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Vita in rete

Problemi ADSL, rumore ADSL, fruscio telefono con ADSL, velocità ADSL ridotta [RISOLTO]

Il segreto: assicuratevi che il vostro (vecchio) impianto non contenga fusibili. Se sì, toglieteli e sostituiteli con un ponticello fatto con normale filo di rame, ben saldo (nel mio caso il filo è stato avvitato). Questa operazione, fatta da un tecnico Telecom in casa mia, è stata risolutiva di un caso quasi disperato di rumori sulla linea (presenti solo con il router acceso) e di rallentamenti sulla velocità dell'ADSL. Da notare che tutti gli impianti Telecom più recenti non contengono fusibili.

Rendere il web un posto più pulito, senza pubblicità né tracciamento online: Firefox + Disconnect + Adblock

Si veda anche:

«Lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni» (George Orwell)
USA ed Europa, e ‘intercettateci tutti’. Verso lo Stato di Polizia


Ormai da tanti anni il web è diventato un immondezzaio di pubblicità...

Quel che è meno evidente è che il web è ormai anche un luogo di tracciamento totale delle attività di ogni persona. La maggior parte delle persone usano il computer senza nemmeno accorgersi che ogni loro attività viene tracciata e memorizzato su un loro profilo personale: in quali siti vanno, quanto ci stanno, cosa guardano, cosa fanno, cosa scrivono, ecc.. Chi vuole farsi un'idea di cosa sta accadendo, può leggersi questa notizia, relativa alla sorveglianza che la National Security Agency riesce a fare di ogni singola persona in accordo con Google (per approfondimenti, si veda: NSA uses Google cookies to pinpoint targets for hacking, NSA Using Google Non-Advertising Cookie to Spy, NSA Turns Cookies (And More) Into Surveillance Beacons, NSA Spying).

Rifugiati dentro TOR? E' possibile sfuggire allo spionaggio globale?

«Lo Stato totalitario fa di tutto per controllare i pensieri e le emozioni dei propri sudditi in modo persino più completo di come ne controlla le azioni» (George Orwell)
USA ed Europa, e ‘intercettateci tutti’. Verso lo Stato di Polizia

Si veda anche: ARTICOLO DI STEFANO RODOTÀ SULLA SORVEGLIANZA GLOBALE DI OGNI PERSONA


Aggiornamenti
21 luglio 2014: Un motivo in più per usare Tor: "Tor browser è l'unico browser che protegge dal canvas fingerprinting"
27 luglio 2014: La Russia mette una taglia su TOR e PSYOPS (guerra psicologica) contro TOR


Già da tempo mi sto chiedendo come sia possibile, nel nostro mondo iper-tecnologico, crearsi una sfera privata non sorvegliata da altri, perché l'effettiva tutela della sfera privata è una componente essenziale della libertà e della dignità della persona.

Nel mio ultimo articolo a tal proposito, intitolato “Rendere il web un posto più pulito, senza pubblicità né tracciamento online”, avevo già delineato il problema e indicato qualche soluzione: con questo nuovo articolo, vorrei proporre approccio con la tecnologia ancora più informato e consapevole, indicando alcune letture e spiegando come si inserisce il progetto Tor in questo contesto. Per chi non avesse seguito lo sviluppo di questo blog, segnalo i miei precedenti articoli “Internet e privacy: prospettiva funzionale dell'interazione in rete”, “Riflessioni su Facebook”, “Psicologia della persuasione e tecnologie persuasive”, “Liberi dal cellulare - Liberi di parlare”.

 

Vita vera

Vita vera

Giovani speranze del futuro,
il mio cuore duole e lacrima
nel vedervi impigliati e costretti
nella rete d'un grave inganno:

bulimia di condivisione e connessione,
sempre e ovunque,
con smartphone e tablet,
è prigionia della mente,
solitudine dell'anima,
minaccia del futuro,
rinuncia a tante opportunità.

Nell'imbrigliarvi,
controllarvi,
seguirvi,
tracciarvi e profilarvi,
altri traggon vantaggio,
ma non voi:
chi desidera che stiate bene?

Non Facebook,
non Twitter,
non Whatsapp,
non Google,
non i telco,
non coloro che lucrano su di voi.

Nella pineta sul mare,
viva e vera,
sono offline,
vivo e vero,
reale come il muretto su cui sto scrivendo,
libero come i gabbiani che mi salutano,
forte come il sole che tutto rivitalizza,
amorevole come le piante e il verde intorno,
purificato dalla disconnessione e dalla natura.

Vi sto osservando:
siete belli,
radiosi,
degni d'amore,
così come siete.

Figli miei,
siete nati,
in questo mondo difficile,
per essere felici e a vostro agio:
come le gemme hanno in sé il valore,
così voi avete già quel che vi occorre
e che vi è connaturato.

Liberatevi dalla tecnocrazia:
voi siete i leader di una nuova epoca.

(Francesco Galgani, 13 luglio 2014, pubblicata su galgani.it)

Letture suggerite:

 

Skype: no grazie, alcuni seri motivi per non usarlo - Meglio WebRTC

Aggiornamento 28 aprile 2016: nell'articolo sotto riportato, Richard Stallman indica alcuni buoni motivi per non usare Skype. Per le videochiamate, consiglio ai miei lettori di avvalersi dei servizi web basati sullo standard aperto WebRTC (voluto dal World Wide Web Consortium), che è uno dei più sicuri per le comunicazioni VoIP, come descritto in questo report molto preciso: http://webrtc-security.github.io/

Facebook NON è democrazia: l'auto-censura e la censura vera e propria

di Francesco Galgani, 4 settembre 2014

Chi da tempo sta seguendo il mio blog, in particolare la sezione Vita in Rete, e che magari ha letto la mia ricerca su Solitudine e Contesti Virtuali, conosce lo sguardo critico (supportato da ricerche documentate) di cui mi sono fatto portatore in riferimento ai più popolari social network e, in generale, all'uso attualmente accettato e adottato della tecnologia.

Ho più volte affermato che i social network, Facebook in primis, sovente spingono le persone a chiudersi in un mondo sempre più ristretto (si veda "Riflessioni su Facebook"). In tale affermazione, ho sempre fatto specifico riferimento al fenomeno del filter bubble documentato da Eli Pariser, ma non solo: è ovvio che il discorso è di portata ben più ampia, avendo ampiamente già documentato una diretta correlazione tra la solitudine e l'uso immersivo e invasivo della tecnologia, tra un crescente malessere soprattutto nei giovani adulti che va di pari passo al crescere dell'uso della tecnomediazione, tra la mancanza di nutrimento affettivo e l'uso del virtuale.

In questo articolo desidero proporre la lettura di due autori che ulteriormente illuminano e specificano meglio due aspetti psicologici, sociologici e legali collegati a Facebook: il primo è l'auto-censura a cui gli utenti sottopongono se stessi, il secondo è la censura vera e propria che Facebook impone dall'alto ai suoi utenti (si veda anche la sezione del mio blog "Diritto e nuovi media"). Avevo già affermato che Facebook non è uno strumento di democrazia, magari gli articoli seguenti, rispettivamente a firma di Claudio Tamburrino e dell'Avv. Prof. Guido Scorza (Presidente Istituto per le politiche dell'innovazione), potranno meglio chiarire questi aspetti. Gli articoli in questione e sotto riportati, pubblicati su Punto Informatico, hanno licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo 2.5 Italia.

Occhio ai selfie, il web non perdona - Gli scudi per difendere i segreti

Un articolo molto sintetico, da diffondere, per cominciare a riflettere su temi già trattati in questo blog in maniera più approfondita,
comparso su La Nazione del 2 settembre 2014

Infanzia rubata... dai mostri tecnologici d'un mondo iperconnesso

Prima di scandalizzarsi o di giudicare quanto segue, ne consiglio un'attenta lettura. E' un articolo apparso su Repubblica, versione cartacea, di giovedì 27 gennaio 2000, scritto dal giornalista Michele Smargiassi, e intitolato «Bimbi precoci e stressati "E' colpa della scuola"» (fonte).

Ne riporto solo una parte, che credo sia sufficiente per centrare la questione. Sono passati 14 anni da allora: cosa ne pensate?

Libertà nella Tecnocrazia? (Linuxday 2014, resoconto dell'evento)

In 500 al Linux day: dieci anni di software libero e open source in Maremma
(news su giunco.net)


Al Linuxday 2014, a Grosseto (locandina con programma), sono intervenuto con un incontro dal titolo: "Libertà nella Tecnocrazia?", a cui hanno partecipato ragazze e ragazzi di istituti superiori.

Libertà nella Tecnocrazia

Di seguito il resoconto dell'evento, tutto il materiale è visionabile e scaricabile:

DATAGATE - Per non dimenticare!

DatagateSe potessi, vorrei entrare nelle aule universitarie e scolastiche e gridare: «Alzi la mano chi ha un'idea chiara e precisa di cosa sia il Datagate!». E poi ancora: «C'è qualche persona tra di voi che ritiene di non essere stata quotidianamente intercettata su telefono e computer nel corso degli ultimi anni?».

Nuovi media e libertà di espressione

«Esiste il diritto di avere una vita privata. Il diritto a una coscienza privata è stato oggetto di lotte, di guerre di religione monumentali, e la lotta per ottenerlo ha prodotto centinaia di milioni di morti. La tolleranza e il principio della tolleranza era quello di lasciare la pace agli individui per un pensiero privato, e libero. Questo pensiero privato l'abbiamo acquisito con il nostro sangue, in un certo modo, nel corso della storia. Non vedo la ragione per abbandonarlo!» (De Kerkhove)

Argomenti:

SAPERE TUTTO DI TUTTI: Matrix esiste già... fin dagli anni '60 del Novecento

Avere una propria sfera privata è innanzitutto un diritto di dignità.
Non indagare sulla vita privata altrui è innanzitutto rispetto per la dignità della vita.
Fregarsene di tale diritto con un semplice «Non ho nulla da nascondere!» è un'offesa a se stessi, alla propria dignità.
Un popolo che si lascia intercettare e studiare in ogni forma di comunicazione privata e sfera della vita privata, come avviene attualmente, è un popolo senza dignità.

Ansia e stress: la tecnologia fa ammalare

In Rete siamo tutti nudi...

Gli italiani sono un popolo di 007 fai-da-te. Pronti ad alleggerire il portafogli e a mettere da parte scrupoli e sensi di colpa pur di spiare un dipendente, un socio d'affari, i figli o, piu' spesso, il partner. E' un profilo inedito degli italiani quello che emerge dalla crescente domanda di software-spia per smartphone e pc... (leggi tutto). Comunque, con o senza software spia, siamo già tutti controllati: ogni dato immesso in Rete, sfugge subito al controllo di chi lo immette...

Seguono tre video su cui riflettere...

PRENDI IL CONTROLLO DEI TUOI DATI PERSONALI

DATI SENSIBILI...

CIAO, SONO FACEBOOK

Tecnologia ed Essere Umano: è possibile un rapporto critico e consapevole?

Segue una mia poesia "informativa", con note bibliografiche:

Tecnologia

Sono piccolo,
sono intelligente,
sono il nuovo smartphone
osannato dalla gente! (1a,b)

Tutte in fila per amarmi
ci son persone stressate
che nel volermi sempre accanto
si sono ammalate... (2)

per il coltan che mi compone
guerre disgraziate... (3)

per produrmi così bello
ragazze lese e sfruttate... (4a,b)

Privacy in Rete: concetti di base per iniziare a comprenderla

Se hai deciso di leggere questo articolo, probabilmente hai a cuore la tua vita “privata” e vorresti mantenerla tale: purtroppo non è così semplice, specialmente in quest'epoca in cui gran parte della vita di tutti noi è tecnomediata, e ancor più difficile sarà in futuro. Interrogarsi su quali siano le reali possibilità per difendere la propria privacy in Rete significa affrontare un tema caldo e mai conclusivo, sicuramente posto all'attenzione mondiale dalle rivelazioni di Edward Snowden.

Gli algoritmi di Internet ci stanno danneggiando con la "personalizzazione su misura"

Nel loro tentativo di fornire servizi su misura (insieme a notizie e risultati di ricerca), le web companies (con riferimento non solo a Google e Facebook, ma praticamente ad ogni social network e sito web che applichi tecniche di personalizzazione) ci fanno correre il rischio più che mai concreto di rimanere intrappolati in una "gabbia di filtri", in una "bolla" che ci separa del resto del mondo (filter bubble), impedendoci l'accesso a informazioni che potrebbero stimolarci o allargare la nostra visione del mondo.

Inviare con semplicità, da pc e smartphone, email private e crittografate (grazie al progetto del CERN di Ginevra ProtonMail)

Sito ufficiale di riferimento: https://protonmail.com/

Creato da una discussione fra dottorandi del CERN, ProtonMail è un servizio e-mail che promette estrema sicurezza e privacy, proteggendo i nostri dati dalle pervasive e globali attività di sorveglianza elettronica della NSA (National Security Agency degli Stati Uniti) e dallo sguardo dei giganti dell'ICT, sempre pronti ad appropriarsi delle nostre informazioni confidenziali in cambio di servizi pseudo-gratuiti. I problemi di privacy nelle comunicazioni online riguardano tutti, le rilevazioni uscite dallo scandalo Datagate anche, e i mezzi che comunemente sono usati nella vita online (Gmail, Skype, Facebook, gli smartphone, ecc.) sono mezzi a privacy zero (a titolo di esempio, è dal 2014 che Google ha aggiornato i propri termini del servizio, esplicitando che ogni email ricevuta, inviata o conservata tramite Gmail viene letta e analizzata).

In sintesi: servizio e-mail gratuito creato dai ricercatori del CERN di Ginevra (finanziati tramite donazioni e abbonamenti), interfaccia carina e facilmente usabile, completa assenza di pubblicità, crittografia end-to-end (ciò implica che le email scambiate tra gli utenti di Protonmail non sono visibili nemmeno a Protonmail stesso), uso di librerie di crittografia a codice aperto (il codice sorgente del front-end è scaricabile), collocazione in Svizzera, che è il paese più sicuro al mondo in merito alla tutela della privacy. La password per decriptare i propri messaggi non viene mai inviata al server di Protonmail (se l'utente la perde, perde anche le proprie email). Termini legali di privacy riportati sul sito estremamente rigorosi... e lontani anni luce da quanto fanno Google, Yahoo, Facebook e gli altri giganti (che invece leggono le email degli utenti, collaborano con le agenzie di sorveglianza e le conservano per un tempo indeterminato anche dopo la loro cancellazione da parte dell'utente). Per il momento, Protonmail è solo in inglese e francese ed è usabile tramite browser, oppure tramite app per Android e iOS.

Ricordo d'innocenza: tra passato e presente (di Lucia Nicolardi)

Bambini e tecnologiaQuanto segue è un messaggio di Lucia Nicolardi in risposta agli articoli "La nuova religione tecno-capitalista: tutti connessi in Rete, ovunque e sempre" e "I social network sono il regno della non-comunicazione". Sullo stesso tema, consiglio anche una lettura di: "Infanzia rubata... dai mostri tecnologici d'un mondo iperconnesso" e "Perché Steve Jobs non lasciava usare l'iPad ai suoi figli?". Chi vuole approfondire, può leggersi anche: "L'Era della Persuasione Tecnologica ed Educazione all'Uso della Tecnologia".

Buone riflessioni...

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Epoca di ragazzi felici e spensierati, giochi di bimbi innocenti,
scalzi per le strade sdrucciolate, seduti sui marciapiedi si intrecciavano
i nostri sguardi con antiche storielle raccontate dai nonni, si mescolavano
le giornate di estate tra fruscii di vecchie fontane, degustando dolci sapori
di spezie casarecce, adornate da delizie di stagione scambiandoli amorevolmente in una mensa di convivialità, vita nei nostri animi sereni di anni di incanto.

