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Politica ed economia

NO CETA: prossime mobilitazioni di piazza

STOP CETA - 5 luglio 2017, Montecitorio, Roma

Ultimi aggiornamenti: https://stop-ttip-italia.net/

Aggiornamento 27 giugno 2017: Pd e MDP (di nuovo assente) votano sì al CETA con Forza Italia… e contro l’Italia

Aggiornamento 22 giugno 2017: Salta il voto di ratifica del CETA. Il voto in commissione Affari esteri del Senato spostato a martedì 27 giugno 2017. Stop TTIP Italia, insieme alle associazioni agricole, ambientaliste e sindacali, rilancia la mobilitazione di piazza per bloccare l’accordo. Appuntamento martedì 27 giugno 2017 alle 10 al Pantheon: ci sarà un presidio fisso organizzato insieme a Coldiretti, CGIL, Slowfood, Arci e altre realtà. Mercoledì 5 luglio 2017 invece ci sarà un nuovo presidio-manifestazione proprio sotto il Parlamento, in piazza Montecitorio, dalle 10:00.
Sito di riferimento: https://stop-ttip-italia.net/

Sullo stesso argomento:

L'articolo che segue è a firma di Elena Mazzoni e pubblicato il 23 giugno 2017 all'indirizzo:
http://www.listatsipras.eu/2017/06/23/mobilitiamoci-contro-il-ceta/

NO CETA - Manifestazione contro la ratifica

Mobilitiamoci contro il CETA

L’imponente mobilitazione organizzata dalla Campagna StopTTIP-StopCETA Italia, le migliaia di lettere, tweet e dossier inviati ai senatori e al Presidente stesso dai cittadini, sono riuscite nell’impresa titanica di far slittare il voto della Commissione Affari Esteri a martedì 27 e quello in plenaria a mercoledì 28.

Il successo maggiore però non consiste nello slittamento del voto ma nell’aver costretto il presidente della Commissione, Pier Ferdinando Casini, a tenere audizioni e ad aprire una discussione, pur se di due soli giorni, su un tema tanto delicato ed altrettanto taciuto.

Un vero e proprio esempio di politica dal basso che ha infiammato gli animi e spinto Coldiretti, Cgil, Greenpeace, Slowfood e tutte le organizzazioni che sostengono la Campagna italiana, ad organizzare due momenti di intensa partecipazione in piazza a Roma, martedì 27 al Pantheon alle 10:00 e mercoledì 5 luglio, sempre alle 10:00, proprio in piazza Montecitorio

https://stop-ttip-italia.net/2017/06/22/ceta-ratifica-piazza-333/.

Qualcuno potrebbe chiedersi cosa non ci piaccia del CETA con il simpatico Canada del bel premier Trudaeu.

I motivi sono tanti e potete trovarli riassunti nel libro bianco sottoscritto con Coldiretti, Cgil, Greenpeace, Arci, Acli, Legambiente Fairwatch e tre associazioni di consumatori e nei due dossier tecnici  che la campagna italiana ha presentato in audizione in Senato.

Trudaeu non è il fascinoso vessillo dell’ambiente da sventolare per scacciare lo spauracchio arancione di Trump perchè, con le politiche attuali, il paese nord americano non manterrà i propri impegni nel controllo delle emissioni, elargendo 3,3 miliardi di dollari l’anno di sussidi pubblici ai combustibili fossili, tra cui l’inquinante petrolio da sabbie bituminose   http://climateactiontracker.org/countries/canada.html.

Una recente ispezione effettuata nelle zone di estrazione mineraria canadesi dall’OHCHR dell’ONU ha riscontrato delle violazioni dei diritti umani ed esortato le autorità canadesi a “integrare i diritti delle popolazioni indigene nelle loro politiche e nelle pratiche che disciplinano lo sfruttamento delle risorse naturali”. La delegazione ha inoltre sottolineato “la necessità per il governo di rafforzare l’accesso agli strumenti legali di ricorso per le vittime di abusi di diritto”.

Lo stesso Trudeau ha supportato incondizionatamente la costruzione dell’oleodotto Keystone XL, un progetto da 8 miliardi di dollari per portare quel petrolio negli Stati Uniti.

Non proprio in linea con la narrazione mainstream del paese dello sciroppo d’acero.

Le risposte sono quindi molteplici ed anche molto tecniche ma la prima che viene in mente a me ogni volta in cui qualcuno mi chiede perchè io mi opponga al CETA, quella data con la pancia e non con lo studio dei testi, è che chiunque abbia un’idea del commercio sostenibile, equo, rispettoso dei diritti dei lavoratori, dell’ambiente, dei diritti umani, dei beni comuni, deve dire NO al CETA,

Un NO potente.

Un NO di gente stanca di un mondo che abbatte le barriere per merci e capitali ed alza, inesorabilmente, invalicabilmente, quelle per la libera circolazione delle persone.

IA potentissima e gratuita

A questo mondo di gratuito ci sono solo il formaggio nella trappola per topi, e la droga ai ragazzini per creare dipendenza.

