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Filosofia

Cattolicesimo e cristianesimo esoterico?

Queste mie poche riflessioni non giungono dopo uno studio approfondito del cattolicesimo e delle principali scuole del cristianesimo esoterico, tra cui l’Antroposofia (Rudolf Steiner), la Fraternità Rosacrociana (Max Heindel) e le correnti gnostiche moderne. Lo ammetto, la mia conoscenza e comprensione è assai limitata.

A modo mio, nel mio percorso unico che nessun racconto potrebbe degnamente rappresentare, ho avuto e ho esperienze che si avvicinano all’uno e all’altro mondo, essoterico ed esoterico, non necessariamente cristiano, ma anche cristiano. Del resto, alcuni aspetti del buddismo come il karma e il percorso personale di crescita, nel quale non c’è alcun Salvatore ma un progressivo migliorarsi alchemico trasformando l’esperienza del male da nocumento a beneficio, è del tutto sovrapponibile all’esoterismo cristiano. Parimenti, la gnosi che ho sperimentato nell’unire la mia Trinità di Spirito (parte maschile), Anima (parte femminile), e Mente, grazie al Triade Color Test Dinamico Flash, oltre a produrre effetti concreti in me, è stata un’esperienza abbastanza esoterica, misteriosa e inafferrabile per molti di coloro che ci hanno provato, sebbene l’intento del suo ideatore (Corrado Malanga) fosse al contrario quello di creare uno strumento accessibile a tutti. Questo esempio va verso la divinizzazione dell’essere umano, mettendo sullo stesso piano la Coscienza del Creatore con quella dell’Uomo e della Donna. Unico neo, non da poco, è che l’Uno così sperimentato è comunque insoddisfacente, e “solo” in quanto “unico”.

I momenti di piena soddisfazione, invece, sono stati in esperienze mistiche completamente spontanee. Mi riferisco a quelle esperienze di unione con il Tutto che vengono da sole, senza tecniche particolari e senza averle ricercate. A distanza di tempo potrebbero essermi emerse spontaneamente dopo aver frequentato per un po’ le meditazioni esoteriche del Vijñānabhairava Tantra, degli Yoga Sutra e degli Shiva Sutra.

Eppure, questo stesso mio percorso personale, ha avuto finora altri aspetti di tutt’altro livello, molto più psicologicamente vicini al cattolicesimo classico (da cui provengo) che al mondo dell’esoterismo. Facciamo un esempio pratico. Il maestro buddista Nichiren Daishonin ha spiegato con varie metafore che, anche senza comprenderne a fondo il significato, chi recita Nam-myoho-renge-kyo davanti al Gohonzon riceve naturalmente beneficio e nutrimento spirituale, proprio come un lattante che, pur ignaro, trae forza dal latte materno. Questo completo affidamento spirituale al seno della mamma, che nutre e protegge al di là di ciò che la mente può capire, ma che solo la Fede può accettare e ricercare, a me sembra sovrapponibile nell’atteggiamento – e solo nell’atteggiamento, ma non nella sostanza – a un culto mariano cattolico, ovvero alla preghiera dei bambini piccoli che giustamente cercano l’aiuto della mamma. Certo, c’è una grande differenza teologica, perché in un caso tale affidamento è rivolto alla propria buddità e a quella insita nell’ambiente, nell’altro è invece rivolta alla più Santa delle donne realmente vissute e alla più vicina a Dio. In un caso, cioè nel buddismo, la presenza o inesistenza di Dio non è neanche discussa, lasciando il tema come non trattato, nell’altro è data come punto di partenza. Eppure, e questo lo aggiungo per mia lunga esperienza, difficilmente la preghiera di noi occidentali spacca il capello con questa precisione, anzi, tutt’altro.

Indubbiamente il buddismo mi ha dato tantissimo al di là di questi aspetti, regalandomi le esperienze più umane e calorose negli anni dell’Università. E, tanti anni dopo, donandomi una delle vette filosofiche più alte con le "Strofe Fondamentali della Via di Mezzo" di Nāgārjuna.