La quiete del dì era accaldata da un cocente sole che brillava nel cielo azzurro, senza indugio si camminava tra borghi, sentieri, fischiettando, cantando e intonando vecchi stornelli,
niente turbava l’enfasi giornaliero; le case ingombranti di frastuoni
di antichi mestieri, viandanti con voci di innocenza, spalancavano balconi e finestrelle che con il loro cigolio emanavano dolci melodie.

Eh si!, quella era innocenza, tempi di ricordi che vagano nella mente dei miei mitici anni di giovinezza, nostalgia che affiora nell’era dell’antico.
E oggi?

Dove sono quegli anni speciali?
Mi ritrovo fra il caos di un mondo spaziale,
inquinamento di meccanismi automatici, non più innocenza,
non più strilli di bimbi tutti eleganti per le strade asfaltate;
la metamorfosi ha invaso l’uomo, la scienza, la tecnologia ha preso l’animo della gioventù togliendo la spensieratezza e l’innocenza della vita.

Mistero sei tu innocenza, vecchia amica dei miei ricordi or chiusa nel cassetto
del mio cuore, non andar via, per me rimarrai sempre la mia vita d’innocenza.

(Lucia Nicolardi, 25 maggio 2016)

La delusione di una tecnologia che dignità ci porta via...

Per prima cosa, ringrazio i miei lettori per la stima e per l’affetto che da voi ho ricevuto: quando mi scrivete, cerco sempre di rispondervi, con l’auspicio che nessuna e-mail finisca per disperdersi nella confusione che in Internet (e nel nostro povero pianeta) regna sovrana. Mi state aiutando a scoprire che non solo l’unico ad avere serissime perplessità nel rapporto con le novità tecnologiche del nostro tempo. Chi mi conosce e segue il mio blog, sa che ho scritto molto a tal riguardo, dalle mie due tesi di laurea “Solitudine e Contesti Virtuali” e “L’Era della Persuasione Tecnologica ed Educazione all’Uso della Tecnologia”, all’e-book “L'era della simulazione ovvero l'oscuro desiderio di essere sempre connessi”, scritto a quattro mani con il carissimo e saggio amico Giulio Ripa, a tante poesie e articoli su questo tema. Forse quei pochi che si sono veramente avventurati fino in fondo nei miei scritti hanno compreso le difficoltà e le preoccupazioni che ho provato ad esprimere a tutela del bene di tutti e del futuro della società, sviluppando un pensiero apparentemente semplice, ma al contempo articolato e complesso, come quello del maestro Richard Stallman, integrandolo con mie considerazioni e studi di carattere psicologico e sociale, anche avvalendomi delle opere e delle ricerche di altri pensatori e studiosi. Altre persone che mi conoscono, che sanno che uso pochissimo il cellulare (su cui non sono reperibile, è quasi sempre spento) o che conoscono la mia avversione per i social, si limitano a vedermi come un anti-tecnologico, come un estremista, o peggio ancora… fraintendendo completamente quello che io sono e persino accusandomi (ingiustamente) di giudicare quello che non conosco.
Ho lo stesso rispetto per la libera condivisione della conoscenza e per interazioni umane libere come ce l’ho per la forza di gravità: tutto ciò è “secondo Natura”. Ma, ahinoi, non è questa la direzione presa dalla Cultura e dall’attuale sviluppo tecnologico, che uccide la libertà, l’ambiente e le persone nel momento stesso in cui si offre come presunto veicolo di libertà, di comunicazione, di intrattenimento. Non so quanti dei miei lettori hanno compreso pienamente quest’ultima mia frase, che nelle mie intenzioni non è un’iperbole, ma solo un’onesta constatazione, frutto di anni di studi di ciò che si cela “oltre le apparenze”. Ancora una volta, rimando a ciò che già ho scritto, in particolare alle tesi di laurea e all’e-book sopra linkati, per chi voglia tentare l’avventura di leggerseli con la stessa calma con cui una volta, tanto tempo fa, si leggevano i libri finché tv e social non ci hanno regalato modi meno riflessivi e più vacui di riempire il tempo.

Se sei arrivata, o arrivato, a leggere fin qui senza cambiare pagina e senza esprimere giudizi affrettati, semplificati e illusori del tipo “la tecnologia è neutrale, dipende solo da come si usa”, oppure “non siamo tutti uguali, a me whatsapp piace e non ci trova nulla di male”, o simili altre considerazioni, è buon segno: io non sto giudicando chi fa (o è forzato a fare) certe scelte piuttosto che altre, io sto solo cercando di mettere in luce ciò che di importante è rimasto e continua a rimanere in ombra. Ad esempio, siamo tutti vittime di un attacco continuo, ripetuto, offensivo e sistematico attuato mediante la Rete, a danno nostro, dalle grandi multinazionali che giocano nel mondo dell’ICT (non mi riferisco soltanto a Facebook o Google, ma anche a tante altre realtà); queste corporations spiano, assalgono, molestano e danneggiano in modo continuato e sempre più invasivo, con la loro tecnologia, gli utenti sprovveduti e persino desiderosi di diventare oggetti inconsapevoli del loro profitto. Ma questo è solo un aspetto del problema, che ne sarebbero altri da considerare, ma ancora una volta rimando a ciò che già ho scritto.

Troppo potere in mano a pochi ha sempre portato abusi… ma andiamo oltre… manca ancora qualcosa. Ciò che forse non ho mai espresso finora è la mia delusione per come siamo arrivati al punto di rinunciare alla nostra stessa dignità pur di stare al passo con la tecnologia (pilotata da un potere economico-dittatoriale mascherato da altro). “Dignità” è una parola grossa, ma l’unica che mi è venuta in mente dopo aver visto il video qui sotto riportato. La scienza e i suoi prodotti non sono nati per questi scopi, Internet nemmeno, l’Informatica e l’Elettronica neanche: tutto ciò è solo un’aberrazione… come del resto sono stati un’aberrazione e un’attentato alla dignità umana l’invenzione e l’uso della bomba atomica. Ovviamente con differenze significative: la tecnologia di oggi distrugge senza farsi sentire, senza farsi vedere, rimanendo dietro le quinte e senza mai atteggiarsi come minacciosa, ma casomai come (falsa) amica.

DOWNLOAD MP4

P.S.: Vorrei soltanto precisare, per coloro a cui il paragone con la bomba atomica risultasse fuori luogo o eccessivo, che la produzione delle attuali tecnologie hi-tech, che già pongono intrinsecamente seri problemi di dignità per ciò per cui sono progettate, ha già comportato più di 11 milioni di morti (per il coltan, dato aggiornato al 2013), oltre a continuo sfruttamento di vite umane (per lo più bambini, bambine e adolescenti) e a incalcolabili disastri ambientali (ad es., per produrre un singolo smartphone servono quasi 13 tonnellate d’acqua e 18 metri quadrati di suolo). Tutto questo è documento in "L'Era della Persuasione Tecnologica ed Educazione all'Uso della Tecnologia" (buona lettura). Cos'altro aggiungere? La dignità è l'ultimo sussulto che ha l'essere umano per prendere un'altra strada che non sia quella attuale.

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
14 ottobre 2016

Cyberbullismo

Vedi anche:
Cyberbullismo - Lettura e premiazione poesia
(di Francesco Galgani, Cipressino D'Oro 2018)


Cyberbullismo

Non fu la tecnologia,
che gioie porta via,
a infliggermi il dolore
d'un pugnale nel cuore...

Non fu quel mortal video,
tra mostri condiviso,
a tagliarmi le vene
tra atroci pene...

Fu quel branco
che troppo m'ha deriso
senza mai capire
cosa avessi in viso,

fu quel silenzio
d'un'agonia celata
che m'inflisse la croce
d'esser sempre sbagliata.

Nel togliere il disturbo,
per sempre scomparendo,
mai avrei immaginato
quel che stava avvenendo:

quando il cuore si fermò,
la Luce m'incontrò,
avvolgendomi d'un calore
che sapeva d'Amore,

mostrandomi i vostri cuori
e la guerra che li logora...

se prima li avessi visti,
sarei tra i vivi ancora.

Ora sento la sofferenza
che tutto il mondo consuma,
è un fuoco che divampa
di creatura in creatura:

vorrei far qualcosa,
ma ora tocca a voi
gettare acqua pura
su tutta questa arsura.

Se ancor vorreste
potermi incontrare,
imparate quell'Amor
che sposa il Rispettare,

e che con Pace interiore
sa Dialogare:

ogni volta che accarezzerete
un fiore con Amore,
io sarò quel fiore...

ed entrerò
nel vostro Cuore.

(Francesco Galgani, 22 ottobre 2016)
https://www.galgani.it/poesie/index.php/poesie/634-cyberbullismo

Autocensura, manipolazione in Rete e cyberguerra, grazie all'Intelligenza Artificiale

Cosa è vero e cosa è falso?

In un mio precedente articolo, intitolato "Verso la Pace... tra pessimo e ottimismo", scrivevo che: «[...] non esiste un'unica realtà, ma tante realtà: nessuno possiede la realtà, ma al massimo può riuscire a vedere una parte di essa, come esemplificato dalla parabola buddista dei ciechi e dell'elefante». Nessuno possiede la verità e voler istituire una sorta di "Ministero della Verità" (mi riferisco alla "First Draft Coalition"), di "Vigilant Users" e di "Algoritmi Intelligenti" che decidano per noi cosa è vero e cosa è falso... è pericolosissimo. Tutto sta andando nella direzione di rafforzare e giustificare sempre di più l'autocensura in Rete e la censura vera e propria. Su questo tema, vorrei suggerire ai miei lettori alcuni articoli e, in particolare, il video di Glauco Benigni riportato in calce.

Vorrei inoltre aggiungere che l'intelligenza dovrebbe stare nella sua sede naturale, cioè negli esseri umani e, più in generale, negli esseri viventi... e non nelle macchine.

Letture suggerite:

Del video seguente vorrei mettere bene in evidenza questa frase: «[...] Il boccino dunque è nelle mani dei ricercatori, soprattutto attivi in diverse Università USA. Tra queste brilla la Stanford University che, guarda caso, è proprietaria dell'algoritmo che consente a Google di funzionare. E Google, guarda caso, è ormai parte dell'immenso conglomerato Alphabet. E a capo di Alphabet c'è Mr. Eric Schmidt, che guarda caso è il Consulente N.1 del Pentagono per la cyberguerra. [...]»

Scienza e Tecnologia: demolire le certezze, far sorgere il dubbio

Sebbene da più parte si inneggi all'Internet of Things (Internet delle Cose) e all'Intelligenza Artificiale come ad un futuro prossimo e inevitabile, sottolineando i presunti vantaggi di questo progresso scientifico e sviluppo tecnologico, pochi si soffermano su una delle conseguenze più pesanti di questi scenari: la deumanizzazione.

A proposito dell'Intelligenza Artificiale, nel mio precedente articolo "Autocensura, manipolazione in Rete e cyberguerra, grazie all'Intelligenza Artificiale", avevo così sintetizzato il nocciolo della questione: «l'intelligenza dovrebbe stare nella sua sede naturale, cioè negli esseri umani e, più in generale, negli esseri viventi... e non nelle macchine». Non mi stancherò mai di ripeterlo. Pensiamo ad esempio alle automobili che si guidano da sole: in una situazione di emergenza, in cui qualunque scelta porti alla morte o al ferimento grave di una o più persone, è mai possibile affidare le nostre vite ad un algoritmo a cui spetti la decisione di chi uccidere e chi no? Questo problema è stato affrontato nell'articolo "Guida autonoma, sarà l'auto a decidere chi salvare in caso di incidente?", di Omar Abu Eideh.

Monopoli, ovvero imprese che pretendevano di fare il bene dell’umanità (Google, Amazon, Facebook, Apple, Microsoft, ecc.)

Qualcuno dei miei lettori si ricorda i Cavalieri dell'Apocalisse, citati nella mia pagina "Riflessioni su Facebook"? «Facebook: morte, la falce. Apple: pestilenza, l’arciere. Amazon: guerra, lo scudo. Twitter: carestia, la bilancia. E in chiusura l’apocalittica scena degli uccelli di Twitter come avvoltoi appollaiati sopra a dei resti umani». Questa scena risaliva al 2013.

Pochi giorni fa, sul Corriere della Sera, nell'articolo "Silicon Valley, se quelli del Big Tech diventano i «cattivi»", ho letto una serie di considerazioni a proposito dei Big Tech:

«[...]

1) «Fake news» e interferenza russa nelle elezioni presidenziali. Questi due fenomeni e la loro amplificazione da parte dei social media hanno prodotto diffusa inquietudine e un improvviso risveglio dell’opinione pubblica Usa. E anche allarme in Parlamento dove a chiedere regole e indagini ora sono, oltre ai democratici, anche i repubblicani fin qui paladini della deregulation. Fari puntati su Twitter, in misura minore su Google, ma soprattutto su Facebook e in prima persona su Mark Zuckerberg. Per come la sua società veicola le informazioni, ma anche per la gestione «automatica» della pubblicità, soprattutto quella elettorale.

2) Monopoli. Imprese che pretendevano di fare il bene dell’umanità, ispirandosi alla filosofia libertaria di Stewart Brand, sono cresciute fino a diventare giganti arcigni e con tendenze monopolistiche, ora denunciate da Jonathan Taplin in «Move Fast and Break Things» (celebre invito a essere sbrigativi pronunciato da Zuckerberg) e anche nel saggio di Franklin Foer «World Without Mind», un altro atto d’accusa contro un gruppo d’imprese ormai spregiativamente denominato Big Tech, come Big Oil dei petrolieri o Big Tobacco. Gafa, l’acronimo creato in Europa per identificare la concentrazione di potere nelle mani di Google, Amazon, Facebook ed Apple, viene usato sempre più spesso anche negli Usa. Taplin accusa di essere monopoli di fatto Google (nei motori di ricerca), Facebook (nelle reti sociali), Amazon (nella distribuzione dei libri) e Microsoft (per alcuni settori del software), mentre «salva» Apple che compete con Samsung e altri per smartphone, computer e iPad. Non tutti sono convinti, ma le accuse ai monopoli si moltiplicano anche perché Peter Thiel, uno dei maggiori imprenditori della Silicon Valley, l’unico ad appoggiare fin dall’inizio Donald Trump, sostiene che nell’hi-tech la concorrenza fa sprecare risorse: meglio monopoli ben gestiti.

3) Disuguaglianze. Crescono ovunque nelle società avanzate, ma di più nei settori investiti dalla rivoluzione tecnologica dove le differenze tra chi beneficia dei processi e chi è escluso, è massima. Contrasti estremi che, come abbiamo raccontato ieri, stanno ridando fiato a sindacati che parevano ormai totalmente emarginati. Sono molti — analisti autorevoli come John Battelle ma anche imprenditori — a prevedere guai grossi per Silicon Valley se non saprà autoriformarsi promuovendo forme di capitalismo più inclusivo.

4) Discriminazione sessuale e delle minoranze. Poco spazio per donne, neri e ispanici in Silicon Valley. E il caso Google che ha dominato l’estate col licenziamento di James Damore, l’ingegnere che in un manifesto aveva tentato di spiegare con argomenti sociologici e scientifici (o pseudoscientifici) la ridotta presenza femminile. Un colpo all’immagine del gruppo di Mountain View col New York Times che è arrivato a chiedere col suo celebre columnist David Brooks il licenziamento del capoazienda Sundar Pichai.

5) Una raffica di altri scandali, da quelli di Uber che hanno portato all’estromissione del fondatore, Travis Kalnick, dal suo vertice, al sospetto di una tolleranza per la discriminazione razziale nelle sue strutture ricettive da parte di Airbnb.

