e dei tuoi punti di vista come il più bel regalo: la varietà è vita!
     
  3. Sono grato che tu sei come sei: non ho bisogno di dispensare consigli.
     
  4. Sono grato di avere la possibilità, ogni giorno, di migliorarmi, cioè di ascoltare sempre di più la volontà della mia Anima.
     
  5. Sono grato di poter contribuire al bene comune, sono grato di poter contribuire a rendere la vita più bella da vivere.
     
  6. Sono grato di potermi prendere cura delle mie parti tossiche (lamentele, giudizi, pretese, accuse, sfiducia, inconsapevolezza, competizione, rabbia e ogni altra emozione che fa male al cuore) e dei miei vissuti ancor doloranti, avvolgendoli con gratitudine, amore, compassione.
     
  7. Io sono OK, tu sei OK: grazie!
     
  8. Io sono OK, il mio lavoro, il mio studio e le mie passioni sono OK! Grazie!
     
  9. Ringrazio il sacro e sufficiente cibo di cui mi nutro, ringrazio la sacra e sufficiente acqua che mi lava e disseta. Faccio voto di nutrirmi causando la minor sofferenza possibile.
     
  10. Ringrazio quando ho fame, ringrazio quando digiuno, perché ciò mi aiuta a ricordare i bisogni di innumerevoli altri viventi.
     
  11. Ringrazio l'aria che respiro, ringrazio il sole che mi riscalda, ringrazio il mare e la luna, ringrazio ogni miracolo della natura.
     
  12. Acqua Ti Amo, Sole Ti Amo, Aria Ti Amo, Terra Ti Amo: grazie! grazie! grazie!
     
  13. Ringrazio le persone da cui imparo.
     
  14. Ringrazio quel che sono, ringrazio quel che ho.
     
  15. Ringrazio la vita così come l'ho vissuta, quella che sto vivendo, quella che vivrò: faccio voto di usarla a beneficio di innumerevoli esseri viventi.
     
  16. Ringrazio ogni mia paura, ringrazio ogni mio coraggio, ringrazio ogni mia emozione, ringrazio il mio cuore.
     
  17. Ringrazio la vita che sempre ci protegge, ringrazio la scintilla divina che è in ogni vivente.
     
  18. Riverisco come bella e sacra ogni parte del mio corpo e del mio essere: ne sono grato, l'accudisco con protezione e amore.
     
  19. Ringrazio i Maestri dell’umanità e ringrazio il mio desiderio e la mia possibilità di ascoltarli.
     
  20. Ringrazio di essere nato in questa epoca, ringrazio i miei genitori, ringrazio tutto l'amore ricevuto, che ricevo, che riceverò.
     
  21. Ringrazio i miei studi, ringrazio il mio lavoro e ogni altra opportunità che ho avuto, che ho e che avrò di realizzare me stesso e di dare il mio contributo alla società.
     
  22. Ringrazio di essere una goccia del grande fiume della vita, ringrazio di poter partecipare insieme alle altre gocce alla grande avventura di scendere dalla montagna fino al mare, ringrazio tutto ciò che incontro durante il cammino, ringrazio ogni altra goccia.
     
  23. Riconosco come vere gratificazioni quelle che nascono dalla mia gratitudine, dal mio amore a tutto tondo, dalle sacre condivisioni cuore a cuore, dal mio spirito di ricerca e dal coraggio di sfidarmi, dalla mia fede, dal provare a guardare le cose con lo stesso sguardo innocente e meravigliato di un bambino.
     
  24. Ringrazio come unica e sacra ogni occasione in cui mi posso relazionare con altre persone.
     
  25. Ringrazio le persone che mi ascoltano con il cuore e con l’intelletto, prego per essere a mia volta capace di un ascolto profondo.
     
  26. Prego affinché i miei pensieri siano sempre pieni di gratitudine, di rispetto, di accoglienza, di amore, di fede. Prego affinché le mie parole siano consapevoli, affinché le mie azioni siano benefiche.
     
  27. Prego affinché la mia lingua si fermi prima di parlare male, prego affinché io sia pronto a correggermi quando mi accorgo di essere caduto nella lamentela o nel rancore, rialzandomi e guarendomi nella gratitudine.
     
  28. Mi impegno a riconoscere e a trattare con amore ogni mio lato oscuro, tendente verso la sofferenza e la disgregazione, e a trasformarlo con la sacra medicina di una preghiera che sa ringraziare.
     
