Crimine dell'industria del latte e delle uova

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https://www.agireoraedizioni.org/opuscoli-volantini/vegan/volantino-latte-uova/

Per una visione di come vengono trattati gli animali, rimando al film documentario DOMINION, che denuncia la violenza sugli animali di ogni specie. Racconta in modo estremamente toccante gli orrori dello sfruttamento animale in ogni settore, ma soprattutto in quello degli allevamenti per l'alimentazione umana.

Crimine dell'industria del latte e delle uova

La Legge della Relatività dei Punti di Vista

Una delle leggi della Fisica è che non è possibile superare la velocità della luce. La prendo per vera, ci hanno già pensato altri a dimostrarla. Piuttosto… stavo pensando una cosa…

La velocità, in senso assoluto, non esiste, nel senso che è sempre relativa a qualcos’altro. Ad es., un passeggero seduto all’interno di un treno in movimento a che velocità si sta muovendo? Beh, ovviamente dipende dal punto di vista: rispetto al suolo sotto il vagone, la sua velocità è uguale a quella del treno, mentre rispetto al vagone la sua velocità è zero (perché ho ipotizzato che è seduto). Fin qui nulla di straordinario…

A ben vedere, però, si potrebbe obiettare che sia normale prendere come punto di riferimento per la velocità qualcosa di “fermo”. Peccato, però, che nell’universo non ci sia nulla di fermo, o meglio, qualcosa può essere considerato fermo (cioè a velocità zero) solo se si sta muovendo nella stessa direzione e verso di ciò che prendiamo come punto di riferimento. Come nell’esempio precedente, il passeggero è fermo solo nel senso che si sta muovendo nella stessa direzione e verso del treno. Al tempo stesso, il suolo è fermo? Direi proprio di no, tutti sanno che la Terra si muove sia su se stessa, sia intorno al Sole. Il Sole è fermo? No, si muove insieme a tutta la galassia. E così via… qualunque punto di riferimento non è fermo in senso assoluto, quindi qualunque cosa può essere legittimamente presa come punto di riferimento per il calcolo di una velocità. Anche fin qui, nulla di straordinario…

Continuando questo ragionamento, prendiamo come punto di riferimento per il calcolo della velocità di me stesso, mentre scrivo al computer queste riflessioni, un fotone che si sta muovendo dal Sole verso la Terra. Qual’è la mia velocità rispetto al fotone?

Semplice: il fotone, essendo il nostro punto di riferimento, è fermo (rispetto agli altri fotoni che si stanno muovendo insieme a lui nella stessa direzione e verso), mentre io mi sto muovendo alla velocità della luce “verso di lui”. Chiaro? Se poi, invece di starmene seduto al computer, salgo su un ascensore e comincio a salire andando incontro al fotone, la mia velocità, che prima era pari a quella della luce, la supera, seppur di poco. Ovvio, no?

Questa è la Legge della Relatività dei Punti di Vista, con la quale ho superato (di poco) la velocità della luce.

Potrei concludere qui… e invece preferisco concludere con un altro esempio per chi desiderasse superare di molto la velocità della luce. Basta prendere due puntatori laser direzionati lungo la stessa linea, ma con verso opposto: prendendo come punto di riferimento uno qualsiasi dei fotoni del primo laser, i fotoni del secondo laser si muoveranno al doppio della velocità della luce rispetto ad esso (in questo caso, il segno della velocità sarà positivo se i due laser puntano l’uno verso l’altro, negativo altrimenti).

E se volessi ottenere una velocità pari al triplo di quella della luce? Lascio questo esercizio ai miei lettori dotati di fantasia. Quel che spero di essere riuscito a comunicare è che i nostri punti di vista possono essere molto illusori perché tremendamente agganciati a ciò che conosciamo: cambiando punto di vista, anche ciò che sembra impossibile può essere superato. E questo, ovviamente, non vale solo per la velocità della luce.