Infine la sfida dell’intelligenza artificiale. Farà fare grandi passi avanti all’umanità, ma potrebbe anche rendere l’uomo schiavo della tecnologia secondo i moniti di Elon Musk e altri. E il pioniere dell’intelligenza, Yoshua Bengio, chiede il frazionamento dei gruppi di Big Tech anche per evitare concentrazione eccessive di potere tecnologico.
[...] »

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
7 ottobre 2017

Qwant: un nuovo motore di ricerca che funziona bene e rispetta la privacy

tratto da: https://help.qwant.com/it/help/qwant-search/

«Disponibile su Qwant.com, Ricerca Qwant è il motore di ricerca localizzato in Europa più efficiente, che protegge la tua privacy rifiutando qualsiasi meccanismo di tracciamento utenza e si impegna anche a garantire la neutralità dei suoi risultati.

Con Ricerca Qwant ci prefiggiamo l’obiettivo di fornire un motore di ricerca gradevole, efficiente, indipendente, onnicomprensivo e facile da usare, che assicuri il pieno rispetto dei diritti e delle libertà degli utenti e che preservi l’ecosistema della rete Internet. Ricerca Qwant unisce tutti i possibili risultati raccolti dal web su una singola pagina, incluse notizie, social network, immagini, video, shopping… Ma al contrario degli altri motori di ricerca, tutto ciò che cerchi con Qwant rimane assolutamente confidenziale. Le tue ricerche sono criptate, Qwant non colloca sul tuo browser alcun cookie che possa servire a localizzarti, né alcun meccanismo di tracciamento che consenta di seguire le tue abitudini di navigazione sul web allo scopo di comprendere quali siano i tuoi interessi e venderle alle reti pubblicitarie. Non conserviamo neanche la cronologia delle tue ricerche passate. Se ti mostreremo pubblicità, essa si baserà unicamente sulle parole chiave che avrai appena digitato.

Crediamo che questa promessa sia essenziale, perché le domande che digiti ogni giorno rivelano molte cose su di te: opinioni politiche, tendenze sessuali, salute, interessi, stile e standard di vita… Chi raccoglie queste informazioni può usarle per farsi un’idea di chi tu sia, o per adattarvi le pubblicità. Un domani saranno anche usate per ritagliare agenti IA che prenderanno decisioni per conto tuo, o che ti spingeranno a intraprendere certe azioni.

Ricerca Qwant pone sullo stesso piano tutti i siti web e i servizi online. Essi hanno tutti le stesse possibilità, qualora lo meritino, di apparire nelle prime posizioni della ricerca. Non diamo la precedenza ai nostri servizi o a quelli dei nostri partner, né sviliamo artificialmente il posizionamento dei siti i cui interessi sono in contrasto coi nostri. Non alteriamo l’ordine dei risultati a seconda di chi sta effettuando la ricerca. Chiunque può avere a che fare con idee che non gli appartengono, e questo rende più sana la democrazia. Inoltre, tutte le compagnie hanno la possibilità di essere notate grazie ai propri meriti effettivi.»

Anime apparenti (poesia di Giulio Ripa)

ANIME APPARENTI

Dentro corpi organici anime apparenti si agitano
Come figure interattive abbagliate sulla scena digitale
Da immagini virtuali che oscurano la dimensione vera
Esse nutrono attraverso corpi tecnologici in rete
L'ipertrofia delle Corporation avide di dati personali
Vivendo in una spettacolarità dove l'apparire si confonde con l'essere
Apparenti come profili utenti galleggiano sul mare virtuale
Rassicurate da una vita simulata dove proiettano i propri sogni
Invisibili all'ombra delle immagini, guardano e sono guardate
Oscurate dal simulacro dell'immagine di sé nei social network
L'oscenità digitale alimenta l'indifferenza verso gli altri
"Mi piace" sostituisce il pudore del silenzio o la dignità della sofferenza
Le anime apparenti vivono una dimensione simulativa, surrogato della vita
Sempre connesse alla pornografia delle emozioni della scena digitale
Le anime apparenti sono anime perse che appaiono senza sapere perché

(Giulio Ripa, 5 novembre 2017)

Posso controllare le mie decisioni (cioè non usare quella merda di Facebook) - Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook

Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente Facebook
Discorso tenuto all’inizio di novembre 2017 alla Stanford University

Fonte con video: http://www.byoblu.com/post/2017/12/15/vi-stanno-riprogrammando-chamath-palihapitiya-ex-vicepresidente-facebook.aspx#more-45887

Mi sento tremendamente in colpa. Penso che noi tutti sapessimo, nel profondo di noi stessi, anche se abbiamo finto di no. E ci eravamo convinti che probabilmente non ci sarebbero state conseguenze inattese, non davvero così gravi. Io penso che nei recessi profondi della nostra mente sospettavamo che qualcosa di brutto sarebbe potuto accadere, ma penso che il modo in cui noi lo lo immaginavamo, non fosse questo.

Letteralmente siamo arrivati ad un punto, oggi, dove credo che abbiamo creato strumenti che stanno disintegrando il tessuto sociale su cui è basata la Società. E io vorrei incoraggiare voi tutti, quali futuri leader del mondo, a prendere veramente coscienza di quanto questo sia importante. Se tu nutri la bestia, quella bestia ti distruggerà! Se invece la respingi, abbiamo la possibilità di controllarla e rimetterla al suo posto.

Questo è un momento nel quale le persone hanno bisogno di chiudere nettamente con alcuni di questi strumenti e con le cose su cui fanno affidamento. Gli stimoli di feedback a breve termine, basati sulla dopamina, che abbiamo creato, stanno distruggendo il modo in cui la società funziona: nessuna coscienza civile, nessun senso di cooperazione, disinformazione, falsità… E non si tratta di un problema americano, non si tratta delle pubblicità dei russi: questo è un problema globale. Quindi ci troviamo in una situazione davvero brutta, in questo momento che sta erodendo il nucleo fondamentale di come le persone si comportano tra di loro.

Io non ho una soluzione giusta: la mia soluzione è semplicemente: non usate più questi strumenti! Io non lo faccio da anni, hanno creato enormi tensioni con i miei amici, enormi tensioni nelle mie cerchie sociali. Se guardi la mia pagina Facebook, probabilmente avrò postato meno di dieci volte negli ultimi sette anni! Ed è strano: immagino che più o meno, inconsciamente, io non volessi essere riprogrammato. E quindi l’ho semplicemente spento, ma non l’ho affrontato e ora guardiamo quello che sta accedendo! Questo davvero mi fa arrabbiare! Prendiamo come esempio quella bufala su Whatsapp, dove in qualche villaggio in India la gente aveva paura che i suoi figli potessero venire rapiti. Il risultato è che abbiamo assistito a dei linciaggi! Le persone facevano i “vigilantes“, andavano in giro pensando di aver trovato il colpevole… Insomma: siamo seri? Ecco, questo è ciò con cui abbiamo a che fare!

Immaginate di portare tutto questo alle sue estreme conseguenze, con attori malintenzionati che possono ora manipolare ampie frange della popolazione per fare qualunque cosa vogliano. È veramente una bruttissima situazione. E noi nascondiamo il problema, capite? Organizziamo le nostre vite attorno a questo senso di perfezione percepito, perché siamo premiati da questi impulsi a breve termine: cuoricini, like, pollici in su… e confondiamo tutto questo con i valori, e confondiamo tutto questo con la verità. E invece ciò di cui veramente si tratta è: una falsa e fragile popolarità. Ed è a breve termine e questo vi lascia ancora di più – ammettiamolo! – sospesi e vuoti, prima ancora di comprenderlo, perché poi vi forza in questo circolo vizioso dove pensi: “Qual è la prossima cosa che devo fare adesso? …perchè ne ho bisogno!” Pensate a tutto ciò con l’aggravante di 2 miliardi di persone e poi pensate a come la gente reagisce alle sensibilità degli altri: è veramente una cosa brutta!

Io ho fatto un ottimo lavoro là (ndr: a Facebook), e penso che quel business faccia molto bene in tutto il mondo. Il modo in cui ho deciso di spendere il mio tempo è di prendere il capitale con cui mi hanno premiato e concentrarmi ora sui cambiamenti strutturali che posso controllare. Io non posso controllare tutto questo. Posso controllare le mie decisioni (cioè di non usare quella merda), posso controllare le decisioni dei miei figli, che non hanno il permesso di usare quella merda. E poi posso concentrarmi su diabete, sull’educazione e sui cambiamenti climatici. È tutto ciò che posso fare. Tutti gli altri devono guardarsi dentro un po’ di più, considerando quello che sono disposti a fare, perché i vostri comportamenti… voi non vi rendete conto che vi stanno riprogrammando. Non era intenzionale, ma adesso dovete decidere a quanto siete disposti a rinunciare, a quanto della vostra indipendenza intellettuale. E non pensate: “Oh, no, non io! Io sono un fottuto genio! Sono alla Stanford!” Probabilmente voi siete quelli che hanno più possibilità di finirci dentro! Perché proprio voi avete spuntato caselle per tutta la vostra maledetta vita. Senza offesa, ragazzi!

Cyberbullismo - Lettura e premiazione poesia (Cipressino D'Oro 2018)

Cyberbullismo - Lettura e premiazione poesia
(di Francesco Galgani, Cipressino D'Oro 2018, testo della poesia)

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Il 5G è agente cancerogeno? Molto probabilmente sì

Articolo tratto da: http://www.libreidee.org/2018/10/tumori-le-citta-usa-contro-il-wireless-5g-in-arrivo-in-italia/

Tumori: le città Usa contro il wireless 5G, in arrivo in Italia

America dei controsensi: dal 1° ottobre il sistema 5G è regolarmente in funzione a Houston, Indianapolis, Los Angeles e Sacramento, ma c’è pure chi s’è sfilato e ha detto “no”. Se a Doylestown (Pennsylvania) da più d’un anno i funzionari rimbalzano tra le aule dei tribunali statali e federali per opporsi alla massiccia invasione di mini-antenne di quinta generazione, dopo le città di San Anselmo e Ross, anche il Comune di Mill Valley (sempre in California) ha deciso di fermare il 5G: «Troppo inquinamento elettromagnetico, esiste un fondato pericolo per la salute pubblica». Ricevute le protesta dei cittadini, scrive “Terra Nuova”, i municipi hanno infatti bloccato l’installazione del wireless del 5G per salvaguardare «la salute e la sicurezza della comunità». Lo stesso è accaduto a Palm Beach, in Florida, perché – sostengono i maligni – vi risiede nientemeno che il presidente Donald Trump, che pare non gradisca vivere in un groviglio di radiofrequenze. «Fatto sta che, numeri alla mano, solo in fase sperimentale oltre l’Atlantico sono già quattro le città che faranno (volentieri) a meno dei 20 Gigabit al secondo in download». Come ricorda anche l’Agcom, aderire al 5G significa garantire infrastrutture in grado di sostenere fino un milione di dispositivi connessi contemporaneamente per chilometro quadrato.

Tradotto: irradiazioni di microonde millimetriche ovunque, non più solo dalle stazioni radio sui tetti dei palazzi (in Italia già 60.000) ma anche dai vecchi pali della luce «riconvertiti in ubiquitari Wi-Fi, uno ogni poche decine di metri, ovunque». Enel X, aggiunge “Terra Nuova”, ne ha annunciati poco meno di 2 milioni, distribuiti nei su 3.300 Comuni italiani. Con quali effetti per la salute? «Le prime evidenze che stanno venendo fuori dalla sperimentazione del 5G sono abbastanza preoccupanti», sostiene Agostino Di Ciaula, presidente di Isde-Italia (Servizio per le informazioni e la sicurezza democratica, che ha già chiesto al governo Conte – inutilmente – una moratoria, per il nostro paese». Secondo Di Ciaula, «sono state segnalate alterazione dell’espressione genica, effetti sulla cute, effetti sulla proliferazione cellulare, sulla sintesi di proteine, sui processi infiammatori». Dati di fatto «ormai consolidati», secondo Di Ciaula: «Le onde elettromagnetiche ad alta frequenza causano effetti biologici soprattutto in termini di plesso ossidativo, che è alla base di numerose patologie croniche e dello stesso cancro». L’esposizione a onde come quelle fel 5G può danneggiare l’estensione del genoma e causare rischi in termini di fertilità, oltre che conseguenze neurologiche.

«Ci sono numerosissime evidenze che documentano danni nello sviluppo, comportamentali, persino danni metabolici», aggiunge Di Ciaula. Sull’ipotesi di revisione da parte dell’Oms sulla “cancerogenesi da elettrosmog”, lo stesso Isde puntualizza: «Il cancro è una evenienza che sembra molto probabile, ma è soltanto la vetta dell’iceberg». Secondo “Terra Nuova”, sono troppe le cose non dette, in materia: «Tra l’imbarazzante silenzio di amministratori locali, istituzioni regionali, politica e governo nazionale – non a caso anche mainstream e stampa faticano a informare l’opinione pubblica sullo scontro (titanico) in atto tra i massimi organismi di controllo sanitari del mondo – l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dovrà esprimersi sulla richiesta di revisione nella classificazione della radiofrequenze tra gli agenti cancerogeni». Secondo il newsmagazine ecologista, sarà un “terremoto” per il business 5G se la connessione elettrosmog-salute passerà dall’attuale livello (Classe 2B) alla Classe 2A o addirittura alla Classe 1, venendo cioè elevata da “possibile” a “probabile”, se non addirittura “certo” agente cancerogeno.

La partita, aggiunge “Terra Nuova”, s’è riaperta proprio in questi giorni, con i risultati degli studi americani del National Toxicology Program e dell’Istituto Ramazzini di Bologna, bollati però come «non convincenti» dalla Commissione Internazionale per la Tutela dalle Radiazioni non Ionizzanti (Icnirp), che li ha definiti «studi che non forniscono un corpus di prove coerenti, attendibili e generalizzabili che possano essere utilizzate come base per la revisione delle attuali linee guida sull’esposizione umana». Sono davvero necessarie ulteriori ricerche? Non s’è fatta attendere la risposta degli scienziati chiamati in causa, «spartiacque in un’invisibile lotta tra negazionisti e precauzionisti che già in passato s’è macchiata di anomalie, scandali e conflitti d’interesse». Un’ombra che, secondo “Terra Nuova”, ancora oggi grava sulla tesi di quanti – anche davanti l’evidenza negli aggiornamenti e del numero degli “elettrosensibili” in crescita – si ostinano a considerare solo gli effetti termici (escludendo danni biologici da elettrosmog).

«I nostri studi sono stati ben eseguiti e senza pregiudizi sui risultati», assicura Fiorella Belpoggi, direttrice della ricerca condotta per il Ramazzini: si tratta dell’indagine attualmente più importante al mondo, non finanziata dalle lobby del wireless né da privati, ma da enti pubblici. Dieci lunghi anni di studi e test, condotti su cavie “uomo-equivalenti”, che hanno permesso di riscontrare «gravi tumori maligni al cervello», oltre che l’insorgenza di infarti cardiaci. Ora, certo, la sanità pubblica dovrà valutare lo studio e trarne le conclusioni: il ruolo degli scienziati “finisce” nel momento in cui alle autorità si forniscono i dati accertati, che in questo caso rivelano la presenza di un rischio concreto e allarmante. «La sottostima delle prove dei biotest sui cancerogeni e i ritardi nella regolamentazione – osserva la dottoressa Belpoggi – hanno già dimostrato molte volte di avere gravi conseguenze, come nel caso dell’amianto, del fumo e del cloruro di vinile». La posizione ultra-prudente dell’Icnirp? Per Fiorella Belpoggi si commenta da sé, visto che sottovaluta gli evidentissimi rischi per la salute dei cittadini.

Il tuo account è hackerato! (Che palle!!!)

Da circa un paio di settimane sto ricevendo messaggi di questo tipo a tutti i miei account e-mail:

Salve!