Certo, c'è anche il lavoro su base volontaria, come quello negli ospedali, di coloro che scrivono e condividono libre software, dei giornalisti che fanno ottimi servizi, documentari o interviste su Youtube senza pubblicità e senza finanziatori, e di me in questo blog, ma più che di gratuità bisognerebbe parlare di "non retribuzione".

L'intelligenza artificiale gratuita in quale categoria rientra? Si tratta di un servizio che richiede centinaia di miliardi di dollari di investimenti. Forse il paragone più appropriato è quello della droga ai ragazzini? Anche, ma il formaggio nella trappola per topi mi sembra quello più preciso.

L'IA non è e non sarà mai nostra amica.

(29 gennaio 2025)

Un'alternativa all'IA (che non è nostra amica), con Francesco Galgani

In questo nuovo appuntamento su "Spunti di Riflessione", affrontiamo molti temi legati all'intelligenza artificiale, dalla storia alle sue criticità.

Appunti e citazioni: galgani-intervista-2025-01-25.pdf

Il nucleare civile è antieconomico, una truffa a danno della collettività

Nella mia intervista di ieri “Un’alternativa alla IA (che non è nostra amica)”, ho sostenuto che l’energia elettrica prodotta da centrali atomiche per uso civile è antieconomica, che è una truffa a danno della collettività, e che esiste solo perché l’impresa e i profitti privati sono coperti dai soldi pubblici. Ho anche accennato che lo scopo ultimo del nucleare civile è comunque militare.

Colgo l’occasione di aver toccato ieri questo argomento per approfondirlo adesso.

La tesi secondo cui le centrali nucleari per uso civile siano fondamentalmente antieconomiche si basa su un’analisi approfondita delle voci di costo che, per diverse ragioni, vengono spesso trasferite (“esternalizzate”) dalla società proprietaria dell’impianto al settore pubblico, quindi ai contribuenti. Proviamo a suddividere la questione in alcuni punti chiave:

1. Costo di costruzione e ritardi

• Investimento iniziale elevato: La costruzione di una centrale nucleare richiede investimenti di capitale molto alti, spesso nell’ordine di diversi miliardi di euro, e tempi di realizzazione lunghi (anche oltre un decennio). Ciò si traduce in forti oneri finanziari a causa degli interessi sul capitale investito.

• Rischio di costi extra e sforamenti di budget: È frequente che i progetti di centrali nucleari subiscano ritardi e lievitazioni dei costi durante la costruzione. Esempi noti includono progetti in Francia (Flamanville) e Finlandia (Olkiluoto), dove i costi previsti sono aumentati notevolmente rispetto alle stime iniziali. Quando ciò accade, spesso intervengono i governi o i soggetti pubblici per coprire i costi eccedenti, perché la mancanza di sostegno pubblico porterebbe a blocchi o fallimenti del progetto.

2. Copertura assicurativa e responsabilità civile

• Rischio di incidenti: Un incidente in una centrale nucleare può avere conseguenze potenzialmente molto gravi e durature. I danni economici (e umani) possono essere enormi, come visto in passato con Chernobyl (1986) o Fukushima (2011).

• Garanzie statali sulla responsabilità: Le compagnie private raramente possono coprire interamente la responsabilità di un incidente nucleare attraverso assicurazioni sul mercato libero, perché i premi assicurativi sarebbero altissimi. Spesso, quindi, gli Stati stabiliscono dei limiti alla responsabilità legale o forniscono essi stessi delle forme di garanzia per coprire i potenziali danni; questo si traduce in un “sussidio implicito” alla produzione di energia nucleare.

3. Gestione delle scorie radioattive

• Alti costi di stoccaggio a lungo termine: I rifiuti nucleari, specialmente quelli ad alta radioattività, devono essere stoccati in condizioni di sicurezza per tempi che superano di gran lunga la durata della vita dell’impianto (centinaia o addirittura migliaia di anni). La ricerca di siti di stoccaggio idonei, la loro messa in sicurezza e il controllo costante richiedono ingenti risorse.

• Trasferimento dei costi ai governi: Spesso le società che gestiscono le centrali non incorporano appieno nei propri bilanci tutti i costi di stoccaggio a lunghissimo termine. In molti Paesi, esistono fondi pubblici o partecipati dallo Stato che si occupano (o si occuperanno in futuro) della fase finale di smaltimento. Questo alleggerisce la singola azienda da un onere così dilatato nel tempo e di incerta quantificazione economica, spostandolo sulla collettività.

4. Decommissioning (smantellamento a fine vita)

• Smantellamento costoso e complesso: Il decommissioning di una centrale nucleare è un processo tecnicamente impegnativo e può durare decenni. Anche qui, i costi possono superare le stime originarie e raggiungere cifre molto rilevanti.