Al di là di tutto ciò, vedo che il mondo è frammentato in miriadi di dottrine diverse, popolate da fedeli smarriti. Posso solo dire che quel che conta è l’esperienza concreta. La mia, per quel poco che può valere, è che tutte le scuole religiose e filosofiche, esoteriche ed essoteriche, orientali e occidentali, sono incomplete e insoddisfacenti. La realtà supera sempre qualsiasi sua rappresentazione di parte, e supera persino tutti gli opposti, comprendendoli nella sua totalità.

Secondo me, un’interrogazione interiore profonda potrebbe ridursi a queste poche domande: “Posso salvarmi da solo?”, “Nei momenti più disperati, chi o cosa mi ha aiutato?”, “Esisto per volontà mia, oppure vivo grazie ad un Amore immensamente più grande di qualsiasi ego?”, “L’esito del mio impegno e delle mie azioni dipende da me, o dipende da una Volontà superiore?”, “Ho libero arbitrio e, se sì, in cosa?”. Ho le mie risposte, valide nel qui ed ora, magari tra un po’ cambierò idea.

Dovremmo stare attenti a non attaccarci troppo ad una singola dottrina, né a ritenerla superiore alle altre. Piuttosto, dovremmo considerare le nostre sincere posizioni come nuvole nel cielo, destinate a cambiare di continuo, perché la vita è cambiamento.

La ricerca esoterica è un autentico “desiderio di profondità”, ma per andare dove? Al contempo, con specifico riferimento al Cattolicesimo, a cosa serve un Catechismo iper-dettagliato se finisce con il considerare peccaminosi persino i respiri? Potremmo aggiungere domande analoghe per tutte le dottrine. C’è qualcosa che non va, sicuramente è tutto più semplice di come sembra.

Lasciatemi concludere in maniera non equidistante, ma come mi viene spontanea adesso:
Pace, Bene e Ave Maria.

(3 maggio 2025)

I dieci mondi appartengono anche ai gruppi e alle organizzazioni

Anni fa, nella Religione dell’Ultima Lotta, scrissi queste parole:

«[...] le religioni e le filosofie di oggi sono al servizio dei peggiori demoni quando si discostano dal loro obiettivo principale e dal loro unico vero insegnamento, che è: “Uccidi la voglia di uccidere, non creare sofferenza non necessaria, sentiti parte della Grande Vita che tutto unisce e gioiscine, con gratitudine e rispetto”. Qualunque religione o filosofia che manchi di dire questo e che non lo metta al primo posto è una grave offesa e bestemmia. [...]»

Perché spesso le religioni e le filosofie sono al servizio dei peggiori demoni?

Stamani ho avuto un’intuizione quasi disarmante nella sua banalità, ma sufficiente per spiegare perché spesso le organizzazioni religiose aiutano le persone a stare male e a non evolversi, incatenando le anime in energie basse, piuttosto che adempiere agli ideali dichiarati.

I dieci mondi appartengono non solo agli individui, ma anche ai gruppi e alle organizzazioni. Tutto qua. E sovente è il mondo di inferno ad emergere, insieme ad avidità, collera e stupidità, piuttosto che i mondi alti di saggezza e compassione.

Per chi non fosse familiare con l’argomento dei dieci mondi (in inglese “ten realms”), che fa parte della psicologia buddista Mahayana cinese, rimando al mio precedente articolo Pillole di Buddismo - Dieci Mondi - Aiutare gli eventi a svolgersi in una direzione positiva. In sintesi, i dieci mondi sono stati d’animo interiori che coesistono sempre dentro di noi. Per usare una metafora junghiana, se c’è luce c’è anche ombra, quindi se dentro di noi ci sono aspetti illuminati, saggi e compassionevoli, ci sono “contemporaneamente” anche stati di sofferenza, disperazione, stupidità ed egoismo, che però rimangono nell’ombra. E viceversa.

Le società umane sono costruite per farci dimorare nei mondi inferiori (l’ombra), cioè quelli infernali. Le organizzazioni religiose non sono da meno, però all’interno di esse ci sono tutti e dieci i mondi, anche quelli illuminati (la luce).