Come avrai gia indovinato, il tuo account francesco@galgani.it e stato hackerato, perche e da li che ho inviato questo messaggio. :(

Io rappresento un gruppo internazionale famoso di hacker.
Nel periodo dal 22.07.2018 al 14.09.2018, su uno dei siti per adulti che hai visitato, hai preso un virus che avevamo creato noi.
In questo momento noi abbiamo accesso a tutta la tua corrispondenza, reti sociali, messenger.
Anzi, abbiamo i dump completi di questo tipo di informazioni.

Siamo al corrente di tutti i tuoi "piccoli e grossi segreti", si si... Sembra che tu abbia tutta una vita segreta.
Abbiamo visto e registrato come ti sei divertito visitando siti per adulti... Dio mio, che gusti, che passioni tu hai... :)

Ma la cosa ancora piu interessante e che periodicamente ti abbiamo registrato con la web cam del tuo dispositivo, sincronizzando la registrazione con quello che stavi guardando!
Non credo che tu voglia che tutti i tuoi segreti vedano i tuoi amici, la tua famiglia e soprattutto la tua persona piu vicina.

Trasferischi 300$ sul nostro portafoglio di criptovaluta Bitcoin_1DvtPpWyTurqCD7h5WhxJdF6kRvwxTX6KP
Garantisco che subito dopo provvederemo a eliminare tutti i tuoi segreti!
Dal momento in cui hai letto questo messaggio partira un timer.
Avrai 48 ore per trasferire la somma indicata sopra.

Appena l'importo viene versato sul nostro conto tutti i tuoi dati saranno eliminati!
Se invece il pagamento non arriva, tutta la tua corrispondenza e i video che abbiamo registrato automaticamente saranno inviati a tutti i contatti che erano presenti sul tuo dispositivo nel momento di contagio!

Mi dispiace, ma bisogna pensare alla propria sicurezza!
Speriamo che questa storia ti insegni a nascondere i tuoi segreti in una maniera adeguata!
Stammi bene!

Per rendere il tutto ancora più credibile, in alcune di queste e-mail che ho ricevuto era indicata anche una delle mie password.

Profezia

Profezia

Senz’aria non può respirare,
senza Internet non può
neanche più pensare.

Tutto connesso a tutto,
in una grande intelligenza artificiale,
capace d’ogni cosa,
fuorché dell’essenziale.

E’ una grande macchinazione infernale.

La tecnologia è il suo credo e il suo affidamento,
frutto amaro d’una scienza senza orientamento,
che dell’etica ha perso discernimento,
triste schiava d’un neoliberismo fonte di pervertimento:

senza limiti la sua delusione,
quando accadrà
il grande fallimento.

Quel giorno s’accorgerà d’aver perso tutto,
dignità e libertà saranno parole senza senso,
i fallaci algoritmi non saranno più d’aiuto,
ma solo d’ostacolo al suo sostentamento.

Nutrito d’irrealtà incapace d’affetto,
non saprà più ciò che è vivo,
né ciò che è illusione
dell’ingannevole intelletto.

Poi un flusso basaltico,
per ripartire da capo.

(Francesco Galgani, profezia contenuta all'interno della "Religione dell'ultima lotta")

Linus Torvalds: i social media sono il regno della mediocrità, spazzatura che non aiuta

Quanto segue è una mia traduzione, con note, di una piccola parte di un'intervista rivolta a Linus Torvalds, padre di Linux, pubblicata il 2 aprile 2019 alla pagina: https://www.linuxjournal.com/content/25-years-later-interview-linus-torvalds

Per chi non lo conosce, Linus Torvalds è un programmatore, informatico e blogger finlandese, conosciuto soprattutto per essere stato l'autore della prima versione del kernel Linux e coordinatore, per 25 anni, del progetto di sviluppo dello stesso.

Per correttezza, riporto sia il testo originale (in rosso) sia una possibile traduzione (in blu); le note sono in nero.

«[...]

Bob: If you had to fix one thing about the networked world, what would it be?

Bod: Se tu dovessi risolvere una cosa che riguarda il mondo di Internet, quale sarebbe?

Linus Torvalds: Nothing technical. But, I absolutely detest modern "social media" — Twitter, Facebook, Instagram. It's a disease. It seems to encourage bad behavior.

Linus Torvalds: Niente di tecnico. Ma, io detesto assolutamente i moderni "social media" — Twitter, Facebook, Instagram. Essi sono una malattia. Sembrano incoraggiare un cattivo comportamento. (N.d.t.: "social media" in inglese si può usare al singolare o al plurale a seconda dell'accezione, in questo caso Linus usa il singolare per indicare che si sta riferendo ai "social media" come a un fenomeno sociale, e non a uno specifico canale di comunicazione o a uno specifico social network).

I think part of it is something that email shares too, and that I've said before: "On the internet, nobody can hear you being subtle". When you're not talking to somebody face to face, and you miss all the normal social cues, it's easy to miss humor and sarcasm, but it's also very easy to overlook the reaction of the recipient, so you get things like flame wars, etc., that might not happen as easily with face-to-face interaction.

Penso che anche l'email condivida parte di questo problema, e che come ho già detto: "Su Internet, nessuno può capire quando ti stai esprimendo in maniera acuta [cioè quando il senso di ciò che dici va oltre le parole]" (n.d.t.: questa non è una traduzione letterale di "On the internet, nobody can hear you being subtle", frase che Linus Torvalds ha detto in più interviste, ma una mia parafrasi per esplicitarne il significato). Quando non parli con qualcuno faccia a faccia e ti perdi tutti i normali segnali sociali, è facile non comprendere l'umorismo e il sarcasmo, ma è anche molto facile ignorare le reazioni altrui, scatenando guerre fatte di parole offensive o provocatorie (n.d.t., lett.: "flame wars"), ecc., che difficilmente accadrebbero con l'interazione faccia a faccia.

But email still works. You still have to put in the effort to write it, and there's generally some actual content (technical or otherwise). The whole "liking" and "sharing" model is just garbage. There is no effort and no quality control. In fact, it's all geared to the reverse of quality control, with lowest common denominator targets, and click-bait, and things designed to generate an emotional response, often one of moral outrage.

Ma l'email funziona ancora. Devi ancora metterci un po' di impegno per scriverla, e generalmente c'è un po' di contenuto reale (tecnico o di altro genere). L'intero modello fatto di "tocca su «mi piace»" e di "tocca su «condividi»" è solo spazzatura (n.d.t.: questa è una mia libera traduzione di «"liking" and "sharing" model», con cui ho voluto enfatizzare la superficialità del gesto: qui infatti lo "sharing model" a cui fa riferimento Linus riguarda esclusivamente i social network, mentre non c'entra nulla con il ben più impegnativo "modello di condivisione" su cui egli stesso ha basato la creazione e condivisione del suo progetto Linux, modello che richiede enormi sforzi, investimenti e spirito etico). Non ci sono né sforzo né controllo di qualità (n.d.t.: ancora una volta, il fatto che Linus enfatizzi la mancanza di sforzo e di controllo di qualità va a rimarcare la differenza sostanziale rispetto a un vero modello di condivisione, tipico della comunità di programmatori di cui lui fa parte e di cui lui è il leader e il capo, in cui sforzo e controllo della qualità sono alla base della collaborazione). In realtà, è tutto orientato sul modello opposto al controllo di qualità (n.d.t.: qui Linus si sta esprimendo in maniera eufemistica, sta dicendo che nei "social media" il modello prevalente è quello della mediocrità, dei fake, della superficialità, dell'emotività, dell'assenza di pensiero critico, della velocità), con obiettivi di minimo comun denominatore, e "cose che servono a richiamare click" (lett.: "esche di click", in inglese "click-bait" è al singolare perché "bait" è uncountable), e cose progettate per generare una risposta emotiva, che sovente consiste in un oltraggio morale.

Add in anonymity, and it's just disgusting. When you don't even put your real name on your garbage (or the garbage you share or like), it really doesn't help.

Aggiungici l'anonimato, ed è semplicemente disgustoso. Quando non metti nemmeno il tuo vero nome sulla tua spazzatura (o sulla spazzatura che condividi o che ti piace), davvero non aiuta [nessuno].

I'm actually one of those people who thinks that anonymity is overrated. Some people confuse privacy and anonymity and think they go hand in hand, and that protecting privacy means that you need to protect anonymity. I think that's wrong. Anonymity is important if you're a whistle-blower, but if you cannot prove your identity, your crazy rant on some social-media platform shouldn't be visible, and you shouldn't be able to share it or like it.

In realtà sono una di quelle persone che pensano che l'anonimato sia sopravvalutato. Alcune persone confondono la privacy con l'anonimato e pensano che vadano a braccetto, e che proteggere la privacy significhi che è necessario proteggere l'anonimato. Penso che sia sbagliato. L'anonimato è importante se sei uno o una whistle-blower (n.d.t.: negli Stati Uniti, uno o una whistle-blower è una persona che denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda), ma se non riesci a dimostrare la tua identità, il tuo folle sbraitare contro qualcuno (n.d.t.: lett. "crazy rant") su qualche piattaforma social-media non dovrebbe essere visibile, e non dovresti essere in grado di condividerlo o di indicare che ti piace.

[...]»

traduzione di Francesco Galgani, 21 aprile 2019

Una carezza può salvare la vita, la tecnomediazione no

Abbiamo letto una notizia che ci ha toccato il cuore:
«Sedicenne si uccide dopo sondaggio su Instagram - La maggioranza dei follower le ha consigliato di farlo»

La notizia, di per sé, fa rabbrividire. Ma ancora di più fa rabbrividire il livello di persuasione e pervasività raggiunto da questi social media. «[…] Oggi i comportamenti dell’essere umano sono condizionati dalla tecnologia della “iperconnessione” (tutto e tutti connessi in Rete sempre), che è sia persuasiva, cioè in grado di influenzare, se non addirittura determinare, idee e comportamenti, sia pervasiva, nel senso che tende a diffondersi in modo penetrante, così da prevalere e dominare nelle vite individuali, nelle relazioni sociali, nel lavoro, nell’economia e nella politica […]» (tratto da “L'Era della Persuasione Tecnologica ed Educazione all'Uso della Tecnologia”).

Quando si tratta di vita e di morte, l'intermediazione digitale può fare solo danni. Più in generale, comunicare online nella situazione attuale è solo dannoso, se nessuno più ascolta l'altro. E per ascoltare l'altro ci vuole affetto. E l'affettività non nasce da una migliore tecnologia. In un rapporto a tu per tu, certe dinamiche distruttive, aggressive e violente difficilmente accadrebbero con la stessa facilità con cui accadono nei mondi virtuali, falsamente percepiti come reali.

Forse una carezza avrebbe salvato la vita alla sedicenne. E questo gesto di affetto reale non è nelle possibilità della tecnologia. «[…] quel “nutrimento affettivo” di cui ha un gran bisogno l’essere umano non può essere mediato da alcuna tecnologia (computer, telefono o altro) […] La vita è imprevedibile, incerta, complessa, la tecnologia si propone di semplificarla, ma in tale semplificazione può portar via quanto di più umano ci sia; maggiore è l’allontanamento dalla natura, maggiore sarà la devitalizzazione dell’essere umano. La tecnologia “ruba” energia, tempo, possibilità alle relazioni umane. […]» (tratto da Solitudine e Contesti Virtuali).

La tecnologia di fronte alla sacralità della vita è impotente oppure dannosa. Il mistero della vita non può essere svelato dalla tecnologia.

La vita, nonostante tutte le sue fragilità, deve prevalere sulle illusioni tecnologiche. Confondere la vita tra il reale e il virtuale non porta ad una vita migliore.

La vita è la vita. Il mistero della vita va accettato e rispettato così come è.

La meraviglia della vita che ci è stata data deve permanere nella propria condizione esistenziale, qualunque essa sia.

«Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato» (Pasolini)

Giulio Ripa e Francesco Galgani,
18 maggio 2019

La morte del prossimo grazie a Internet (intervista a Luigi Zoja)

Solitudine, Internet, Social Network, SmartphoneLa televisione, i computer e i social network ci stanno uccidendo.

«I social network sono passati dall'essere concepiti come una sorta di facilitatori relazionali – in particolare per quelle persone che hanno più difficoltà a entrare in contatto con gli altri nella vita reale – al rappresentare uno dei principali ostacoli alla relazione» (come ha scritto Antonio Salvati, nell'articolo "Social e solitudine: una correlazione?").

Notizie recenti eclatanti riguardano il suicidio di una ragazza motivato dal fatto di non aver ricevuto nessun like ad una sua foto (fonte: "Posta foto senza ricevere like, ragazza si uccide"), sia il suicidio di un'altra ragazza motivato dal fatto che ad un suo sondaggio su Instagram, in cui lei chiedeva se si dovesse togliere la vita o no, la maggioranza dei votanti ha risposto sì (fonte: "«Devo morire?». Sedicenne lancia sondaggio su Instagram, vince il sì e lei si uccide").

Qualcuno ricorda il video "La società dei like" di Mauro Scardovelli? L'ho riportato nell'articolo "Facebook è patologia degli affetti, patologia delle emozioni, patologia delle relazioni... e quindi patologia del pensiero".

Dal mio punto di vista, televisione e social network sono sia la grande rappresentazione di una malattia mentale grave e generalizzata, sia causa essi stessi di malattia personale e sociale in coloro che da questi mezzi si lasciano risucchiare. Da entrambi questi medium ne deriva sia una deformazione patologica e deviante della percezione della realtà, sia una sorta di drogaggio collettivo comunemente accettato come “normale”. Se oggi una persona si coltiva nel giardino di casa una pianta di marijuana viene additata e messa alla gogna pubblica, se invece passa ore davanti alla televisione o attaccata ai social del telefonino (l’effetto drogante è simile, anzi peggio) nessuno dice niente. Non sto parlando in senso eufemistico, ma tremendamente concreto: a dimostrazione delle gravi implicazioni sia psicologiche che neurologiche, uno studio ha dimostrato che la “dipendenza da Internet” (che oggi è la “normalità”, proviamo a vedere quante persone sono disposte a star fuori da Whatsapp, Facebook, Instagram, Twitter e app analoghe) provoca modificazioni cerebrali simili a quelle che si ottengono in caso di alcolismo o dipendenza da droghe quali eroina, cocaina, marijuana, metanfetamina e ketamina (fonti: "Internet addiction changes brain similar to cocaine: Study" e "Abnormal White Matter Integrity in Adolescents with Internet Addiction Disorder: A Tract-Based Spatial Statistics Study").

La violenza in contesti virtuali (nient’altro che parole e/o immagini sullo schermo) può avere effetti tragici, fino a spingere al suicidio reale, come nel caso del cyberbullismo, che spaventa i ragazzi più della droga e delle molestie perché è percepito al pari di aggressioni reali (secondo l'Ordine degli Psicologi del Piemonte, fonte: "Il cyber-bullismo spaventa i ragazzi, allarme degli psicologi: in Rete troppe aggressioni").

Su questi temi, rimando alla mia tesi di laurea “Solitudine e Contesti Virtuali”, che tratta estesamente queste problematiche, con tutti gli opportuni riferimenti scientifici.

Qualcuno ricorda cosa disse Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente Facebook, in una famosa intervista pubblica in cui invitò calorosamente tutti a non usare più Facebook, definendolo una merda? «[...] Letteralmente siamo arrivati ad un punto, oggi, dove credo che abbiamo creato strumenti che stanno disintegrando il tessuto sociale su cui è basata la Società. E io vorrei incoraggiare voi tutti, quali futuri leader del mondo, a prendere veramente coscienza di quanto questo sia importante. Se tu nutri la bestia, quella bestia ti distruggerà! Se invece la respingi, abbiamo la possibilità di controllarla e rimetterla al suo posto. [...]» (trascrizione integrale dell'intervista nell'articolo "Posso controllare le mie decisioni (cioè non usare quella merda di Facebook) - Chamath Palihapitiya, ex vicepresidente di Facebook").