• Sussidi diretti o indiretti: Di frequente, per coprire il decommissioning, vengono costituiti fondi alimentati dalle stesse aziende ma spesso insufficienti o basati su stime ottimistiche. Nel caso di emergano ulteriori costi, è ancora lo Stato a intervenire. Esistono anche esempi di centrali in cui la proprietà è passata a società statali proprio per gestire la fase di smantellamento, socializzandone i costi.

5. Concorrenza sul mercato dell’energia

• Costi comparati: Se si confronta il costo “tutto compreso” di un kWh di energia da fonte nucleare con quello derivante da altre fonti (rinnovabili, ma anche fossili), risulta che il nucleare è competitivo solo quando:

1. Vengono omesse o minimizzate voci come assicurazione, stoccaggio delle scorie e decommissioning.

2. Lo Stato garantisce un prezzo di vendita dell’energia (o sussidi diretti/indiretti), riducendo il rischio per l’investitore privato.

• Mercato e prezzi garantiti: In alcuni casi, i governi stipulano contratti di “price floor” o “contract for difference” (ad esempio il caso di Hinkley Point C nel Regno Unito), ossia assicurano un prezzo minimo di acquisto dell’energia prodotta dalla centrale. Se il prezzo di mercato scende al di sotto di tale soglia, la differenza viene coperta con fondi pubblici. Questo meccanismo è un ulteriore modo per rendere appetibile l’investimento privato, spostando sullo Stato parte del rischio di mercato.

6. Impatto ambientale e sanitario a lungo termine

• Danni potenziali all’ambiente: Un incidente o la gestione errata delle scorie può causare contaminazioni difficilmente quantificabili e da bonificare in modo estremamente dispendioso. Spesso questi rischi non sono interamente contabilizzati nei costi delle imprese elettriche, perché i danni all’ambiente, alla salute pubblica o all’agricoltura verrebbero coperti, in gran parte, da fondi nazionali.

• Effetto sul territorio: In termini di percezione del rischio e ricadute sulla popolazione, è difficile mettere una cifra su possibili esodi, calo dei valori immobiliari, perdita di produttività agricola in aree eventualmente colpite da fughe radioattive. Questo costo ricade in ultima istanza sulla comunità.

Riassunto dei problemi economici

1. Struttura dei costi e rischio di insolvenza: Gli altissimi costi iniziali, le incertezze sui tempi di costruzione, le coperture assicurative parziali e il problema delle scorie portano a un rischio finanziario enorme per qualsiasi operatore privato. Senza il supporto o la garanzia statale, molte società non avrebbero la forza di sostenere tali progetti.

2. Esternalizzazione dei costi: Gran parte delle spese correlate alla sicurezza, allo smaltimento delle scorie e allo smantellamento, così come i potenziali costi di un incidente grave, non vengono contabilizzati interamente nelle normali logiche di mercato ma vengono sostenuti (o si prevede che saranno sostenuti) con denaro pubblico. Questo riduce artificialmente il costo apparente dell’energia nucleare e ne fa sembrare la produzione più conveniente di quanto sarebbe se l’industria dovesse internalizzare tutte le spese.

3. Confronto con altre tecnologie: Mentre le fonti rinnovabili (come solare ed eolico) hanno beneficiato, in passato, di sussidi e incentivi, la loro curva dei costi è costantemente in diminuzione e i rischi di impatto ambientale sono notevolmente più contenuti. Per il nucleare, invece, i rischi e le complessità restano alti, e i costi (a lungo termine) non mostrano tendenze di riduzione altrettanto marcate.

4. Discussione politica ed economica: Se il costo reale del nucleare fosse interamente internalizzato — ovvero se le aziende dovessero pagare da sole per assicurarsi a livelli adeguati, finanziare completamente lo smantellamento e lo stoccaggio delle scorie, risarcire le comunità o gli Stati in caso di incidente — è probabile che gli investimenti privati si ridurrebbero drasticamente, rendendo il nucleare ancora più marginale sotto il profilo economico.

In sintesi, la redditività apparente del nucleare si basa su meccanismi di supporto pubblico e su un trasferimento parziale dei rischi e delle spese all’intera collettività. Se tali costi fossero internalizzati, l’energia nucleare difficilmente potrebbe competere, a parità di condizioni, con fonti energetiche che presentano rischi e oneri di lungo periodo molto inferiori.

Propedeuticità del nucleare civile a quello militare

Un ulteriore aspetto spesso sottovalutato, ma di grande rilevanza geopolitica, è la stretta correlazione tra il nucleare civile e quello militare. Sebbene i reattori per la produzione di energia elettrica abbiano finalità pacifiche, le conoscenze tecniche, le infrastrutture e, in alcuni casi, le materie prime utilizzate (ad esempio l’uranio arricchito) possono essere sfruttate anche per sviluppare armamenti atomici. La storia dimostra come diversi Paesi abbiano utilizzato il settore nucleare civile come “copertura” o trampolino di lancio per acquisire le competenze necessarie alla realizzazione di ordigni nucleari, dedicando poi appositi impianti (come i reattori che producono plutonio di grado militare) allo scopo di costruire la bomba atomica.