Per usare un’altra metafora presa dal taoismo, dove c’è il bene c’è anche un po’ di male, e dove c’è il male c’è anche un po’ di bene.

Se ogni organizzazione religiosa fosse un fiume, allora ciascuno di noi potrebbe scegliere se immergesi e lasciarsi trasportare (verso le rapide?), oppure se essere come un cercatore d’oro che prova a scoprire le migliori pepite nascoste nel fiume (cioè i migliori insegnamenti ed esempi di vita).

Sia ben chiaro, però, che per riconoscere un valido insegnamento all’esterno dobbiamo prima averlo già interiorizzato attraverso l’esperienza, la fede e l’intelligenza. Le religioni, i santi e i saggi possono al massimo confermarci quello che già abbiamo capito: sono conferme importanti e necessarie, ma il primo passo è nostro.

Facciamo un esempio pratico. San Pio da Pietrelcina disse che: “La povertà è un bene perché libera l’anima da tanti legami terreni”. Il Vangelo dice la stessa cosa: "E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio" (Mt 19, 23-30). Questo non possiamo capirlo se ci concentriamo sul soddisfare la nostra legittima fame o se osserviamo l’oro di cui sono piene le chiese. Piuttosto, il senso di queste parole l’ha già compreso spontaneamente chi considera le difficoltà e le sofferenze della vita, tra cui l’indigenza e il digiuno che ne consegue, come un dono. Ciò sfugge alla logica del mondo e può essere compreso solo tra coloro che condividono un certo tipo di esperienza interiore. Come è scritto nella Bhagavad Gita:

"Ciò che è notte per tutte le creature,
in quella veglia il saggio che sa auto-controllarsi;
ciò in cui le creature sono sveglie,
è notte per il saggio che vede."
(Bg. 2.69).

Questo mondo è pieno di anime perse, e probabilmente anche noi lo siamo, quindi stiamo attenti.

E’ bello iniziare e concludere ogni giornata con preghiera e fede, discernendo con attenzione ciò che va della direzione dell’accrescimento spirituale e ciò che invece è dannoso.

Dovrebbe esser chiaro, visto che fin qui ho citato buddismo, cristianesimo e induismo, che non mi sto riferendo ad una specifica religione. L’origine di tutto che è saggezza e amore non ha religione, ma si manifesta tramite religioni, filosofie e sacri insegnamenti. Nelle organizzazioni umane, però, troviamo di tutto.

Concludo con una frase del Corano (Surat An-Nisâ’, 111), che si trova identica anche nella Bibbia (Siracide, 4): “Chi commette un peccato, danneggia sé stesso”. Detto diversamente, è il male che ci fa male, e oggi questo male è ovunque. Si chiama ansietà, ambizione, odio, violenza, possessività, egoismo. Ma se c’è tutto questo (l’ombra), allora c’è anche la luce.

Pace e bene.

(24 aprile 2025)

L'IA desacralizza la creatività

No IA content - 100% human created content

Cari lettori,
vi propongo un logo: "100% Human Created Content - NO AI".

Cosa c’è di bello, di saggio o di sacro nel rinnegare l’uso dell’IA generativa, che ormai è diventato un obbligo sociale?

Se fossimo figli del nulla o del caso, probabilmente nulla. Ma il sole e le altre stelle non si muovono per caso.

Come un demone, anzi, come il capo dei demoni, l'IA si propone di semplificarci la vita e di aiutarci, ma a quale prezzo? Come è di prassi in questi casi, in cambio si prende “soltanto” la nostra anima.

Siamo fatti “di” Dio e “da” Dio: la nostra creatività è un dono divino. Abbiamo tanti buoni motivi per non cedere alle tentazioni dell’IA...

E’ un fenomeno comune tra grandi e piccoli artisti, nei momenti di maggiore estro, quello di sentirsi “canale” di qualcosa di più grande. Dai grandi capolavori riconosciuti dall’umanità, fino alle più umili piccole creazioni personali, riusciamo a immaginare e a fare cose incredibili in cui mettiamo l'anima, e non sappiamo nemmeno come. Sentiamo che la creatività “fluisce” attraverso di noi. Il processo creativo, seppur sorretto da studio, impegno ed esercizio, è comunque in gran parte misterioso e sacro. La creatività, che è un sinonimo di divinità, si manifesta tramite noi.