Anche Linus Torvalds, uomo assai noto perlomeno tra coloro che amano Linux, è stato molto diretto, ne ho riportato un'intervista nell'articolo: "Linus Torvalds: i social media sono il regno della mediocrità, spazzatura che non aiuta".

Si è molto più soli nell'era social. Ma la felicità è nella relazione. Anzi, la vita è nella relazione. A proposito: «Complessivamente la condizione prevalente è la solitudine: una realtà sociale rivelatrice dell’assenza di comunità, come avviene per gli anziani, una porzione così importante della nostra società. L’allungamento della vita realizza un sogno antico dell’umanità: frutto del miglioramento delle condizioni di vita. Il dramma è però la solitudine degli anziani, perché non solo – con gli anni - si rarefà il tessuto sociale e familiare, ma perché, per continuare a vivere nel proprio ambiente o casa propria, si ha necessità vitale di prossimo. E’ difficile, impossibile, vivere soli da vecchi: dice il proverbio “anche la regina ha bisogno della vicina”. Insisto sulla condizione di vita degli anziani perché, per me, si tratta un elemento rivelatore della qualità di una società o di una civiltà. Mostra un processo contraddittorio: la conquista della longevità è un sogno realizzato, ma anche una fragilità.» (Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, citato in: "Social e solitudine: una correlazione?")

Qui di seguito lascio la parola a Luigi Zoja, psicoanalista jungiano (biografia) e autore del libro “La morte del prossimo”, che inizia così: «Ama Dio e ama il prossimo, diceva il comandamento. Ma già per Nietzsche Dio era morto. E il prossimo? Nel mondo pre-tecnologico la vicinanza era fondamentale. Ora domina la lontananza, il rapporto mediato e mediatico. Il comandamento si svuota. Perché non abbiamo più nessuno da amare».

Buon ascolto dell'intervista,
buone riflessioni,
Francesco Galgani,
13 settembre 2019  

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[Censura] I social (Facebook, Twitter, Instagram, Youtube) violano i diritti umani e la Costituzione Italiana

Le persone di solito si sentono libere di esprimersi sui social network, considerandoli uno spazio comune. Il problema è che, dal punto di vista sia giuridico sia sostanziale, questi grandi mezzi di comunicazioni sono tutto fuorché pubblici, liberi e men che mai democratici: eludono le nostre leggi e ogni spazio di libertà e di rispetto dei diritti umani. Per l’appunto, è notizia di questi giorni che Facebook istituirà una sorta di Corte Suprema interna per decidere in maniera inappellabile (senza processi, senza tribunali, senza avvocati difensori) sulle questioni relative alla libertà di espressione. Stesso discorso per tutti gli altri attori del potere mondiale tecnocratico, ad es. Google, che può decidere in maniera unilaterale e senza bisogno di giustificarsi cosa può stare sulle sue piattaforme e cosa no.

In questi ultimi giorni Facebook ha chiuso (sul suo omonimo social e su Instagram) le pagine di Casapound e dei relativi associati, di Forza Nuova e dei relativi associati, di Diego Fusaro e del suo nuovo partito Vox Italia, e di un museo curato da Vittorio Sgarbi. Da notare che le motivazioni addotte sono irrilevanti (e nei casi specifici pure sbagliate): il problema di fondo è che i social, come nei casi citati, si stanno sostituendo allo stato di diritto e alla nostra Costituzione, il cui art. 21 comanda: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». L'articolo costituzionale, dove fa riferimento a divieti e sequestri, si riferisce sempre all'autorità giudiziaria e alle leggi dello Stato: i social, invece, si comportano impunemente come se essi stessi fossero l'autorità giudiziaria, la polizia, e lo stato.

Il fascismo, con Mussolini, si era impadronito dello stato italiano, governando con una dittatura che non lasciava nessuna possibilità di opposizione. Facebook, una multinazionale privata che possiede non solo l’omonimo social, ma anche Instagram e Whatsapp, invece si è impadronita dell'anima di miliardi di persone, governando con la seduzione della tecnologia che non lascia alcuna possibilità di opposizione (seduzione che fa innanzitutto leva sul narcisismo e, in generale, sulle forze distruttive dell'ego umano). E quel che è peggio è che oggi le persone sarebbero disposte a morire pur di difendere l’esistenza e l’uso delle tecnologie a cui sono abituate, mentre è assai più difficile che muovano un dito per difendere i propri diritti umani e la nostra Costituzione Italiana.

In tutte le pagine del mio blog compare il pulsante "You won't find me on Facebook"You won't find me on Facebook, che rimanda all'articolo "Riflessioni su Facebook", in cui, tra le altre cose, ho scritto che «[...] I social network sono molte cose e sovente spingono le persone a chiudersi in un mondo sempre più ristretto, gestito da algoritmi su cui non hanno alcun controllo. I social network sono un esempio di psicologia applicata alle masse, una dimostrazione di come sia possibile ingannare milioni di persone, facendole sentire libere dopo aver messo loro guinzaglio e paraocchi. Sono una sorta di droga, tossica come la cocaina e l'eroina e con danni ad esse equiparabili. I più danneggiati sono i giovani, che sono la speranza e il futuro di questo mondo. [...] Nel frattempo, l'intento di Facebook per allargare il proprio dominio, il proprio controllo e il proprio business è chiaro: rendere il web sempre più simile a Facebook, perché tutta la connettività delle persone "deve" (?!) iniziare con Facebook e finire con Facebook. I numeri dimostrano che in effetti questo è ciò che la massa degli internauti desidera [...] Molti si sentirebbero persi senza Facebook, come se un proprio pezzo di vita venisse meno. [...]». 

Cinque anni fa scrissi l'articolo "Facebook NON è democrazia: l'auto-censura e la censura vera e propria", a cui rimando perché nel momento in cui scrivo (settembre 2019) è ancora attuale e, in prospettiva futura, continuerà ad esserlo (con l'aggravante che gli spazi per esprimersi liberamente si stanno riducendo sempre di più).

Ma andiamo ancora più indietro nel tempo. Torniamo a quello che Guido Scorza scrisse ben nove anni fa, nel settembre 2010, in un articolo dal titolo "Facebook e l'illusione della libertà": «Il gigante di Zuckerberg nelle condizioni generali relative all’utilizzo delle sue pagine , al punto 1, racconta che le pagine sono uno strumento per promuovere organizzazioni e campagne anche politiche ma, poi, al punto 4, aggiunge “Quando l’utente pubblica contenuti o informazioni su una Pagina, noi non siamo obbligati a distribuire tali contenuti o informazioni agli altri utenti”.
“Noi non siamo obbligati”. Non c’è criterio, non c’è regola, non c’è un elenco di divieti, non c’è nulla di nulla che limiti la discrezionalità del “padrone di casa” – e non già, semplicemente, del portiere della piazza virtuale – di decidere quali organizzazioni – anche politiche – hanno diritto di cittadinanza e parola nella comunità globale che amministra e quali campagne, poco importa se ideologiche, sociali o politiche, possano esservi combattute e quali no, né sino a quando ciò sia possibile»
.

Ad ogni modo, sembra che la lezione non sia mai stata imparata: chi usa Facebook (e gli altri social) ne accetta le condizioni, per poi lamentarsene solo nel caso in cui scopra di esserne coinvolto direttamente, ad es. con la chiusura del proprio account o con la cosiddetta "censura morbida", che sostanzialmente significa che il proprio account rimane attivo ma gli altri utilizzatori di Facebook non vedranno i propri post (un esempio di censura morbida è raccontato nel video riportato in calce, oltre ad altri casi di censura vera e propria).

Nel titolo dell'articolo ho citato i social più noti e popolari almeno in occidente (Facebook, Twitter, Instagram, Youtube), per sottolineare che il problema è lo stesso per tutti quanti. A ciò va aggiunto che, nel corso degli anni, ogni tanto compaiono notizie di chi ha perso il proprio lavoro (dai commessi nei negozi fino ai docenti universitari) per aver scritto qualcosa su qualcuno di questi social (in Italia). Nel resto del mondo, invece, un commento online può costare anche il carcere, la tortura o altre barbarie (frustrate, decapitazioni, ergastoli, ecc., anche a persone giovanissime). Il video riportato in calce racconta anche il caso di un docente italiano che ha perso il lavoro per un tweet.

Come aveva scritto Fabio Chiusi, quasi quattro anni fa, nell'articolo "Censura, sorveglianza, violazione dei diritti: web sempre meno libero, anche nei paesi democratici": «[...] La nuova (ma non nuovissima, a dire il vero) tendenza individuata da Freedom House come caratteristica degli ultimi dodici mesi si applica anche ai paesi democratici: quando non censurano direttamente, è sufficiente per i governi obbligare i soggetti privati che mediano le nostre comunicazioni - i fornitori di servizi e contenuti - a farlo al posto loro. [...]».

Oggi ci sono molti movimenti rivoluzionari. Secondo la mia opinione, la prima azione rivoluzionaria sarebbe quella di esistere al di fuori dei social, perché se è vero che ciò che conta è il messaggio, altrettanto importante è il mezzo usato per portare tale messaggio.

I social intrappolano le persone in una gabbia per matti, controllati dall'arroganza di algoritmi che sono così "intelligenti" da passare come un carro armato sulla testa delle persone. Questo è solo l'antipasto di una società che delega la propria intelligenza alle macchine, senza nemmeno essere sfiorata dal dubbio che l'intelligenza artificiale non avrà mai una sua "umanità", ma è solo il risultato di un calcolo che fa un algoritmo senz'anima. A proposito, qualcuno ricorda la mia poesia "Profezia"? Si trova anche all'interno della Religione dell'Ultima Lotta.

Eppure la soluzione esiste: uscire dai social, perché oltre ad essere inutili e dannosi per il benessere individuale e sociale, calpestano sistematicamente i nostri diritti umani. I social, infatti, favoriscono il deterioramento della qualità della vita e dei rapporti umani, in primis perché il nutrimento affettivo di cui l’essere umano ha un innegabile e a volte disperato bisogno non può in alcun modo essere mediato dalla tecnologia (cfr. "La tecnologia “ruba” energia, tempo, possibilità alle relazioni umane", par. 3.4 della mia tesi di laurea "Solitudine e Contesti Virtuali").

Prima o poi ci renderemo conto, come specie vivente, che i social non sono la nostra casa comune? Casomai lo è il pianeta Terra, quello fisico intendo, non quello in stile Second Life. Qualcuno si ricorda il "Decalogo Slow-Internet" di Giulio Ripa? Magari è il momento di rileggerlo. A proposito, questo è il link al suo archivio.

Il video seguente, di Claudio Messora, è tratto dal servizio di ByoBlu "L'era della grande censura virtuale":

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Quest'altro video, che completa sia questo mio articolo sia il precedente video, con un quadro storico dell'evoluzione di Internet dal punto di vista del potere politico, finanziario e militare è anch'esso tratto da ByoBlu, dal servizio "CONTROLLATI SOCIALI: dentro alla "Global Communication". Glauco Benigni":

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Francesco Galgani,
26 settembre 2019

Big Brother Awards 2018: la peggior minaccia nazionale sono le leggi approvate dal Parlamento Italiano???

Avvertenza:

Secondo la mia opinione, le leggi approvate dal Parlamento possono essere una minaccia per la sicurezza nazionale a causa degli atti incostituzionali e contrari alla giustizia sociale e alla dignità umana che dal Parlamento vengono legalizzati (a causa di spinte che provengo da poteri esterni allo Stato), tra cui, nello specifico, la legge citata nell’articolo sotto riportato. Molte leggi approvate dal Parlamento sono contrarie alle Leggi costituzionali. A causa di questa deriva antidemocratica, il comportamento di chi siede in Parlamento può essere una minaccia per la sicurezza nazionale, fermo restando che il Parlamento, in quanto istituzione, avrebbe ben altro ruolo.

Mi spiego meglio: il Parlamento dovrebbe proteggere la Nazione e non arrecarle danno, come invece solitamente accade. E ciò accade perché coloro che siedono in Parlamento spesso non hanno come massima priorità quella del bene comune. Ciò che i parlamentari sovente fanno, almeno secondo la mia opinione, è vilipendio alla Costituzione, quantomeno dal punto di vista morale (visto che da quello legale io non posso pronunciarmi). Se la Costituzione fosse applicata, allora il Parlamento sarebbe come un padre e una madre che proteggono i loro figli, ma raramente questo accade. Suggerisco, a tal proposito, una visione del video "Tradita la Costituzione Italiana", di Giulio Ripa (link al suo archivio).

Spero che questa mia considerazione rientri nella libertà di opinione e di espressione del pensiero, perché se così non fosse allora ciò confermerebbe che coloro che si trovano a prender decisioni per le massime istituzioni dello Stato Italiano sono la peggior minaccia per lo Stato stesso.

Concludo questa premessa su cosa intendo per "deriva antidemocratica": uno degli aspetti della democrazia è quello di ascoltare tutti con calma e pacatezza prima di prender decisioni, cercando di raggiungere un livello di intelligenza e di comprensione dei problemi che superi quello della singola persona. I padri costituenti hanno fatto questo, ascoltandosi l'uno l'altro e arrivando a capire cosa fosse nell'interesse comune, a prescindere dagli orientamenti politici di parte. Quindi la democrazia costituzionale è inclusiva, perché comprende tutti, e non ha paura del popolo, ma è al servizio del popolo. C'è democrazia quando anche l'ultima della casalinghe, l'ultimo degli operai, l'ultimo dei disoccupati potrà essere ascoltato ed essere preso in considerazione nel momento in cui un rappresentante dello Stato dovrà prendere una decisione.

La democrazia è qualcosa che facciamo insieme, giorno per giorno, o che distruggiamo insieme, giorno per giorno, perché il problema non è solo cosa accade in Parlamento, ma anche cosa accade nella vita quotidiana di ciascuno di noi quando ci relazioniamo con altre persone.


sito di riferimento: http://www.bigbrotherawards.org/

Il Big Brother Awards, detto semplicemente BBA, è un premio «in negativo» che da anni viene assegnato in tutto il mondo a chi più ha danneggiato la privacy.
Purtroppo la maggioranza dei cybernauti è ormai convinta che parlare di libertà e diritti civili in Rete sia inutile perché il tecnocontrollo sociale è una realtà così largamente accettata che è quasi inutile opporvisi.
Il BBA si propone proprio di riportare l’attenzione del popolo del web, su coloro che attivamente o passivamente contribuiscono a questa situazione, abbastanza allarmante.
Qui sotto ecco i vincitori dei BBA Italia del 2018.

Vincitori dei Big Brother Awards Italia 2018

RISCHIO TECNOLOGICO
Assegnato alla nuova tecnologia più rischiosa per i cittadini digitali.
Il premio 2018 viene assegnato congiuntamente a:

  • Amazon AWS IoT Services
  • Google Cloud IoT
  • Particle Industries, Inc.

Queste tre aziende sono attualmente i leader tecnologici e di mercato per la fornitura di servizi cloud per l’IoT (acronimo che significa «Internet delle cose»).
Si tratta di servizi di sviluppo e gestione offerti a coloro che intendono realizzare oggetti IoT, atti a velocizzare il processo di sviluppo di un prodotto, ma contemporaneamente veicolano tutti gli enormi flussi di dati che gli oggetti IoT generano attraverso la piattaforma del fornitore di servizi.

Ciò permette di analizzare con tecniche di Big Data Analysis e Deep Learning i flussi di dati e di creare profili normali/psicografici dei possessori di uno o più oggetti IoT. Mentre questo potere può essere in parte ceduto, vendendolo a chi ha realizzato gli oggetti, l’enorme potere di analizzare l’interezza dei dati di tutti gli oggetti IoT in qualunque modo possibile viene detenuto dal fornitore di servizi.