In molti programmi nucleari nazionali, quindi, il segmento “civile” è strettamente legato (o almeno complementare) al potenziamento di eventuali capacità militari. Ciò non solo accresce i costi e le implicazioni di sicurezza (perché la tecnologia sensibile deve essere protetta da possibili appropriazioni indebite), ma può anche innescare tensioni internazionali, spinte alla proliferazione e un aumento della diffidenza reciproca tra Stati. La distinzione tra un programma energetico puramente pacifico e uno con finalità belliche è quindi molto sottile.

In aggiunta, come precedentemente accennato, non si tratta esclusivamente di un trasferimento di conoscenze o di competenze tecniche: il materiale nucleare utilizzato negli impianti civili può effettivamente essere “dirottato” verso fini militari. Il combustibile usato nei reattori a scopi energetici, infatti, contiene isotopi di uranio e plutonio che, se opportunamente lavorati (ad esempio attraverso processi di arricchimento o di ritrattamento), possono essere impiegati per la fabbricazione di ordigni nucleari. Ciò rende il controllo e la messa in sicurezza di tali materiali di importanza critica, poiché un eventuale sfruttamento illecito (da parte di gruppi o governi) comporterebbe gravi rischi di proliferazione e minacce alla stabilità internazionale.

La presenza di reattori civili, quindi, non solo fornisce a un Paese competenze tecnico-scientifiche utili all’eventuale sviluppo di un programma militare, ma mette anche a disposizione materie prime (o semilavorate) dalle quali è più facile ricavare, in tempi e costi relativamente ridotti, sostanze fissili impiegabili in ordigni bellici. Questo intreccio tra nucleare civile e militare può essere quindi il vero motivo a sostegno della propaganda a favore del nucleare civile.

(26 gennaio 2025)

Dall'illusione del cosmismo russo ai poveri transumanisti come Elon Musk

Il pensiero transumanista, con la sua fiducia incrollabile nella tecnologia come strumento per risolvere ogni problema umano, trova inaspettate similitudini con le visioni utopiche dei cosmisti comunisti russi del XX secolo. Sebbene i due movimenti abbiano radici culturali ed economiche profondamente diverse, condividono l'idea che il progresso scientifico possa trascendere i limiti della condizione umana e portare l'umanità a un futuro radicalmente nuovo.

L'eredità dei cosmisti russi

I cosmisti russi, tra cui Nikolaj Fëdorov e Konstantin Tsiolkovsky, sognavano una fusione tra spiritualità e scienza. Il loro obiettivo era l'immortalità, non solo per i vivi, ma anche per i morti. L’imbalsamazione di Lenin, orchestrata con l’idea che un giorno la tecnologia potesse resuscitarlo, è uno degli esempi più emblematici di questa visione. Il cosmismo combinava un profondo misticismo con un ottimismo quasi illimitato nei confronti della scienza, considerata la chiave per superare la morte e colonizzare l’universo.

Un concetto centrale del cosmismo è quello di "noosfera", introdotto da Pierre Teilhard de Chardin e Vladimir Vernadskij. La noosfera rappresenta una fase evolutiva in cui l'attività mentale umana, basata sulla conoscenza scientifica e sulla coscienza collettiva, diventa una forza geologica capace di influenzare il destino fisico e sociale del pianeta, trasformandolo in un luogo governato dalla razionalità e dalla conoscenza collettiva.

A me piace immaginare che le idee siano entità viventi, in grado di evolversi e plasmare il destino della Terra. Questo spiegherebbe tante cose, sia nel bene che nel male. Ma questa mia visione è più simile al concetto di eggregora che di noosfera. Andiamo oltre...

Elon Musk: il cosmista capitalista

Tra i moderni transumanisti, Elon Musk è forse il più emblematico. Con le sue ambizioni di colonizzare Marte, costruire un’intelligenza artificiale benevola e spingere oltre i limiti conosciuti la scienza medica, Musk incarna una versione capitalista dei sogni cosmisti. Non è un caso che Musk citi spesso Tsiolkovsky, ricordando la sua famosa frase: “La Terra è la culla dell'umanità, ma l'umanità non può rimanere nella culla per sempre”. Musk sembra vedere in questa massima un mandato morale per spingere l’umanità verso un futuro interplanetario.

Il transumanesimo di Musk si basa su una convinzione fondamentale, ovvero che la tecnologia può risolvere tutto. Le sue parole – “Voglio costruire un futuro per il quale ci si possa alzare la mattina ed essere entusiasti”, aggiungendo che “la vita non dovrebbe consistere solo nel risolvere un misero problema dopo l'altro” – riecheggiano un ottimismo quasi religioso, che rifiuta l’idea che l’esistenza umana debba essere ridotta alla mera sopravvivenza o alla soluzione di problemi contingenti. Per Musk, la tecnologia non è solo uno strumento, è anche una promessa di redenzione.

L'illusione del futuro?