A proposito di velocità della luce, il ragionamento fin qui esposto contiene una contraddizione tra la tesi iniziale (l'impossibilità di superare la velocità della luce) e la sua conclusione (velocità della luce superata). Ne segue che una parte di questo ragionamento è sbagliata (o che è sbagliata l'ipotesi iniziale), proprio perché "agganciata a ciò che conosco". I nostri ragionamenti possono essere molto fallaci se si basano su conoscenze, deduzioni o ipotesi che a loro volta sono incompleti, inesatti o falsi. Non solo: da un punto di vista strettamente logico, da una ipotesi falsa si può arrivare a qualsiasi conclusione, ovvero è possibile dimostrare tutto ciò che vogliamo, anche in contrasto con la realtà, se ci basiamo su ipotesi che non sono corrette nel senso di aderenti alla realtà. Qui però si aprirebbe un altro discorso su cosa è reale e cosa no, e sul fatto che non è reale ciò che è reale ma ciò che noi riteniamo tale... ma ora davvero mi fermo qui.

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
23 aprile 2019

Attentati di Pasqua

Io non sono migliore né degli attentatori, né delle altre vittime, tutti quanti nel mio cuore. Ho usato l’espressione “altre vittime” invece di “vittime” perché pure gli attentatori sono vittime della violenza da loro stessi incarnata, ma non soltanto da se stessi generata. Se fossi la madre o il padre di chi dalla violenza propria o altrui viene ucciso, quanto grande sarebbe la mia sofferenza e quanto atroce la mia disperazione? Da questo punto di vista, sia i kamikaze, sia le altre vittime, sia i loro cari, sia la loro comunità, sia il mondo interno che guarda, tutti quanti siamo dei poveri disgraziati, vittime di un unico grande male.

Colgo l’occasione per ribadire ancora una volta una frase che ho inciso nel mio percorso di interviste sul dialogo inter-religioso: “Non esiste il nemico, esiste soltanto il frutto dell’orgoglio e dell’ignoranza”.

La violenza non nasce dal nulla, ma a volte, quando arriva a certi livelli, occorrono secoli o millenni per crearla. Chi la esercita sino a quel punto deve averne ricevuta davvero tanta. Certa violenza parte da molto lontano e sovente è stata creata da più mani, ma questo i telegiornali non lo dicono.

Il messaggio che facilmente passa è che esistono i buoni e i cattivi, le vittime e i carnefici, gli assediati e gli assediatori. Ma questo è un modo di vedere la realtà che, per quanto verosimile possa apparire nella sua grossolanità, non aiuta a capirla nella sua lunga catena di cause ed effetti, né tanto meno può aiutarci a trasformare il male che abbiamo seminato, e che continuiamo a seminare, in ogni luogo e in ogni tempo (in questo "noi", ovviamente includo anche me).

Ciò che vediamo fuori è un riflesso di quel che abbiamo dentro, sia nel bene che nel male. Quindi cominciamo col trasformare noi stessi se riteniamo che ci sia qualcosa da cambiare fuori di noi.

«[...] Siamo in un periodo terminale, apocalittico, perché la violenza e l'ottusità degli esseri umani è diventata insostenibile per tutte le specie viventi del pianeta. Affrontiamolo serenamente, facendo la nostra parte in una direzione che vada verso la salvezza del pianeta, tutt'uno vivente di cui facciamo parte. Per tale ragione, noi scegliamo come massima priorità di essere vegani e di non esercitare potere sulle altre persone. [...]» (tratto da "La Religione dell'Ultima Lotta").

L’unica maniera per combattere la violenza è non esercitarla, in un percorso che non conosce punti di arrivo, ma solo grandi sfide quotidiane, sorrette dalla profonda convinzione che ciascuno di noi è assolutamente indispensabile per contribuire a rendere questo mondo un posto migliore in cui vivere e in cui gioire, insieme, della vita.

«[...] Come un faro che ci indichi la strada da percorrere nella notte burrascosa e devastante dell’umanità, consideriamo la non-violenza, una corretta informazione e il non sentirci superiori a nessuno come l’unica direzione da intraprendere. Consapevoli dei nostri limiti e delle nostre ombre, ci impegniamo in tal senso. [...]» (tratto da "La Religione dell'Ultima Lotta").