  29. Prego per la felicità e la protezione di ogni persona che, intenzionalmente o non intenzionalmente, libera o non libera nel suo agire, sicura o dubbiosa, schiava o non schiava di demoni o altre catene interiori, ha fatto o non fatto qualcosa a cui io ho reagito con una sofferenza che ancora è con me.
     
  30. Prego per la felicità e la protezione di ogni persona che ha provato sofferenza per ciò che io ho fatto o non fatto.
     
  31. Prego per vedere nell'altro un essere umano come me, limitato e bisognoso.
     
  32. Accolgo, ringrazio e do amore a ogni sofferenza necessaria, riconoscendola come propellente per migliorarmi attraverso una preghiera piena di gratitudine e di fiducia nella vita.
     
  33. Prego per riconoscere e curare prontamente ogni sofferenza non necessaria, cioè conseguente al rifiuto della vita così com’è.

Grazie!

La gratitudine è alla base della felicità, della pace interiore ed esteriore, di ogni sentimento ed emozione positivi. Dalla gratitudine possono nascere la compassione, l'amore, la solidarietà, la fratellanza e la sorellanza, un vivere migliore. Questa pratica della gratitudine permette infatti di superare la separazione tra noi e gli altri, tra noi e la natura, tra noi e il resto del mondo, che è causa di solitudine e di sofferenza. Riscoprendo giorno per giorno la nostra unione e profonda inseparabilità con tutto ciò che esiste ritroviamo noi stessi e la nostra felicità.

La gratitudine va oltre la razionalità e oltre la limitata comprensione che da essa deriva, perché è espressione dell'Anima. La gratitudine libera da ogni giudice interiore, da ogni tribunale interiorizzato, dalla paura del giudizio sociale, è per sua natura non-giudicante, rispettosa, fiduciosa, accogliente e immensamente amorevole, come un sole che illumina e indirizza ogni pensiero e ogni azione.

SperanzaQuesta pratica della gratitudine consiste nel ripetere interiormente queste frasi, o frasi di analogo significato o ispirazione che si accordino alla propria sensibilità e preferenza, ogni volta che lo si desidera e per quanto tempo lo si desidera, fino a farle diventare un'abitudine, un modo ricorrente di pensare e di vivere, un modo di essere. Le frasi qui proposte sono punti di partenza, infinite altre espressioni di gratitudine possono nascere dal proprio cuore.

Oltre alle espressioni di gratitudine, ho riportato anche esempi di preghiere: ogni preghiera intenzionale, consapevole, autentica e ben presente nel proprio cuore trascende le specificità di ogni religione e ritualità e arriva dove deve arrivare. Le nostre azioni, se consapevoli e ben dirette, sono esse stesse una preghiera.

Questa pratica può essere di ausilio e integrazione a ogni altra pratica spirituale che vada nella stessa direzione.

«La gratitudine apre alla pienezza della vita, trasforma ciò che abbiamo in qualcosa che è più che abbastanza, trasforma il diniego nell’accettazione, il caos nell’ordine, la confusione nella chiarezza, può trasformare un pranzo in un banchetto, un riparo in una casa, uno straniero in un amico. La gratitudine dà senso al nostro passato, porta la pace per l’oggi e crea una visione per il domani».

 
Melodie Beattie, citata in "Parlare Pace" di Marshall Rosenberg, cap. 12 su "La Gratitudine", libro usato come base nella sezione "Comunicazione Non Violenta".

Namasté,
Francesco Galgani, iniziato a scrivere l'11 agosto 2019, finito di scrivere il 16 settembre 2019

Un degno rappresentante...

Un degno rappresentante di chi veramente Ama la vita e sue Creature. Grazie!

fonte: https://www.youtube.com/watch?v=0gwOzzGibsg

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Fortuna o sfortuna... vedremo!

Fortuna o sfortuna... vedremo!

Cerchiamo di relazionarci con gli aspetti positivi di noi stessi e degli altri.

Fonte del video seguente: https://www.youtube.com/watch?v=uK8i89rii7M
curato da: https://ngalso.org/it/

Nel video, dopo un breve canto di alcuni minuti, Michel Rinpoche (maestro buddista) espone le sue riflessioni e i suoi consigli sul tema della lamentela, della critica e del giudizio. Al termine, conclude con mezz'ora di meditazione guidata.

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