Musk, e con lui molti transumanisti, sembra ignorare una verità fondamentale: non è necessario aspettare il futuro per trovare entusiasmo nella vita. Molti di noi, oggi, vivono già con una gioia e una curiosità quotidiane che non dipendono da macchine avanzate o dalla colonizzazione di Marte. La meraviglia è già accessibile, nella semplicità del presente, nello stupore e nel mistero della vita, e nelle relazioni umane.

Non è neanche necessario affaticarsi costantemente a risolvere un problema dopo l'altro, seguendo i ritmi alienanti della nostra società, né tantomeno autoingannarsi che il proprio valore sia in funzione di quante cose difficili riusciamo a fare. Cosa dire allora degli eremiti, dei monaci, o delle ragazze che nella clausura sono più felici di tanti altri? Cosa dovremmo pensare dei semplici contadini che gioiscono nel vedere l'alba dal loro campo e nel parlare con i loro animali?

A questa "incapacità di gioire del presente", va aggiunta anche un'altra questione. I cosmisti russi credevano che il futuro fosse un progetto collettivo, un sogno che richiedeva la partecipazione di tutti. Il transumanesimo contemporaneo, invece, è spesso dominato da una visione individualistica e capitalistica, in cui il progresso è guidato da imprenditori visionari piuttosto che da comunità unite. Questa differenza non è trascurabile, perché la tecnologia, per quanto avanzata, non può sostituire i valori umani fondamentali.

Il presente è già meraviglioso

La fiducia smisurata nella tecnologia va di pari passo ad una sfiducia crescente in noi stessi, nella vita e nelle relazioni. L'innovazione tecnologica sta gettando l'umanità in un abisso di disperazione, e siamo solo all'inizio. La tecnologia non solo ci sta rubando il lavoro e il senso di identità che ne consegue, ma rischia anche di farci dimenticare che la bellezza della vita è già qui, ora.

La capacità di svegliarsi ogni mattina con entusiasmo non è un lusso riservato a un futuro tecnologico, ma una "scelta" che possiamo fare ogni giorno. Invece di guardare costantemente avanti, potremmo imparare a riconoscere e celebrare ciò che già abbiamo, in un mondo ricco di possibilità, connessioni e meraviglie.

Il transumanesimo promette falsamente di allargare i nostri orizzonti, disconoscendo però la straordinarietà del presente. Invece di pensare all'illusorio potenziale della tecnologia, che può solo "spostare" i problemi ma non "risolverli", potremmo meglio abbracciare la bellezza intrinseca delle nostre esistenze.

(13 gennaio 2025)

Per approfondimenti:

La tecnologia si mangerà il lavoro (con Giuseppe Masala)
(Elon Musk e il cosmismo russo sono discussi a partire da 58 minuti)
https://m.youtube.com/watch?v=9Ijs_kaLd_g

Elon Musk: A Dangerous ‘Evolution’
https://bylinetimes.com/2024/10/02/elon-musk-a-dangerous-evolution/

 

Dall'illusione del cosmismo russo ai poveri transumanisti come Elon Musk (Francesco Galgani's art, January 13, 2025)
(go to my art gallery)

Il silenzio della miseria

Nel gelo dell'inverno, con il respiro che si congela nell'aria, la Transnistria si ritrova senza gas. Niente più acqua calda, né riscaldamento. Anche la Moldavia si prepara ad affrontare un inverno glaciale priva di adeguate fonti di calore. Queste regioni hanno ondate di freddo intenso che possono scendere fino a -20°C, con picchi fino a -35°C. In questo scenario da brividi, non è il caso a governare, ma una scelta politica.

I nostri leader, supportati dai media che amplificano il loro messaggio, dipingono questi eventi tragici come un progresso verso una maggiore autonomia e sicurezza energetica per l'Europa. Se tale affermazione appare insensata agli occhi di una persona comune, si rivela invece colma di significato per chi considera l'umanità un dettaglio insignificante, appena superiore a un'infestazione di scarafaggi.

Le autorità locali hanno consigliato ai residenti di adottare misure per conservare il calore, come vestirsi pesantemente, riunire i membri della famiglia in una sola stanza e utilizzare coperte o tende spesse per coprire finestre e porte. Ma sono discorsi sensati questi? Sono soluzioni applicabili?

Una volta questa si chiamava "crisi umanitaria", per non dire "massacro". Ma da un po' di anni, ormai, i grandi aiuti sono solo per comprare armi, e nessuno si sta stracciando le vesti per questa gente, abbandonata da tutti. I poveri tra i poveri non interessano a nessuno, se non per abusarli.

I potenti, sordi al pianto, tracciano il destino dell'Europa senza cuore né mente. Credono di essere eletti, supremi, ma sono ombre vuote, burattini di un'arroganza cieca.

Eppure, tra le nebbie della disperazione, ci sono i nobili, i vivi, i coraggiosi che brillano come fiaccole di umanità in un mondo di zombie. Questi sono gli "ultimi", quelli veri, quelli che conoscono il sacrificio e l'amore, che lavorano come bestie sotto un cielo perennemente grigio, privati del sole e delle gioie, ma non della dignità. Sono loro, gli eroi dimenticati, che portano il peso del mondo sulle spalle.