Questo valeva anni fa.

Ora che l’IA generativa è entrata nel processo creativo, o che essa stessa “è” il processo creativo, tutto è cambiato. Non c’è più nulla di sacro o di misterioso. Essa ci toglie ciò che ci rende vivi e umani, sostituendosi a Dio, quindi è una bestemmia. L’IA generativa lavora contro di noi, non solo togliendoci il sostentamento del lavoro, ma erodendo fede, autostima, creatività e senso del sacro. Toglie senso alla vita.

Per queste ragioni, sto valutando se d’ora in poi vorrò usare questo logo nei miei prossimi articoli, in modo da mettere in evidenza non tanto i contenuti in sé, ma la via percorsa.

Va da sé che come ero capace di scrivere poesie, fiabe, racconti, saggi e libri prima di ChatGPT, cioè prima del 2022, lo sono anche adesso. E che come ero capace di scrivere di getto testi molto impegnativi e lunghi, anche nelle circostanze più ostili e negli orari più improbabili, ne sono ancora capace. Ho anche creato un'app per Android e iOS scrivendo a mano e da solo 100.000 righe di codice. Ma mentre prima non c’era alcun bisogno di evidenziare l’umanità del processo, adesso diventa un motivo di lotta spirituale e politica.

E tu cosa vuoi fare? Prova a pensarci prima che l'IA ti porti via tutto. L'IA non è nostra amica e non lo sarà mai.

(22 aprile 2025, scritto senza IA)

I pensieri sono escrementi della mente

Così come una sana digestione ha bisogno di lasciar andare gli escrementi, così la nostra mente defeca pensieri di continuo, necessari per il suo metabolismo. Lasciamoli andare.

Non ha senso trattenerli o peggio ancora attaccarci ad essi. E' anche una questione di igiene e di odore... Ormai siamo adulti, cerchiamo di superare la fase anale in cui essere fieri dei propri pensieri, cioè degli escrementi, sembra il massimo dell'autorealizzazione. Freud direbbe che trattenere o lasciare andare non è solo una questione intestinale, ma di potere... e a quanto pare qualcuno ci è rimasto un po' troppo affezionato ai propri pensieri puzzolenti e marroni, utili per concimare, ma non certo da adorare.

Respiriamo aria fresca, che è meglio. Inspiriamo l'amore divino che ci dà la vita ed espiriamo il flusso di parole, fonemi o singole lettere, senza trattenerle, senza giudicarle: l'alfa, l'omega e tutto quello che c'è nel mezzo sono solo fisiologico sterco. Lasciamo che le deiezioni della mente svaniscano nell'etere. E ancora, inspiriamo amore ed espiriamo lettere, sillabe e altri peti mentali. Liberiamoci.

Buona cacata!

P.S.: Mentre la mente dell'uomo medio escrementa in quantità normali, gli intellettuali, i filosofi (come me) e i politici ogni tanto si liberano con la stessa grazia e abbondanza di un ippopotamo ben nutrito. Ma le IA generative - cari miei - tipo il maggiordomo ChatGPT, l'invadente Llama integrato in Whatsapp, o la prostituta cinese DeepSeek, sono tutti insieme un devastante tsunami assassino, ma non di acqua oceanica... sono uno tsunami di diarrea nera insieme a una mitragliata di stronzi.

(8 aprile 2025)

Non avere un ego da difendere: il segreto della vera apertura

Quando rinunciamo alla difesa del nostro ego, si apre in noi uno spazio di ascolto reale. Spesso crediamo di dialogare, ma in realtà stiamo solo aspettando il momento giusto per ribadire la nostra opinione, per rafforzare la nostra posizione, per affermare il nostro “io ho ragione”. Ci arrocchiamo nella nostra fortezza personale, smettendo di ascoltare con il cuore aperto. Al contrario, chi non è preoccupato di salvaguardare un’immagine di sé non ha timore di imparare e, se necessario, di cambiare idea. Ha la forza di farsi domande, di esplorare universi lontani dai propri schemi e di arricchirsi nell’incontro con gli altri.