L’analisi di questi flussi di dati conferisce un potere di profilazione e tecnocontrollo maggiore di quello oggetto dell’affaire Facebook/Cambridge Analitica. Un potere enorme, che può essere limitato, anzi autolimitato, solo dalle condizioni di servizio decise unilateralmente dai fornitori di servizi stessi; tuttavia, tutti questi fornitori non pubblicizzano molti particolari su questo aspetto.
Considerando che qualsiasi limitazione che il fornitore si imponesse autonomamente comporterebbe la perdita di un affare estremamente redditizio, ci si può domandare se delle autolimitazioni verranno poste in essere in futuro.
Per questi motivi i vincitori, quali rappresentanti più significativi di tutta l’industria dell’IoT, vincono meritatamente il Big Brother Award di Rischio Tecnologico.

MINACCIA NAZIONALE
Assegnato per la più grave decisione pubblica o manipolazione dell’informazione fatta da un ente pubblico o da un suo rappresentante.

  • Parlamento della Repubblica Italiana

 (firmatari legge Walter Verini, Mara Mucci, Giuseppe Berretta)

La quantità di dati generati da ogni persona nella società dell’informazione è enorme e la conservazione dei dati per finalità di giustizia richiede un delicatissimo bilanciamo fra “sicurezza e privacy”.
Questo bilanciamento è saltato completamente quando in Italia è stata approvata una normativa che estende in modo indiscriminato la conservazione di dati di traffico telematico e telefonico alla durata di 6 anni. Legge incompatibile con l’ordinamento comunitario, che porterà a certe procedure da parte della UE (Rif. Sentenza Tele2). Legge duramente criticata dal Garante della Privacy Italiano, da tutti gli attori della società civili nonché da autorevolissimi giuristi. Legge introdotta con l’inganno, come confermato da numerosi parlamentari, come sub-emendamento di un articolo di recepimento di direttiva europea sulla sicurezza degli ascensori all’interno di un pacchetto legislativo di recepimento di variegate direttive europee (“Legge Europea 2017”). Legge che oggi pone l’Italia unica in Europa in una condizione di sorveglianza massiva, soprattutto guardando alle modalità di raccolta di dati di traffico telematico effettuati da parte degli operatori mobili con metodiche di CGNAT, ovvero quelle metodiche che portano alla registrazione di tutti i siti visitati dai propri utenti.

Un cittadino italiano nel 2023 non ricorderà sicuramente quale sito avesse visitato l’8 giugno 2018 alle ore 18.15. Ma lo stato italiano si.
Tenendo conto di tale grave, ampia e indiscriminata condizione di lesione dei diritti civili dell’intera popolazione residente nello stato Italiano, si conferisce il premio Minaccia Nazionale al Parlamento della Repubblica ed in particolare ai firmatari della legge in oggetto, Walter Verini, Mara Mucci e Giuseppe Berretta.

MINACCIA DA UNA VITA
Assegnato a chi ha meritato per più anni consecutivi uno dei premi precedenti:

  • Facebook

In un mondo in veloce cambiamento poche aziende avrebbero potuto rimanere sulla cresta dell’onda per anni e anni riuscendo a sviare, rimandare, procrastinare sempre l’adozione di misure minime di rispetto dei propri utenti e della loro privacy.
Facebook ci è riuscita e merita un premio speciale alla carriera per essere restata sempre fedele alla propria intima natura di violatore, molestatore, minacciatore dell’identità digitale dei cittadini nascondendo dietro un contratto di servizio e delle fantomatiche regole sociali della comunità la violazione dei più basilari diritti all’identità e dignità dei cittadini.

Gli scandali recenti hanno però portato il fondatore a mostrare con disarmante candore la vera faccia di Facebook in un’audizione pubblica al Congresso degli Stati Uniti (da notare che in Europa l’equivalente audizione è stata tenuta a porte chiuse, perché noi europei non abbiamo diritto alla conoscenza, potrebbe farci male) la reale natura del network: non essere sociale ma… «Senator, we run ads». Fanno pubblicità, tutto qui, e senza neppure lo sforzo di investire nella realizzazione di un contenuto accattivante ma semplicemente proponendo in modo selettivo ad ogni proprio utente ciò che solletica di più le sue risposte meno mediate, e lo tiene attaccato praticamente un grande distributore di odio di scala planetaria.

Cari utenti di Facebook, voi non siete il loro prodotto: è la parte peggiore di voi, l’odio, l’invidia, il disprezzo, il risentimento, l’intolleranza, che gli algoritmi di Facebook selezioneranno accuratamente per mostrarli a chi più verrà offeso da questo. Lo chiamano engagement: è l’apoteosi della brutalità e dell’inciviltà.

Fine. Questo era l'essenziale. L'articolo originale è qui: https://bba.winstonsmith.org/

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
4 ottobre 2019

Web: si sta come d'autunno sugli alberi le foglie...

Si sta come d'autunno sugli alberi le fogli (Ungaretti)Se segui questo blog, avrai notato che nell'ultima settimana ci sono stati problemi di accesso, con cinque giorni completamente offline.

Adesso è tutto risolto.

Si è trattato di un attacco informatico che mi ha costretto a cambiare server e a prendere congrue misure.

Ci sono molti modi di limitare la libertà di espressione e la propria presenza online, oltre a causare danni economici, tra cui questo.

Comunque mi ritengo fortunato e anche sufficientemente organizzato.

Chi invece si è visto chiuso il proprio account sui social senza alcun motivo dichiarato e senza alcun appiglio legale per rivendicare il proprio pseudo-diritto inesistente di stare su Facebook, Instagram o affini (cioè in casa altrui), non ha modi di difendersi né un tribunale a cui appellarsi. Ne sa qualcosa un mio amico.

Altre volte bastano poche distrazioni a cancellare in pochi secondi anni di lavoro. Anzi, a volte si cancellano da soli, quando crediamo che il computer stia copiando i nostri files e invece li sta cancellando... pure questo lo sa un mio caro amico. E lo so anch'io, in tanti anni passati davanti a tastiera e monitor me ne son successe di tutte.

E cosa dire delle aziende private e degli enti pubblici che ogni tanto perdono pezzi dei propri archivi a causa di un malware distruttivo?

Così funziona il web e in generale il mondo dell'informatica,
precario come le foglie d'autunno,
direbbe Ungaretti.

Anzi, così funziona la vita.

Francesco Galgani,
8 novembre 2019

Crimine 5G, Internet delle Cose: un quadro ampio, con articoli, video, bibliografia scientifica, appelli di scienziati

Aggiornamento 25 novembre 2019: in calce, oltre al servizio di Report, ho incluso anche il documentario di James Corbett "La gabbia del 5G" (The 5G Dragnet) (fonte), con sottotitoli in italiano a cura di PandoraTV.


Siamo ostaggi della tecnologia? Cosa ci aspetta con il 5G? E già attualmente cosa sta accadendo?

Lo scopo di questo mio articolo è di fornire spunti di approfondimento da varie angolazioni.

In calce riporto il servizio integrale di Report "Dammi il 5", trasmesso su Rai Tre il 18 novembre 2019. Sul sito della Rai è riportata solo una parte del servizio (di circa mezz'ora, link), quella da me qui riportata è invece la registrazione completa.

Aver visto questo servizio, molto interessante seppur concentrato solo un aspetto della questione, mi ha fatto tornare a mente i numerosi articoli che nel corso degli anni ho già pubblicato nel blog, tra cui "Datagate", "Rete Padrona - Zero Privacy", e molti altri.

Secondo me, merita di essere visto perché è l'ennesima conferma di come i nostri smartphone siano già adesso un collare strozzante, per non parlare poi dello scenario apocalittico che ci aspetta con il 5G.

Il servizio di Report è incentrato quasi esclusivamente sul tema della privacy e dello spionaggio, rivelando fatti, aziende e procedure dello Stato e delle relazioni tra Stati che in parte ignoravo. E' impressionante la facilità con cui il controllo della vita privata altrui sia facilmente realizzabile e, ormai, alla portata di chiunque, con possibilità di difesa quasi nulla.

Report, però, non indaga gli aspetti psicologici, sociali e persuasivi della tecnologia, che sono parte imprescindibile del problema (rimando a: "Solitudine e Contesti Virtuali", "L'era della persuasione tecnologica", "L'oscuro desiderio di essere sempre connessi"), né osa entrare nello specifico della follia imperante che ha portato due persone intervistate all'interno di questo servizio a esprimersi così:

«Tra dieci anni saremo più felici» (riferito alla futura onnipresenza e onniscenza della tecnologia con il 5G e già immaginando un possibile futuro 6G)

«Lei vuole rimanere indietro?» (risposta di un intervistato alla domanda della giornalista «Dobbiamo rincorrere la tecnologia?»).

Queste due affermazioni, di per sé, sarebbero più che sufficienti per aprire un serio dibattito filosofico e spiriturale sulla natura umana che, purtroppo, manca tra coloro che prendono decisioni che hanno un impatto decisivo, e fortemente negativo, sul destino di tutti noi.

Comunque, l'attuale andazzo tecnologico sicuramente non crea felicità, anzi, sta creando tutte le premesse per la nostra apocalisse individuale e collettiva. Qualcuno ricorda la Profezia? Qualcuno ha letto e compreso la Religione dell'Ultima Lotta, in cui tale Profezia è contenuta?
Ho scritto alcune mie riflessioni sulla felicità in varie occasioni, riprendendo anche ciò che hanno scritto alcuni grandi maestri (ad es. questo articolo in cui cito il Vangelo Esseno della Pace, e quest'altro articolo in cui provo a farne un'analisi ermeneutica), però mai ho avuto modo di pensare che la tecnologia possa essere di aiuto per essere più felici. La tecnologia, come spesso ha detto il mio caro amico Giulio Ripa (link), non risolve i problemi esistenziali, ma al massimo li sposta ad un altro livello.

Nell'illustrare quanto siamo ostaggi della tecnologia, il servizio di Report omette non solo di illustrare, ma persino anche solo di accennare quanto il 5G sia criminalmente dannoso per la salute di tutti i viventi, creando problematiche serissime su tutto il pianeta. Non mi riferisco solo al fatto, come scrissi nella poesia "Dio virtuale, deficienza reale", che stiamo facendo una strage di alberi per il 5G, ma alle numerose ricerche scientifiche che sollevano serissime perplessità sul fatto che andare nella direzione del 5G sia una scelta assennata. «Ma Lei vuole rimanere indietro?»: appunto, questo è il problema. Chi dice così, però, non ha ben chiaro che è meglio non proseguire lungo una strada se questa si conclude con un precipizio.

A titolo informativo, giusto per dar voce a chi può esprimersi in maniera più autorevole e con cognizione di causa rispetto a me, riporto a questo link un documento (in inglese con traduzione in italiano a fianco), firmato da 180 scienziati e dottori di 36 nazioni (tra cui 35 italiani, elencati a pag. 8 e 9), datato il 13 settembre 2017, i quali chiedono una moratoria per il 5G. Il sito ufficiale di riferimento è: http://www.5gappeal.eu/

La richiesta di moratoria inizia così:

«Noi sottoscritti, più di 180 scienziati e medici provenienti da 37 paesi, proponiamo una moratoria per il roll-out [lancio sul mercato, n.d.t.] della quinta generazione - la 5G - della telecomunicazione, fino a quando i potenziali pericoli per la salute umana e l'ambiente saranno stati completamente studiati da scienziati indipendenti dall'industria. La tecnologia 5G aumenterà notevolmente l'esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza (RF-EMF) rispetto alla 2G, 3G, 4G, Wi-Fi, ecc. già esistenti. RF-EMF sono state dimostrate dannose per l'uomo e per l'ambiente. [...]»

Il documento prosegue illustrando le problematiche e riportando link di approfondimento. A tal proposito, segnalo che ByoBlu ha pubblicato alcuni importanti video di approfondimento sul 5G: https://www.byoblu.com/tag/5g/

Cercando in Rete, ho notato che, sebbene sia quasi invisibile la moratoria sopra riportata (almeno nei siti in italiano), qualcosa si sta muovendo a tutela della salute pubblica (ovvero contro il 5G) in realtà locali, soprattutto comuni, mentre a livello nazionale c'è il solito "alto tradimento" del bene comune (ovvero il solito prostituirsi alle multinazionali). Comunque, giusto per completare il quadro e riprendendo un tema spesso citato dal giornalista Giulietto Chiesa (autore di Pandora TV), la minaccia del 5G non viene solo dal basso (con le antenne ogni 100m o poco più), ma anche dall'alto. Sul sito https://www.5gspaceappeal.org/, scopriamo che c'è un altro appello per lo stop del 5G sia nella terra sia nello spazio (qui la traduzione italiana), che inizia così:

«Noi sottoscritti scienziati, medici, e organizzazioni ambientaliste e cittadini provenienti da 204 paesi, chiediamo urgentemente l'arresto della diffusione della rete wireless 5G (quinta generazione), incluso il 5G dai satelliti spaziali. Il 5G aumenterà in modo massiccio l'esposizione alle radiazioni a radiofrequenza (RF) sulle reti 2G, 3G e 4G per le telecomunicazioni già installate. E’ dimostrato che le radiazioni RF sono dannose per l'uomo e l'ambiente. Lo spiegamento del 5G costituisce un esperimento sull'umanità e sull'ambiente, definit o come un crimine secondo il diritto internazionale. [...]»

Più avanti leggiamo:

«[...] Ciò che non è sufficientemente conosciuto è che questo comporterà anche cambiamenti ambientali senza precedenti su scala globale. E’ impossibile prevedere quale sarà la densità pianificata per i trasmettitori di radiofrequenza. Oltre a milioni di nuove stazioni base 5G sulla Terra e 20.000 nuovi satelliti nello spazio, 200 miliardi di oggetti trasmittenti, secondo le stime, faranno parte dell'”Internet delle cose” entro il 2020, e un trilione di oggetti solo pochi anni dopo. A metà del 2018, il 5G commerciale a frequenze più basse e velocità più basse è stato utilizzato in Qatar, Finlandia ed Estonia. La distribuzione del 5G a frequenze estremamente elevate (onde millimetriche) è prevista per la fine del 2018. Nonostante il diffuso negazionismo, l'evidenza che le radiazioni a radiofrequenza (RF) siano dannose per la vita è già lampante. L'evidenza clinica di esseri umani malati, prove sperimentali di danni a DNA, cellule e sistemi di organi in un'ampia varietà di piante e animali, e prove epidemiologiche che le principali malattie della civiltà moderna - cancro, malattie cardiache e diabete - sono in gran parte causate da inquinamento elettromagnetico, costituiscono una base di letteratura di oltre 10.000 studi peer-reviewed. [...]»

Questo appello appena citato è preciso e riporta un'estesa bibliografia anche scientifica. Quindi, chi vuole approfondire è benvenuto. Purtroppo è evidente che, sebbene molti comuni possano opporsi al 5G, non possono fare nulla contro le decine di migliaia di satelliti sopra il capo.

Dopo tutte queste premesse, riporto qui di seguito il video di report e, sotto, il documentario "La gabbia del 5G".

Buoni approfondimenti,
Francesco Galgani,
22 novembre 2019

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Ricerca Alternativa (motore di ricerca)

Segnalo ai miei lettori:

RICERCA ALTERNATIVA
https://ricercaalternativa.mydissent.net/

Respect PrivacySi tratta di un piccolo motore di ricerca etico, rispettoso della privacy, da me messo online, che estrapola i dati da circa un'ottantina di fonti, tra cui i principali motori di ricerca (Bing, Google, Reddit, Wikipedia, Yahoo, Yandex). L'utente è rispettato al massimo: nessun tracciamento, nessuna raccolta dati, nessuna profilazione, nessuna pubblicità, nessun log. La ricerca di immagini è proxata, in modo che nessun dato dell'utente sia visibile a terzi.