Dall'altra parte, al di sopra delle rovine, siedono i signori della guerra, i mercanti della morte. Sono coloro che spogliano le terre, che rubano il pane, che trasformano la vita in un'eterna schiavitù. Tiranni dal volto spavaldo, privi di grazia, senza l'ombra di un merito, regnano solo grazie alla loro prepotenza e alla loro spietata sete di dominio.

E ci sono poi i mediocri, che invero sono la maggioranza, cioè quegli avidi che, pur nella loro miseria, ambiscono al potere degli oppressori. Vivono di invidie e gelosie, e non sono migliori dei mostri che venerano.

Ma gli ultimi, gli umili, coloro che resistono e custodiscono il fuoco della speranza, sono il respiro della terra. Se il prossimo diluvio universale non ci ha ancora sommersi, è perché il cielo guarda agli ultimi. Costoro sono i veri salvatori, i silenziosi guardiani di un mondo che non li merita.

Il silenzio della miseria (Francesco Galgani's art, January 4, 2024)
(January 4, 2025, go to my art gallery)

טוֹב אֶרֶךְ אַפַּיִם מִגִּבּוֹר, וּמֹשֵׁל בְּרוּחוֹ מִלֹּכֵד עִיר׃

טוֹב אֶרֶךְ אַפַּיִם מִגִּבּוֹר, וּמֹשֵׁל בְּרוּחוֹ מִלֹּכֵד עִיר׃ (Francesco Galgani's art, January 2, 2025).jpg
(January 2, 2025, go to my art gallery)

לא תרצח (שמות כ, יג). מילת ציווי קצרה זו מעמידה את קדושת החיים כאחת מאבני היסוד של התורה, ואוסרת על האדם ליטול חיי אחר.

ראו עתה כי אני אני הוא ואין אלהים עמדי אני אמית ואחיה מחצתי ואני ארפא (דברים לב, לט). פסוק זה מבליט את העובדה שהחיים והמוות נתונים בידי הבורא לבדו, ואין לאדם רשות להתערב בקביעת עת פקידתם.

אל תדין את חברך עד שתגיע למקומו (אבות ב, ה). המשנה מלמדת שטרם נמהר לשפוט את זולתנו, עלינו להכיר במגבלותינו ולהפנות את עיקר תשומת הלב לתיקון מעשינו שלנו.

ב' בטבת תשפ"ה


traduzione:

Chi è lento all'ira vale più di un eroe, e chi domina se stesso è meglio di chi conquista una città

"Non uccidere" (Esodo 20, 13). Questa breve ingiunzione stabilisce la sacralità della vita come uno dei pilastri fondamentali della Torah, proibendo all'uomo di togliere la vita a un altro.

"Ora vedete che io, io lo sono, e nessun altro è dio accanto a me. Sono io che dò la morte e faccio vivere; io percuoto e io guarisco e nessuno può liberare dalla mia mano" (Deuteronomio 32, 39). Questo versetto mette in evidenza il fatto che la vita e la morte sono nelle mani del Creatore e che l'essere umano non ha il diritto di interferire con il momento stabilito per il loro compimento.

"Non giudicare il tuo compagno fino a che pure tu non ti troverai al suo posto" (Avot 2, 5). La Mishnah insegna che, prima di affrettarci a giudicare gli altri, dobbiamo riconoscere i nostri limiti e concentrare la nostra attenzione sulla correzione delle nostre azioni.

(2 Tevet 5785, ovvero 2 gennaio 2025)

"Dio è con noi", disse Putin

Il presidente russo Vladimir Putin, durante una conferenza stampa a San Pietroburgo il 26 dicembre 2024, ha dichiarato che "Dio è con noi", rispondendo a una domanda sulla possibile conclusione del conflitto in Ucraina entro il 2025.

La sua affermazione ha un impatto psicologico molto forte, in particolare rimane come un messaggio impresso nell'inconscio dei suoi sostenitori.

"Dio è con noi" sottolinea un approccio alla guerra in cui la religione è un elemento di legittimazione morale di fronte a scelte molto difficili, cruente e costose. La Russia si presenta come difensore della cristianità ortodossa, contrapposta a un Occidente disumanizzato che non crede più a nulla, che è soltanto affarista, con una visione a brevissimo termine. L'Occidente, dalla prospettiva della Russia, è semplicemente l'impero del male.

Questo, in sintesi, ciò che Putin ha voluto evocare con le sue parole. Fin qui, credo di non aver né aggiunto né tolto nulla a ciò che lui ha comunicato sia in questa che in altre occasioni.

I commenti politici seri li hanno già fatti altri. Quelli denigratori, che sicuramente non mancheranno, non li considero e non li cerco.

