Nagarjuna, il secondo Budda, il maestro del metodo scettico, la Via di Mezzo

Articolo di Douglas Berger, Southern Illinois University, USA, pubblicato sull'Internet Encyclopedia of Philosophy

Questa è una mia traduzione temporanea non revisionata e non autorizzata, per ogni dubbio fate riferimento alla versione in inglese.

NagarjunaNagarjuna (150 ca. - 250 ca.)

Spesso indicato come "il secondo Buddha" dalle tradizioni buddiste Mahayana (Grande Veicolo) tibetane e dell'Asia orientale, Nagarjuna ha proposto aspre critiche alla filosofia sostanzialista braminica e buddista, alla teoria della conoscenza e agli approcci alla pratica. La filosofia di Nagarjuna rappresenta una sorta di spartiacque non solo nella storia della filosofia indiana, ma nella storia della filosofia nel suo complesso, poiché mette in discussione alcuni presupposti filosofici a cui si ricorre facilmente nel tentativo di comprendere il mondo.  Tra questi presupposti vi sono l'esistenza di sostanze stabili, il movimento lineare e unidirezionale della causalità, l'individualità atomica delle persone, la credenza in un'identità fissa o in un'autostima, e le rigide separazioni tra buona e cattiva condotta e tra vita benedetta e vita grama.  Tutti questi presupposti sono messi in discussione dalla prospettiva unica di Nagarjuna, che si fonda sull'intuizione del vuoto (sunyata), un concetto che non significa "non esistenza" o "nichilismo" (abhava), ma piuttosto mancanza di esistenza autonoma (nihsvabhava).  La negazione dell'autonomia secondo Nagarjuna non ci lascia un senso di privazione metafisica o esistenziale, una perdita della sperata indipendenza e libertà, ma ci offre invece un senso di liberazione attraverso la dimostrazione dell'interconnessione di tutte le cose, compresi gli esseri umani e il modo in cui la vita umana si svolge nel mondo naturale e sociale.  Il concetto centrale di Nagarjuna della "vacuità (sunyata) di tutte le cose (dharma)", che indica la natura incessantemente mutevole e quindi mai fissa di tutti i fenomeni, è servito tanto come puntello terminologico del successivo pensiero filosofico buddista quanto come vessazione dei sistemi vedici contrapposti. Il concetto ebbe implicazioni fondamentali per i modelli filosofici indiani di causalità, per l'ontologia della sostanza, per l'epistemologia, per le concettualizzazioni del linguaggio, per l'etica e per le teorie della salvezza liberatrice del mondo, e si rivelò fondamentale anche per le filosofie buddiste dell'India, del Tibet, della Cina e del Giappone molto diverse da quella di Nagarjuna. Non sarebbe infatti esagerato affermare che l'innovativo concetto di vuoto di Nagarjuna, sebbene sia stato ermeneuticamente appropriato in molti modi diversi dai filosofi successivi sia nel Sud che nell'Est asiatico, avrebbe influenzato profondamente il carattere del pensiero buddista.
 

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