Diversamente da Google e dagli altri motori di ricerca, ogni risultato fornisce un link diretto al sito di destinazione, piuttosto che un link di tracciamento. I link con l'indicazione "cache" reinviano alla WayBack Machine di archive.org, che in alcuni casi permette di vedere lo stesso sito in diversi intervalli temporali, e anche di vedere un sito così com'era prima che venisse cancellato.

Oltre alla ricerca generica, è possibile fare ricerche specifiche per documenti (cioè files), immagini, IT (Information Tecnology), mappe, musica, notizie, articoli scientifici, social media e video.

Il codice sorgente è un fork del progetto: https://github.com/asciimoo/searx.
Il costo del server è a mio carico, per questo ho inserito un link per le donazioni sulla base dei principi dell'economia del dono.

Tra tutte le fonti di informazione, quasi sempre Wikipedia ha un posto d'onore nella pagina dei risultati, nella scheda "Generale", in quanto viene messa al primo posto. Nella scheda "Scienza", invece, vengono favorite sia le riviste scientifiche, sia Wolfram|Alpha quando l'input dell'utente è da esso interpretabile. Per chi non lo conoscesse, Wolfram|Alpha è un motore di ricerca semantico (in inglese) in grado sia di rispondere a semplici quesiti (ad es. Agropoli temperature, oppure Milano timezone), sia di risolvere pressoché qualunque espressione matematica. Nella scheda Scienza è infatti possibili scrivere x^2+log2(x)=9 per ottenerne il grafico e il risultato numerico.

La scheda "Documenti" fornisce quasi sempre "magnet link" per scaricare files dalla rete peer-to-peer BitTorrent. Chi usa Linux spesso non ha bisogno di installare nulla perché programmi per usare la rete BitTorrent sono solitamente forniti di default, mentre per gli altri sistemi operativi BitTorrent va scaricato.

La qualità dei risultati in alcuni casi è equiparabile a Google, in altri è pure migliore, grazie all'estrazione dei dati da molteplici fonti. In ogni caso, i risultati non sono mai filtrati secondo logiche parent-control o affini.

Come nel caso di Google, anche in questo caso inserire alcune parole di ricerca racchiudendole o non racchiudendole tra virgolette (doppi apici) farà cambiare i risultati. Gli errori di battitura vengono rilevati e sono proposte alternative di ricerca.

Non ho abilitato l'autocompletamento perché lo considero talvolta fuorviante e a me, personalmente, dà fastidio: trovo non necessario il fatto di voler "predire" cosa l'utente sta cercando.

Infine, il motore di ricerca Ricerca Alternativa può essere automaticamente aggiunto tra i motori di ricerca di Firefox e impostato come predefinito. Stesso discorso per Google Chrome.

Spero di aver reso un utile servizio alla Rete,
buone ricerche,
Francesco Galgani, 15 marzo 2020

Le trappole della tecnologia: alcune proposte e riflessioni

Questo documento è disponibile anche in inglese

La tecnologia odierna nasconde molte trappole, molte insidie. Alcune di queste, e forse le principali, sono il pressoché totale controllo operato da Google e da Apple nel mondo delle applicazioni mobili, da Google nella pubblicazione dei video e nella visibilità dei contenuti presenti nel web, da Facebook e Twitter per quanto riguarda ciò di cui le persone possono discutere. Questa è una semplificazione, ci sono altri problemi, ma già questi sono molto gravi. Oggi non c’è contenuto pubblicato su Internet che non sia mediato da soggetti terzi, ovvero da corporations, che agiscono con il loro libero arbitrio, spesso al di sopra di qualsiasi legge. Se i mezzi attraverso cui viaggiano i nostri pensieri e i contenuti con cui essi si esprimono sono incatenati e sottoposti al capriccio dei potenti, allora i nostri pensieri non sono liberi. Se la tecnologia che noi usiamo non è libera, allora noi siamo schiavi.

Possiamo fare qualcosa? Direi di sì, se siamo disposti a cambiare le nostre abitudini.

1. Le applicazioni mobili

Quasi tutte le applicazioni mobili sono nelle mani di Google e di Apple, tutto passa attraverso i loro store, i loro contratti, i loro balzelli. Se un’app permette al suo sviluppatore di guadagnare soldi, Google e Apple si prendono il 30%. Se un’app a loro non piace, non la pubblicano. Se tu sviluppi un’app, non sei padrone neanche del tuo codice, perché non sai se Google o Apple modificano il tuo codice quando pubblichi la tua app. Non solo: queste corporations ti obbligano a rispettare contratti che sono sotto la giurisdizione statunitense anche se tu abiti in qualunque altro posto del mondo. Se Google e Apple abusano del loro potere contro di te, quasi certamente nessun giudice del tuo paese potrà aiutarti, se abiti fuori dagli Stati Uniti. Se nel tuo paese il software non è brevettabile e se non hai vincoli sugli algoritmi che puoi usare, Google e Apple ti imporrano di rispettare tutti i vincoli e i brevetti che sono in vigore negli Stati Uniti.

Una possibile soluzione è quella di non affidarsi agli standard di Google e di Apple, ma agli standard del web: invece di scrivere un’app destinata a finire negli store, scrivi una web-app basata su html5 e javascript, in modo che funzioni in qualsiasi browser moderno di qualsiasi dispositivo, e pubblicala su un server che si trovi all’interno della tua nazione. In questo modo, la giurisdizione vigente sarà quella della tua nazione e non dovrai prostituirti a Google o ad Apple. Di contro, coloro che useranno la tua web-app dovranno essere così intelligenti, informati e consapevoli da capire che stare lontano dagli store di Google e di Apple è una questione di libertà.

In certi casi e in base ai tuoi obiettivi, può essere utile decentrare il più possibile l’esecuzione del codice: potresti permettere a chiunque di scaricare il tuo codice e di eseguirlo su un proprio server, in modo che gli eventuali abusi dei governi per bloccarti si scontrino con tale decentramento. Tecnicamente queste app si chiamano “DApp” (Decentralized Application). Un esempio è DTube, piattaforma decentrata per la pubblicazione di video, “resistant to censorship” e “ads free”. E’ simile a YouTube, ma totalmente decentralizzata e quindi libera da un potere centrale e autoritario. Inoltre, diversamente da YouTube, rispetta pienamente di standard del web e non applica strani algoritmi per impedirti di scaricare i video, anzi, il download dei video è molto semplice.

Conseguenze logiche – 1

Per tutte queste ragioni, anche l’uso di servizi popolari per la condivisione di codice, come Github, ha seri limiti in materia di libertà. Microsoft (proprietaria di Github) ha imposto limiti agli sviluppatori che abitano in paesi del mondo che agli Stati Uniti non piacciono. Una soluzione  alternativa è scaricarsi il codice di GitLab, rilasciato con MIT license, e installarselo su un proprio server: io ho fatto così. Anche l’uso di servizi popolari di file sharing come Dropbox o Google Drive ha gli stessi problemi di privacy e di possibilità di banning in qualsiasi momento: in questo caso, mi sono scaricato il codice sorgente di OwnCloud, rilasciato con licenza GNU Affero General Public License v.3, e l’ho installato su un mio server.

Conseguenze logiche – 2

Il fatto che i sorgenti di un software siano distribuiti con licenza GNU GPL o altra licenza libera, in realtà non offre alcuna garanzia se per usare l’app devi obbligatoriamente scaricarla da uno store. L’app disponibile negli store, infatti, potrebbe essere stata alterata rispetto ai sorgenti. L’unica garanzia è che tu possa compilarti autonomamente il codice e installarti l’app da te compilata, ma questo è fortemente ostacolato da Apple e da Google. Se l’app usa un server, dovresti avere anche il codice del server per poterlo installare su un server tuo. Inoltre noi non sappiamo cosa realmente fanno i sistemi operativi degli smartphone (iOS e Android), visto che non possiamo scaricarci i sorgenti, studiarli, modificarli e utilizzarli con le nostre modifiche. Da questo punto di vista, una web-app è indipendente da qualsiasi sistema operativo e da qualsiasi store: ciò non risolve tutti i problemi che ho elencato, ma almeno una parte di essi.

Obiezione 1: La presenza della mia app negli store di Google e di Apple è essenziale per il mio business.

Risposta: Saresti ancora convinto di ciò se Google e Apple ti chiedessero commissioni del 90% invece che del 30%?  Saresti ancora convinto di ciò se Google e Apple ti chiedessero di fare importanti modifiche alla tua app che per te sarebbero troppo costose?  Saresti ancora convinto di ciò se Google e Apple rimuovessero la tua app dagli store o, in maniera più subdola, ne limitassero fortemente la visibilità?
Ogni volta che storicamente un potere dispotico e antidemocratico si è imposto, le persone hanno creduto che collaborare col quel potere fosse l’unica opzione. Se ciò fosse stato vero, allora Hitler sarebbe diventato il padrone del mondo.
Questo è innanzitutto un problema politico ed economico. Oggi valgono le regole che se tu non sei su Google allora non esisti, se non sei dentro Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn e altri social popolari, allora non esisti, se la tua app non è negli store di Google e di Apple allora non esiste, e così via. Eppure le alternative esistono, io non vivo dentro Facebook eppure esisto, giusto per fare un esempio.
Ricorda che Google, Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Twitter e altri social, in poche parole tutte le grandi corporations di Internet, in qualunque momento possono bannarti e annientarti.
Sarebbe cosa buona e giusta sensibilizzare le persone agli standard del web e ai motivi per cui Tim Berners-Lee ha inventato l’Html.

Obiezione 2: la segretezza del codice è essenziale per il mio business

Nessuno ti obbliga a pubblicare il tuo codice e a condividerlo con gli altri, fai ciò che vuoi. Sappi però che esistono app popolari e persino raccomandate dalla Commissione Europea al suo staff, come Signal, che sono rilasciate con licenza GNU GPL v.3. Il codice sorgente di Signal è disponibile su Github. L’organizzazione che c’è dietro a tale app, nel momento in cui sto scrivendo, ha alcuni “open roles”, cioè sta cercando sviluppatori ed è disposta ad assumerli con uno stipendio decente e con contratti full time. Questo è solo un esempio che dimostra che la segretezza del codice non è l’unico business possibile nel mondo delle app.

Vorrei farti un altro esempio. Nel 2001, Microsoft paragonò il software libero, nel senso intenso da Richard Matthew Stallman, a un cancro. Più precisamente, queste furono le parole: «Linux is a cancer that attaches itself in an intellectual property sense to everything it touches». L’accusa di Microsoft era rivolta nello specifico alla licenza GNU GPL. Nel 2019, Microsoft ha invitato Stallman in un suo campus per farsi dare consigli e spiegazioni. Nel 2020, Microsoft usa Ubuntu, che è una distribuzione GNU/Linux, per pubblicizzare il suo “Surface Book 3”, all’interno di un spot che inizia con «Run Linux on Windows». Con il tempo anche i più ostinati nel difendere la segretezza del codice stanno scoprendo che il software libero è una seria alternativa da valutare.

Obiezione 3: ci ho messo anni per imparare a programmare per una specifica piattaforma (Android, iOS, Windows, MacOS, Linux o un’altra), devo reimparare tutto da capo per fare una web-app?

Sarebbe importante, sin dall’inizio, imparare strumenti e metodi di programmazione che siano il più possibile cross-platform. Secondo la mia personale opinione, l’ideale sarebbe scrivere un codice che funzioni più o meno ovunque. Io ottengo questo risultato con Codename One, che è un framework per lo sviluppo multipiattaforma al cui codice contribuisco anche io, ma questa è la mia scelta che hai i suoi “pro” e i suoi “contro”, tu sei libero di cercare altri strumenti e di fare altre scelte.

Obiezione 4: le web-app sono tecnicamente più limitate rispetto alle app native

Ciò è in parte vero, dipende da cosa vuoi fare. I limiti sono imposti soprattutto da come sono implementati i browser e quindi, ancora una volta, dal modo in cui Google e Apple hanno realizzato i loro Chrome e Safari. Non cito altri browser perché, negli smartphone, questi sono quasi gli unici due browser utilizzati. Nei computer desktop, l’unico browser “libero” e indipendente, nel senso di non manipolato da una multinazionale, è Firefox. A questo proposito, considera che Apple vieta lo sviluppo di qualsiasi browser alternativo a Safari sui propri iPhone: il fatto che per iOS siano disponibili browser diversi da Safari è una messa in scena per ingannare gli utenti, gli sviluppatori sanno bene che Apple vieta loro di fare concorrenza a Safari.
Ad ogni modo, ciò che si può fare in maniera cross-platform e cross-browser con una web-app è molto ampio. Ancora una volta, però, gli utenti vanno educati a capire cosa c’è di sbagliato negli store.

2. I social

Come ho precedentemente scritto, oggi non c’è contenuto pubblicato su Internet che non sia mediato da soggetti terzi, ovvero da corporations, che agiscono con il loro libero arbitrio, spesso al di sopra di qualsiasi legge. Nel mio paese, in Italia, Facebook e Youtube sono molto usati come strumenti di comunicazione politica, il nostro capo del governo e i nostri sindaci comunicano con la popolazione tramite Facebook. I giornalisti dissidenti usano Youtube e a volte vengono censurati. Amici miei che hanno pubblicato miei messaggi su Facebook, copiati dal mio blog, sono stati più volte bannati, cioè Facebook ha chiuso il loro profilo. Questi sono solo piccoli esempi, in altre nazioni la situazione è peggiore di quella italiana. A ciò andrebbero aggiunti mille altri problemi legati agli uso di questi social.

Secondo me, l’unica vera soluzione è non usare questi social. Se due persone o comunque poche persone hanno bisogno di scambiarsi messaggi per mezzo della tecnologia, possono usare le email o altri strumenti di messaggistica privata e crittografata, che non siano in mano a qualche multinazionale. Se tante persone hanno bisogno di comunicare tramite la tecnologia, possono pagarsi un server economico e installarci una piattaforma social basata su codice libero, in modo che tale social sia sotto il loro controllo. Se un politico, un’associazione o un capo di stato vuol comunicare con il resto del mondo, può usare gli standard del web, creandosi un proprio sito oppure un proprio blog, magari installato su un server che può controllare. Tutte queste soluzioni non proteggeranno completamente dagli abusi di potere e dalle violazioni dei diritti umani, ma potranno mitigare il problema.

Finché però le persone continueranno a usare Whatsapp, Facebook, Instagram e Youtube come mezzi principali di comunicazione, allora continueranno a prostituirsi a Mark Zuckerberg, a Sergey Brin e a Larry Page, e ai poteri occulti che tramite loro agiscono. Nella situazione attuale, secondo me, sarebbe meglio fare sforzi per incontrarsi di persona (dove non ci sono telecamere e microfoni) e non usare affatto la tecnologia per comunicare.

3. I motori di ricerca

Come ho precedentemente scritto, se una persona, un’associazione o un’azienda non compare nei primi risultati forniti da Google è come se non esistesse. Questo dà l’idea della tirannia di Google. Quello che noi comuni mortali possiamo fare è mitigare il problema, grazie alla decentralizzazione e alla ricerca tramite più fonti. Per mio uso personale e per le altre persone di lingua italiana, ho reso disponibile questo meta-motore di ricerca, che gira su un server che è sotto il mio controllo e che fornisce risultati estrapolati da molteplici fonti: https://ricercaalternativa.mydissent.net/
Questo motore di ricerca non spia gli utenti e non fa alcuna delle azioni malevole fatte da Google. Ho anche disabilitato i logs, in modo che io non sappia cosa le persone cercano né chi usa il mio motore. Il codice è con licenza “GNU Affero General Public License v3.0”: tu puoi scaricartelo e usarlo su un tuo server.
Ciò non risolve i problemi della censura, ma li mitiga. Inoltre il fatto che i dati siano estrapolati da più fonti, e solitamente quelli presi da Wikipedia sono al primo posto, riduce gli effetti degli abusi di potere da parte di Google.
Il fatto che il codice sia scaricabile e utilizzabile su un proprio server è una garanzia contro i poteri centralizzati.
Di contro, ci sono ancora molti miglioramenti da fare.