Io vorrei solo aggiungere una domanda. Invece di "Dio è con noi", non sarebbe meglio "Dio è in ciascuno di noi, in particolare in coloro che sono afflitti e soffrono"? Non sarebbe meglio "Dio è in coloro che portano la croce senza cedere alla seduzione dei soldi e del potere"?

La frase "Io sono la via, la verità e la vita", pronunciata da Gesù nel Vangelo di Giovanni (14:6), non vale anche per i cristiani ortodossi russi?

Ancora meglio, non sarebbe "Deus sive Natura"? Ma forse sto andando troppo oltre... ne ho parlato in "La gioia è il sentimento della realtà".

(31 dicembre 2024)

Gandhi e la modernità: lo sviluppo tecnologico non è progresso, ma regresso?

Il confronto tra "progresso" tecnologico e "sviluppo" tecnologico rappresenta una riflessione critica sulle implicazioni etiche, sociali e filosofiche della scienza e della tecnologia nella società contemporanea. Non a caso, all'inizio del libro che ho scritto insieme a Giulio Ripa, "Liberazione dell'intelletto per una nuova umanità", parliamo di un "equilibrio tra sviluppo tecnologico e valori umani fondamentali", evitando accuratamente di usare la parola "progresso". La distinzione tra i due concetti è essenziale per comprendere il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente tecnologico, così come il modo in cui le innovazioni possono essere utilizzate per migliorare o deteriorare la qualità della vita.

Il "progresso" tecnologico si riferisce al miglioramento qualitativo e al potenziale etico di una tecnologia. Si tratta dell'idea che un'innovazione possa arricchire l'umanità, rispondere ai bisogni fondamentali e contribuire a una società più equa e sostenibile. D'altra parte, lo "sviluppo" tecnologico indica il processo quantitativo e continuo di avanzamento, spesso motivato da dinamiche economiche e commerciali, che solitamente portano con sé disuguaglianze, sfruttamento e danni ambientali.

L'idea che lo "sviluppo" tecnologico sia anche un "progresso" nasce dalla visione illuminista del XVIII secolo, un periodo caratterizzato da una fiducia crescente nella capacità della ragione umana di migliorare il mondo. Questo movimento culturale e intellettuale, che fiorì principalmente in Europa, considerava la scienza e la tecnologia come strumenti essenziali per liberare l'umanità dall'ignoranza, dalla povertà e dall'oppressione. Pensatori come Voltaire, Diderot e Condorcet promossero l'idea che il progresso scientifico e tecnologico potesse portare a una società più giusta, illuminata e prospera.

In questa prospettiva, il progresso tecnologico è intrinsecamente positivo, perché si suppone che porti miglioramenti universali, promuova la verità e il bene, e garantisca un futuro luminoso. Tuttavia, questa visione è facilmente smontabile per il suo determinismo ingenuo e per i risultati disastrosi dello "sviluppo" tecnologico contemporaneo, che non è né neutrale né positivo. È profondamente radicato in un sistema militarizzato e neoliberista, che sfrutta la tecnologia come strumento di dominio e profitto. I principali sviluppi tecnologici, dall'inizio dell'era industriale fino alla contemporanea intelligenza artificiale, hanno spesso avuto origine nel contesto di conflitti militari o comunque per fini strategici di dominio. Questo modello, alimentato da una logica predatoria, non si limita ad ampliare le disuguaglianze ma porta anche devastazione sociale ed ecologica.

Un esempio emblematico è quello riportato da Tiziano Terzani nei suoi libri "Un indovino mi disse" e "In Asia", che descrive gli effetti disastrosi della cementificazione delle risaie in Thailandia. In nome di uno "sviluppo" economico, i contadini sono stati abbandonati a loro stessi, mentre gli imprenditori si spostavano verso paesi ancora più poveri, lasciando dietro di sé terra devastata e comunità spezzate. Terzani racconta come le giovani donne delle campagne, private di opportunità, siano spesso finite a prostituirsi a Bangkok, simbolo di uno "sviluppo" che arricchisce pochi e distrugge le vite di molti. È ben noto che fenomeni simili si verificano anche in altre località turistiche ambite dagli occidentali, come Pattaya. Questo caso specifico della Thailandia è un esempio tra i tanti possibili che illustra chiaramente come lo "sviluppo" tecnologico, anziché promuovere il benessere universale, sia perlopiù un meccanismo di oppressione e sfruttamento. Non a caso, nel mio quadretto "Verso il 2025... I guardiani della Terra", ho messo la Thailandia al centro, in quanto simbolo significativo dell'oppressione di un popolo dimenticato dal main stream e martoriato.

Gandhi, a cui Tiziano Terzani faceva riferimento, criticava la civilizzazione occidentale industrializzata perché riteneva che incoraggiasse l'avidità, lo sfruttamento e la disumanizzazione. In particolare, nei suoi scritti, soprattutto nel libro "Hind Swaraj" (1909), sosteneva che la modernità e le macchine non fossero sinonimi di "progresso" umano. Egli credeva che le società del passato avessero scelto consapevolmente di limitare il loro "sviluppo" tecnologico – e in particolare la creazione di macchine – per evitare l'esplosione dell'avidità e dello sfruttamento.