L’ego esige continuamente conferme, e ogni critica, ogni ostacolo, si trasforma in una minaccia alla propria identità. Quando ci identifichiamo con questa immagine rigida di noi stessi, la sofferenza sorge inevitabilmente, perché la vita ci mette di fronte a situazioni che contraddicono o demoliscono i nostri schemi, che sfuggono al nostro controllo e alla nostra volontà. Difendere a tutti i costi l’ego diventa una guerra quotidiana: ci sentiamo attaccati, impauriti, ostili.

Quest’energia conflittuale è il terreno in cui germoglia la violenza: si percepisce “l’altro” come un nemico, si cade in un gioco di sopraffazione e “occhio per occhio”. Così si entra in un circolo vizioso che alimenta ulteriore sofferenza, tanto all’interno della singola persona quanto nella società.

“Non avere un ego da difendere” non significa rinunciare alla propria personalità o alle proprie qualità: significa, piuttosto, rinunciare alla necessità di dimostrarsi superiori, infallibili, al centro dell’attenzione, di pretendere che il proprio punto di vista sia quello corretto e accettato. L’umiltà è la medicina più potente contro la rigidità egopatica, perché ci invita a riconoscere con serenità la nostra limitatezza umana e il nostro legame indissolubile con l’intero creato.

Quando si è umili, si accetta che le conoscenze possono sempre ampliarsi, che ci sarà sempre qualcosa da imparare da chiunque. Le critiche e i giudizi verso di noi non sono più motivo di rabbia o di offesa, perché riconosciamo le diversità delle opinioni come una necessità del creato. L'unica risposta alla cattiveria - cioè al mettere se stessi su un piedistallo - è non praticarla, senza bisogno di discorsi o di giustificazioni. Ognuno ha il suo percorso di consapevolezza, e quel che conta è quanto amore mettiamo nel vivere e nelle relazioni.

(26 marzo 2025)

Il Giardino Divino: liberarsi dall'ego per abbracciare la pace

Nel mondo c'è tanta sofferenza.
Desidero pace, amore e benessere per tutti.

Non c'è una via per la pace: la pace è la via.

Tutti stiamo subendo troppo. E più il male di vivere diventa forte, maggiore è la probabilità di una guerra vera.
Il male di vivere cresce in una società che nega i bisogni di base, che rinnega la natura e disconosce il "sacro".

L'occhio per occhio serve solo a rendere cieco tutto il mondo. Attraverso la violenza forse possiamo risolvere uno specifico problema, ma al contempo piantiamo i semi per altri problemi peggiori.

La pace viene da dentro. E' inutile cercarla fuori.

Le religioni e le filosofie di oggi sono al servizio dei peggiori demoni quando mantengono al centro i desideri egopatici, ovvero atteggiamenti aggressivi e arroganti nei confronti degli altri dovuti a una esagerata valutazione di sé. L'egopatia ci separa da noi stessi, e ci causa sofferenza, alla ricerca di un nemico da combattere.

Se potessimo cancellare l’«Io» e il «Mio» dalle religioni, dalla politica e dall’economia, saremmo presto liberi e trasformeremmo la nostra desolata terra in un giardino divino colmo di ogni agio e ricchezza, dove nessuno morirà più di fame.

Gesù ha detto: “Se chi vi guida vi dice: sì, il Regno è nei Cieli, allora gli uccelli del cielo saranno in vantaggio, se vi dicono che è nel mare, allora i pesci saranno in vantaggio. Ma il Regno è dentro voi e fuori di voi. Quando voi vi conoscerete, allora sarete consci, e saprete che siete voi i figli del Padre Vivente. Ma se vi capita di non conoscere voi stessi, allora restate poveri e siete la povertà stessa!” (fonte).

(24 marzo 2025)

Tutto Jambudvipa soffre

Secondo la tradizione buddista, Jambudvipa è il continente in cui vivono gli esseri umani, un luogo soggetto al ciclo di nascita e morte, dove la sofferenza è condivisa da tutti gli esseri. Nulla di ciò che proviamo è puramente individuale: ogni nostro dolore risuona negli altri, così come le preoccupazioni che ci affliggono non sono mai soltanto nostre. Quando soffriamo, molte creature sperimentano la stessa pena. 