4. I sistemi operativi

Windows, Android, iOS e MacOS ci spiano continuamente. Al momento, la maggioranza delle distribuzioni GNU/Linux sono l’unica vera alternativa per avere maggior controllo della tecnologia che utilizziamo. Il problema è che oggi la maggioranza del computing è fatta tramite smartphone e servizi cloud: sugli smartphone non possiamo cambiare il sistema operativo e metterci GNU/Linux (se non in rarissimi casi) e sui servizi cloud non abbiamo alcun controllo. Piuttosto che proporre soluzioni o alternative, qui mi limito a sottolineare che la questione più urgente è creare una consapevolezza del problema. L’IoT (Internet of Things) sarà completamente al di fuori del nostro controllo e violerà continuamente i nostri diritti e le nostre libertà. Il 5G è al servizio dell’Internet of Things. Non ho soluzioni né proposte, se non quella di spargere la voce e di aiutare a costruire una consapevolezza del problema.

Francesco Galgani,
9 giugno 2020

The traps of technology: some proposals and reflections

This document is available also in Italian.

Today's technology hides many traps, many pitfalls. Some of them, and perhaps the main ones, are the almost total control operated by Google and Apple in the world of mobile applications, by Google in the publication of videos and in the visibility of content on the web, by Facebook and Twitter as regards what people can discuss. This is a simplification, there are other problems, but these are already very serious. Today there is no content published on the Internet that is not mediated by third parties, i.e. corporations, that act with their free will, often above any law. If the media through which our thoughts travel and the content with which they are expressed are chained and subjected to the whim of the potentates, then our thoughts are not free. If the technology we use is not free, then we are slaves.

Is there anything we can do? I would say yes, if we are willing to change our habits.

1. The mobile applications

Almost all mobile applications are in the hands of Google and Apple, everything goes through their stores, their contracts, their costs. If an app allows its developer to earn money, Google and Apple take 30%. If they don't like an app, they don't publish it. If you develop an app, you don't even own your own code, because you don't know whether Google or Apple changes your code when you publish your app. What's more, these corporations force you to honor contracts that are under U.S. jurisdiction even if you live anywhere else in the world. If Google and Apple abuse their power against you, almost certainly no judge in your country can help you if you live outside the United States. If the software is not patentable in your country and you have no restrictions on the algorithms you can use, Google and Apple will require you to comply with all the restrictions and patents that are in force in the United States.

A possible solution is not to rely on Google and Apple standards, but on web standards: instead of writing an app that will end up in stores, write a web-app based on html5 and javascript, so that it works in any modern browser of any device, and publish it on a server located in your country. In this way, the current jurisdiction will be that of your country and you will not have to prostitute yourself to Google or Apple. On the other hand, those who will use your web-app must be so smart, informed and aware that staying away from Google and Apple stores is a matter of freedom.

In some cases and depending on your goals, it may be useful to decentralize code execution as much as possible: you could allow anyone to download your code and run it on their own server, so that any government abuses to block you will encounter such decentralization. Technically, these apps are called "DApps" (Decentralized Application). An example is DTube, a decentralized platform for publishing videos, "resistant to censorship" and "ads free". It is similar to YouTube, but totally decentralized and therefore free from a central and authoritarian power. Moreover, unlike YouTube, it fully complies with web standards and does not apply strange algorithms to prevent you from downloading videos, on the contrary, downloading videos is very simple.

Logical consequences - 1

For all these reasons, even the use of popular code sharing services, such as Github, has serious limitations on freedom. Microsoft (owner of Github) has imposed limits on developers living in countries around the world that the United States does not like. An alternative solution is to download GitLab code, released under the MIT license, and install it on your own server: that's what I did. Even the use of popular file sharing services like Dropbox or Google Drive has the same problems of privacy and banning at any time: in this case, I downloaded the OwnCloud source code, released under GNU Affero General Public License v.3, and installed it on my own server.

Logical Consequences - 2

The fact that software sources are distributed under the GNU GPL or other free license does not actually offer any guarantee if you have to download the app from a store to use it. The app available in stores may have been altered from the sources. The only guarantee is that you can compile your own code and install your own app, but this is severely restricted by Apple and Google. If the app uses a server, you should also have the server code to install it on your own server. We also don't know what smartphone operating systems (iOS and Android) actually do, as we can't download sources, study them, modify them and use them with our modifications. From this point of view, a web-app is independent from any operating system and from any store: this does not solve all the problems I listed, but at least a part of them.

Objection 1: The presence of my app in Google and Apple stores is essential for my business.

Answer: Would you still be convinced of this if Google and Apple asked you for 90% commission instead of 30%?  Would you still be convinced if Google and Apple asked you to make major changes to your app that would be too expensive for you?  Would you still be convinced if Google and Apple removed your app from stores or, in a more subtle way, severely limited its visibility?
Whenever a despotic and undemocratic power has historically imposed itself, people have believed that collaborating with that power was the only option. If that were true, then Hitler would become the master of the world.
This is primarily a political and economic problem. Today the rules apply that if you're not on Google then you don't exist, if you're not in Facebook, Twitter, Instagram, LinkedIn and other popular social media, then you don't exist, if your app is not in Google and Apple stores then it doesn't exist, and so on. Yet the alternatives exist, I don't live inside Facebook and yet I exist, just to give an example.
Remember that Google, Apple, Microsoft, Amazon, Facebook, Twitter and other socials, in a nutshell all the big Internet corporations, at any time can ban you and destroy you.
It would be good and right to make people aware of web standards and why Tim Berners-Lee invented html.

Objection 2: Code secrecy is essential to my business.

No one is forcing you to publish your code and share it with others, do what you want. But know that there are apps that are popular and even recommended by the European Commission to its staff, such as Signal, which are released under the GNU GPL v.3. Signal's source code is available on Github. The organization behind that app, at the time of writing, has some "open roles", i.e. it is looking for developers and is willing to hire them with a decent salary and full time contracts. This is just one example that shows that code secrecy is not the only possible business in the app world.

Let me give you another example. In 2001, Microsoft compared free software, in the sense that Richard Matthew Stallman had been talking about, to cancer. More precisely, these were the words: "Linux is a cancer that attacks itself in an intellectual property sense to everything it touches". Microsoft's accusation was directed specifically at the GNU GPL license. In 2019, Microsoft invited Stallman to one of its campuses to get advice and explanations. In 2020, Microsoft used Ubuntu, which is a GNU/Linux distribution, to advertise its "Surface Book 3" in a spot starting with "Run Linux on Windows". Over time, even the most resistant to defending the secrecy of code are discovering that free software is a serious alternative to be evaluated.

Objection 3: it took me years to learn how to program for a specific platform (Android, iOS, Windows, MacOS, Linux or another), do I have to learn it all over again to make a web-app?

It would be important, from the beginning, to learn programming tools and methods that are as cross-platform as possible. In my personal opinion, the ideal would be to write code that works more or less everywhere. I get this result with Codename One, which is a cross-platform development framework to which I also contribute code, but this is my choice that has its pros and cons, you are free to look for other tools and make other choices.

Objection 4: web-apps are technically more limited than native apps

That's partly true, depending on what you want to do. The limits are imposed mainly by how browsers are implemented and therefore, once again, by the way Google and Apple have made their Chrome and Safari. I don't mention other browsers because, in smartphones, these are almost the only two browsers used. In desktop computers, the only "free" and independent browser, in the sense of not manipulated by a multinational company, is Firefox. In this regard, consider that Apple prohibits the development of any alternative browser to Safari on their iPhones: the fact that for iOS browsers other than Safari are available is a fake to deceive users, developers know well that Apple prohibits them from competing with Safari.
However, what can be done in a cross-platform and cross-browser way with a web-app is very broad. Once again, however, users need to be educated to understand what's wrong with stores.

2. Social media

As I have previously written, today there is no content published on the Internet that is not mediated by third parties, i.e. corporations, that act with their free will, often above any law. In my country, in Italy, Facebook and Youtube are widely used as political communication tools, our head of government and our city mayors communicate with the population through Facebook. Dissident journalists use Youtube and sometimes they are censored. My friends who published my messages on Facebook, copied from my blog, have been banned several times, in other words Facebook closed their profile. These are just small examples, in other countries the situation is worse than in Italy. To this should be added a thousand other problems related to the use of these social networks.

In my opinion, the only real solution is not to use these social networks. If two people or a few people need to exchange messages through technology, they can use email or other private and encrypted messaging tools that are not in the hands of some multinational company. If many people need to communicate through technology, they can pay for a cheap server and install a social platform based on free code, so that this social is under their control. If a politician, an association or a head of state wants to communicate with the rest of the world, they can use the web standards, creating their own website or blog, maybe installed on a server that they can control. All these solutions will not completely protect against abuses of power and human rights violations, but they can mitigate the problem.

But as long as people continue to use Whatsapp, Facebook, Instagram and Youtube as their main media, then they will continue to prostitute themselves to Mark Zuckerberg, Sergey Brin and Larry Page, and the occult powers that act through them. In the current situation, in my opinion, it would be better to make efforts to meet in person (where there are no cameras and microphones) and not use technology at all to communicate.

3. Search engines

As I have previously written, if a person, association or company does not appear in the first results provided by Google it is as if it did not exist. This gives an idea of Google's tyranny. What we common mortals can do is to mitigate the problem, thanks to decentralization and search through multiple sources. For my personal use and for other Italian-speaking people, I have made available this meta search engine, which runs on a server that is under my control and provides results extrapolated from multiple sources: https://ricercaalternativa.mydissent.net/
This search engine does not spy on users and does not do any of the malicious actions done by Google. I also disabled the logs, so I don't know what people are looking for or who uses my engine. The code is licensed under the "GNU Affero General Public License v3.0": you can download and use it on your own server.
This does not solve censorship problems, but it mitigates them. Also, the fact that data is extrapolated from multiple sources, and usually those taken from Wikipedia are in first place, reduces the effects of Google's abuse of power.
The fact that the code is downloadable and usable on your own server is a guarantee against centralized powers.
On the other hand, there are still many improvements to be made.

4. The operating systems

Windows, Android, iOS and MacOS spy on us all the time. At the moment, most GNU/Linux distributions are the only real alternative to have more control over the technology we use. The problem is that today the majority of computing is done through smartphones and cloud services: on smartphones we can't change the operating system and put GNU/Linux (except in very rare cases) and on cloud services we have no control. Rather than proposing solutions or alternatives, here I simply emphasize that the most urgent issue is to create an awareness of the problem. The IoT (Internet of Things) will be completely out of our control and will continuously violate our rights and freedoms. 5G is at the service of the Internet of Things. I have no solutions or proposals other than to spread the word and help build an awareness of the problem.

Francesco Galgani,
9 June 2020

Alternative a Youtube o alternative al modello politico-economico-sociale di Youtube?

Internet ArchiveIn Rete, soprattutto a causa dei recenti casi di censura operati da Youtube, ovvero di chiusura di canali di informazione alternativa (tipo RadioRadio) e/o di eliminazione di singoli video (come accaduto a Byoblu), a cui si sommano le vicende politiche dell'amministrazione Trump che litiga con la censura di Twitter operata verso lo stesso Trump, passando poi per le vicende giudiziarie italiane in cui alcuni partiti di minoranza (CasaPound e Forza Nuova) hanno portato in tribunale Facebook per aver soppresso le loro pagine (censura anch'essa a sfondo politico, peraltro con esiti giudiziari contrapposti), alcune persone iniziano a guardarsi intorno e a valutare se esistono alternative a Youtube.

Non solo le alternative esistono, ma sono sempre esistite ben prima che Youtube stesso esistesse. Ne dico una, peraltro completamente gratuita, senza pubblicità e sostenuta economicamente da donazioni: https://archive.org/ (che esiste dal 1996, come documentato su Wikipedia).

Ma andiamo oltre... io ho già scritto un articolo al riguardo, intitolato "Le trappole della tecnologia: alcune proposte e riflessioni", in cui ragiono su ciò che concretamente possiamo fare in alternativa ai modelli politici-economici-sociali dominanti nel web. Adesso vorrei aggiungere alcune considerazioni specifiche sulle alternative a Youtube. Al di là delle varie proposte tecniche (PeerTube, DTube, e altri), senz'altro interessanti, io avrei una controproposta per ritornare alle "origini" del web, cioè a prima che tutte queste piattaforme di condivisione video fossero anche solo pensate:

  1. Mettersi le mani nel portafoglio e pagarsi un proprio server.
     
  2. Mettere i video su quel server senza contatori e senza impedimenti al download: chi è interessato a un video, se lo può scaricare e può ripubblicarlo dove vuole. La condivisione, nel senso di download e ripubblicazione altrove - ovvero caricamento su un altro server in mano di altre persone -, andrebbe esplicitamente incoraggiata e consentita con licenze che la autorizzano (tipo Creative Commons, pubblico dominio o analoghe).
     
  3. Rinunciare in partenza a voler controllare i video pubblicati, controllare / conteggiare gli utenti, pretendere guadagni economici, inserire qualsiasi forma di pubblicità.

Tutto ciò è già possibile adesso ed è sempre stato possibile. Questo è quello che succede con i libri che si trovano in biblioteca: nessuno saprà mai quante volte viene letto un libro e da chi, né saprà mai quante copie ne esistono e dove, né per quanti secoli o millenni un libro continuerà a esistere e in quali versioni/traduzioni. Con questo spirito di autentica condivisione, mi viene in mente un progetto tipo LiberLiber, che esiste (e resiste) dal 1993, come riporta Wikipedia.

La controproposta nei tre punti sopra riportati corrisponde al modo con cui pubblico i video nel mio blog (sotto i quali c'è sempre il link per il download). Io non conteggio neanche le visualizzazioni dei miei articoli, perché se nei miei articoli c'è un valore, esso non dipende da quante volte verranno aperti. Non solo: il fatto che una pagina del mio blog venga aperta, non mi dice nulla sull'effetto che essa avrà su chi eventualmente la leggerà, ne se realmente sarà letta. Conteggiare le visualizzazioni è solo un modo per rinforzare il proprio ego, meglio evitare: preferisco concentrarmi sulla qualità di ciò che scrivo, se poi ciò che scrivo avrà effetti nella società... mai lo saprò, come del resto nessun filosofo lo sa in anticipo. I pensieri sono come semi sparsi al vento: forse germoglieranno prima o poi, forse no, forse arriveranno molto lontano nel tempo e nello spazio, forse rimarranno vicini. Da idea nasce idea, e non conviene essere troppo attaccati alle proprie idee.

Se però il problema è guadagnare soldi e fare marketing con i video (cosa che fanno anche le piattaforme di informazione alternativa o cosiddetta "libera", tipo Byoblu), e quindi conteggiare le visualizzazioni per guadagnare soldi o altro (dove questo “altro” potrebbe anche essere consenso politico), allora teniamoci Youtube, Facebook, Twitter e tutti gli altri senza lamentarci e anzi "gioiendo" della loro gratuità... gratuità che però è a caro prezzo... A tal proposito, come ha scritto Giulio Ripa: «In effetti i mezzi di comunicazione "alternativi", oltre ad utilizzare gratuitamente spazi su server di piattaforme private senza "pagare nulla", vogliono anche fare marketing, mediante le condivisioni e le visualizzazioni nei social media. Alla fine chi troppo vuole nulla stringe. La vera alternativa è lasciare il mondo digitale e ritornare nei limiti del possibile al mondo reale, fatto di relazioni interpersonali, comunità e contatto fisico. Altrimenti chi possiede le piattaforme digitali porterà a termine lo scopo principale su cui avevano scommesso: identificazione digitale degli individui per il controllo e la sorveglianza totale della società».

Lascio a ognuno le sue considerazioni,
Francesco Galgani,
16 giugno 2020