La civiltà moderna, secondo Gandhi, non soddisfa mai, ma aumenta solo il desiderio, e lascia l'uomo più debole moralmente rispetto a prima. Egli propone uno stile di vita più semplice, basato sull'autocontrollo e sui valori spirituali, in contrapposizione al consumismo sfrenato e all'accumulo di ricchezze materiali. I nostri antenati, nella visione di Gandhi, erano felici con ciò che avevano e si rifiutavano di accumulare ricchezze materiali per evitare l'avidità e il conflitto. Pur trattandosi di una visione idealizzata della vita dei nostri antenati, il messaggio centrale di Gandhi sottolinea l’importanza di non ridurre tutto allo "sviluppo" materiale. Egli immaginava un passato in cui la sobrietà e l’autosufficienza venivano prima dell'avidità e del conflitto, senza però negare la complessità delle epoche precedenti.

L'idea di Gandhi degli eccessi contemporanei è facilmente dimostrabile. Ad esempio, se guardiamo ai paesi in cui lo sviluppo economico è consolidato e che da tempo non subiscono guerre sul proprio territorio, possiamo riconoscere come – dal punto di vista del benessere tangibile e dei comfort quotidiani – l’uomo medio di oggi goda di privilegi e risorse che un tempo sarebbero stati impensabili persino per i re dell’antichità.

Gandhi sosteneva che i progressi tecnologici fossero utili solo se al servizio dei bisogni fondamentali dell'umanità senza mettere a rischio i valori morali e spirituali. Non era contrario alla tecnologia in sé, ma piuttosto alla sua applicazione per fini egoistici e distruttivi.

Per approfondire, segnalo un'intervista a Gloria Germani di agosto 2024.

(25 dicembre 2024)

Gestione COVID: la verità nascosta in 500 pagine di denuncia

Il "Select Subcommittee on the Coronavirus Pandemic" ha recentemente concluso un'indagine biennale sulla gestione della pandemia di COVID-19 negli Stati Uniti, pubblicando un rapporto finale di oltre 500 pagine intitolato "After Action Review of the COVID-19 Pandemic: The Lessons Learned and a Path Forward" . Questo documento offre una revisione approfondita delle risposte adottate durante la crisi sanitaria, evidenziando criticità e proponendo raccomandazioni per affrontare future emergenze pandemiche.

La stesura di questo rapporto ha richiesto più di due anni di lavoro, includendo l'invio di oltre 100 lettere investigative, la conduzione di oltre 30 interviste trascritte, 25 udienze e l'analisi di più di un milione di pagine di documenti.

Punti chiave del rapporto:

1. Origine del virus: Il rapporto conclude che il COVID-19 "molto probabilmente è emerso da un laboratorio a Wuhan, in Cina", basandosi su caratteristiche biologiche del virus e su malattie riscontrate tra i ricercatori dell'Istituto di Virologia di Wuhan nell'autunno del 2019 .

2. Distanziamento sociale: Si afferma che le raccomandazioni sul distanziamento sociale, che hanno portato alla chiusura di scuole e attività commerciali, erano arbitrarie e non basate su evidenze scientifiche solide .

3. Uso delle mascherine: Il documento sottolinea che non vi erano prove conclusive sull'efficacia delle mascherine nel proteggere gli americani dal COVID-19 .

4. Lockdown prolungati: Il rapporto evidenzia che i lockdown estesi hanno causato danni significativi non solo all'economia, ma anche alla salute mentale e fisica dei cittadini, con effetti particolarmente negativi sui più giovani .

5. Corruzione nel sistema sanitario pubblico: Viene denunciata una corruzione di alto livello all'interno del sistema sanitario pubblico americano, con riferimenti a frodi, sprechi e abusi .

6. Risposta dell'OMS: Il rapporto critica la risposta dell'Organizzazione Mondiale della Sanità alla pandemia, definendola un fallimento, e mette in guardia sul fatto che un eventuale trattato pandemico potrebbe danneggiare gli Stati Uniti e altri paesi .

Questo rapporto conferma con autorevolezza quanto da me sostenuto in questo blog durante gli anni della pandemia. Prima o poi, la verità emerge sempre. Chi si è arroccato dietro il paravento del "parlare in nome della scienza" dovrebbe imparare a essere più prudente e meno perentorio nelle proprie affermazioni. Le politiche attuate "in nome della scienza" si sono rivelate non solo inefficaci, ma hanno anche contribuito a un tragico bilancio umano su scala globale. Le conseguenze nefaste continueranno per decenni, anche a causa della criminosa campagna vaccinale.

Questo vale anche per i 77 vincitori del premio Nobel per la medicina, la fisica, la chimica e l'economia che, in una lettera aperta, invitano i senatori a non confermare la nomina di Robert F. Kennedy Jr., a guida del dipartimento della Sanità americana. Questa si chiama corruzione, quantomeno dell'anima.

(15 dicembre 2024)

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