È proprio questa consapevolezza a ricordarci che la nostra condizione non è separata da quella altrui: piuttosto che dividerci in lotte o guerre, dovremmo ricordare che non possediamo altro che Jambudvipa, la nostra unica dimora terrena.

Un budda è colui che, pur vivendo nello stesso mondo colmo di tensioni e tristezze, non si lascia opprimere dai propri problemi, perché il suo sguardo è rivolto alla sofferenza di tutte le creature. In questo senso, nel Sutra del Loto c'è scritto che il Budda «sta bene, ha poche malattie e poche preoccupazioni». Non significa che la sua vita sia “facile”, ma che, mantenendo una prospettiva più ampia, dà meno peso ai fardelli personali. Così, nel prendersi cura di ogni essere, egli trascende il senso di “io” e “mio” e abbraccia la sofferenza di tutti come un’unica realtà.

Questa è la condizione a cui ciascuno di noi dovrebbe aspirare se non vuole essere spazzato via dai venti della guerra.

(17 marzo 2025)

Perché l'IA non capisce niente?

L'intelligenza artificiale (IA) generativa cerca di estrarre, con una potenza di calcolo statistico senza precedenti, delle correlazioni tra i simboli più probabili, all'interno di un abnorme archivio di dati. Questi dati vengono utilizzati per addestrare i modelli di IA, in modo che possano apprendere le correlazioni tra i simboli più pertinenti per rispondere alle richieste fatte dagli utenti. I modelli di IA uniscono sequenze di forme linguistiche in base a informazioni probabilistiche su come si combinano, ma senza alcun riferimento al significato.

In questo processo IA apprende come mettere in relazione i simboli ma non sa niente dei significati legati ai simboli, non ne ha coscienza. IA opera attraverso algoritmi privi di comprensione semantica. Molti algoritmi di IA seguono regole ben definite per elaborare i dati e prendere decisioni. Questi algoritmi non "comprendono" il significato dei dati; piuttosto, seguono procedure matematiche per ottenere risultati.

Il nome "intelligenza artificiale" fa pensare che si può con un artificio realizzare una intelligenza come quella naturale. E' una definizione ambigua e mistificatoria. In base a quello che abbiamo detto all'inizio, invece possiamo dire che l'intelligenza artificiale è solo una macchina in grado di simulare l'intelligenza naturale. Si dovrebbe allora scrivere IS cioè Intelligenza Simulata. IA è come una persona che impara a memoria una canzone in inglese senza capire il significato delle parole usate. Più che una intelligenza è un pappagallo artificiale che ripete a memoria quello che ha imparato nell'addestramento fatto senza capire il significato dei simboli usati.

L'uomo, diversamente dall'intelligenza artificiale, oltre alle relazioni tra simboli che costituiscono il linguaggio usato, grazie alla sua intelligenza naturale conosce i significati dei simboli e li mette in relazione tra loro, cosa che non sa fare la macchina.

Rinunciamo al nome "intelligenza artificiale". Sarebbe meglio parlare di stupidità artificiale o al massimo Intelligenza Simulata.

(Giulio Ripa, 15 marzo 2025)


«L’essenziale in questa vita è vivere. Vivere, che non vuol dire sopravvivere: esiste una netta differenza tra le due cose. Quando viviamo, tutto è più intenso; i colori sono più brillanti, i baci sono carichi di passione e il corpo vibra a ogni emozione. Vivere è riservato ai coraggiosi, poiché implica prendere decisioni, uscire dalla nostra «zona di comfort» e cercare la crescita, in maniera attiva. Quando viviamo intensamente corriamo più rischi e accettiamo di essere vulnerabili. Questo comporta una grande forza emozionale, perché presuppone un livello di autoconsapevolezza tale da metterci al riparo dalle pressioni che riceviamo dall’esterno. Tuttavia, anche noi possiamo crearci delle pressioni, senza esserne del tutto coscienti, e spesso proprio noi stessi siamo i nostri giudici più severi. Interiorizziamo le aspettative degli altri e le convertiamo in pressioni che affliggono la nostra anima e la nostra vita. Ci poniamo mete irreali, chimere incompatibili con la vita, film che noi stessi abbiamo montato.

Vivere intensamente richiede coerenza nel prendere decisioni al di là delle aspettative che le altre persone hanno riposto in noi. E questa coerenza è inconciliabile con un’immagine di facciata, e in generale con tutte le immagini formate a partire dai desideri degli altri.

Una vita intensa è una vita autentica. Essere diversi è la cosa migliore che possa succederci. Non sforzatevi di standardizzarvi, non abbandonate la vostra unicità per vivere come tutti. Non siamo al mondo per pagare le bollette e goderci un solo mese all’anno. Siete un compendio di qualità che stanno aspettando di essere sfruttate a vostro beneficio.

Vivere intensamente è essenziale e necessario perché in gioco c’è la felicità nostra e delle persone che amiamo, anche se a volte – è bene precisarlo – può essere pericoloso perché ci espone al rischio di farci del male. Ricordate che solo chi non fa niente non soffre. Tuttavia, non dovete frenarvi per paura di essere feriti. Il vostro corpo è predisposto a riparare i danni, così come lo sono la vostra mente e le vostre emozioni. Sì, perché corpo, mente ed emozioni hanno quello che si chiama impulso di riparazione, incaricato di assicurare la guarigione di ciò che si è rotto, e quindi anche del dolore. Se non volete soffrire, se non volete rompervi, non vi rimane che chiudervi in casa, perché quello è l’unico luogo dove tutto è sotto controllo, sicuro e confortante.

Non pretendete di vivere un’esistenza placida e senza sofferenze perché, in questo modo, vi arrendereste a sopravvivere; al contrario, una vita attiva e ricca vi renderà più forti di qualsiasi avversità. Siamo noi a scegliere se limitarci a sopravvivere, a veder scorrere i giorni uno dopo l’altro senza farci domande, senza amare per timore di essere feriti, senza correre per paura di affaticarci e senza saltare per non cadere, senza fare il bagno in mare nudi per non farci rubare i vestiti, senza prenderci il tempo di pensare sdraiati in mezzo a un prato, senza baciare le persone che amiamo, o spettinarci per non perdere la compostezza… insomma, senza arricchire i nostri giorni con una doppia dose di passione e di vitalità. L’alternativa che abbiamo è cominciare a vivere.

Non ipotecate tutto per paura. Non smettete di vivere perché vi spaventano le avversità [...]»

(Tomás Navarro, tratto da: "Kintsukuroi - L'arte giapponese di curare le ferite dell'anima", Giunti Editore, ISBN 9788809879270)


L'Intelligenza Artificiale, o Intelligenza Simulata come giustamente definita da Giulio Ripa, è la manifestazione tecnologica delle nostre paure. Siccome la vita ci fa paura, deleghiamo alle macchine la parte più difficile e decisiva delle nostre esistenze, cioè il pensiero. Una volta sostituita la Coscienza con la Tecnologia, la vita non ci farà più paura, semplicemente perché non ci sarà più vita:

Intelligenza Simulata
L'Inverno è arrivato
Morte dei Cuori

Il tema trattato da Giulio Ripa è una semplice analisi di realtà che ricorda la "Stanza Cinese" di John R. Searle (1980), ma non sono né le analisi né lo studio i principali motori del nostro comportamento. Ci lasciamo guidare dalle emozioni, come un cocchiere (mente) che fa decidere ai cavalli (emozioni) qual è la direzione, invece di chiedere al passeggero (anima): in questo modo il disastro è certo e con esso la vittoria dell'Intelligenza Simulata sulle nostre vite. Avevo affrontato questa metafora del cocchio di Georges Ivanovič Gurdjieff in "La gerarchia dei problemi".

L'intelligenza artificiale è volutamente ingannevole e molto persuasiva. Stiamo attenti.

(Francesco Galgani, 17 marzo 2025)

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