A questo proposito, vorrei sottolineare una questione: i telegiornali, e in generale il sistema mainstream, comunicano quasi esclusivamente le cose da un unico punto di vista (detto "agenda setting", cfr. "AGENDA SETTING - Usare la tv per mettere fratello contro fratello: combattere gli uni contro gli altri per motivi che le lobby decidono"), che, se fosse preso come riferimento per capire ciò che accade attorno a noi, avrebbe come effetto quello di gettarci nella disperazione e nel senso di impotenza, oltre a istigarci all’odio e a nutrire convinzioni errate (su tante questioni). Guardare le cose con gli occhi della televisione è come guardarle con un laser che illumina soltanto un piccolo frammento della realtà, di solito il frammento peggiore e pure fraudolentemente malformato. Ma la realtà è assai più ampia, molto, molto più ampia. Come spunto di riflessione, suggerisco una lettura di “La Legge della Relatività dei Punti di Vista”.

Grazie,
Francesco Galgani,
23 aprile 2019

Linus Torvalds: i social media sono il regno della mediocrità, spazzatura che non aiuta

Quanto segue è una mia traduzione, con note, di una piccola parte di un'intervista rivolta a Linus Torvalds, padre di Linux, pubblicata il 2 aprile 2019 alla pagina: https://www.linuxjournal.com/content/25-years-later-interview-linus-torvalds

Per chi non lo conosce, Linus Torvalds è un programmatore, informatico e blogger finlandese, conosciuto soprattutto per essere stato l'autore della prima versione del kernel Linux e coordinatore, per 25 anni, del progetto di sviluppo dello stesso.

Per correttezza, riporto sia il testo originale (in rosso) sia una possibile traduzione (in blu); le note sono in nero.

«[...]

Bob: If you had to fix one thing about the networked world, what would it be?

Bod: Se tu dovessi risolvere una cosa che riguarda il mondo di Internet, quale sarebbe?

Linus Torvalds: Nothing technical. But, I absolutely detest modern "social media" — Twitter, Facebook, Instagram. It's a disease. It seems to encourage bad behavior.

Linus Torvalds: Niente di tecnico. Ma, io detesto assolutamente i moderni "social media" — Twitter, Facebook, Instagram. Essi sono una malattia. Sembrano incoraggiare un cattivo comportamento. (N.d.t.: "social media" in inglese si può usare al singolare o al plurale a seconda dell'accezione, in questo caso Linus usa il singolare per indicare che si sta riferendo ai "social media" come a un fenomeno sociale, e non a uno specifico canale di comunicazione o a uno specifico social network).

I think part of it is something that email shares too, and that I've said before: "On the internet, nobody can hear you being subtle". When you're not talking to somebody face to face, and you miss all the normal social cues, it's easy to miss humor and sarcasm, but it's also very easy to overlook the reaction of the recipient, so you get things like flame wars, etc., that might not happen as easily with face-to-face interaction.

Penso che anche l'email condivida parte di questo problema, e che come ho già detto: "Su Internet, nessuno può capire quando ti stai esprimendo in maniera acuta [cioè quando il senso di ciò che dici va oltre le parole]" (n.d.t.: questa non è una traduzione letterale di "On the internet, nobody can hear you being subtle", frase che Linus Torvalds ha detto in più interviste, ma una mia parafrasi per esplicitarne il significato). Quando non parli con qualcuno faccia a faccia e ti perdi tutti i normali segnali sociali, è facile non comprendere l'umorismo e il sarcasmo, ma è anche molto facile ignorare le reazioni altrui, scatenando guerre fatte di parole offensive o provocatorie (n.d.t., lett.: "flame wars"), ecc., che difficilmente accadrebbero con l'interazione faccia a faccia.

But email still works. You still have to put in the effort to write it, and there's generally some actual content (technical or otherwise). The whole "liking" and "sharing" model is just garbage. There is no effort and no quality control. In fact, it's all geared to the reverse of quality control, with lowest common denominator targets, and click-bait, and things designed to generate an emotional response, often one of moral outrage.

Ma l'email funziona ancora. Devi ancora metterci un po' di impegno per scriverla, e generalmente c'è un po' di contenuto reale (tecnico o di altro genere). L'intero modello fatto di "tocca su «mi piace»" e di "tocca su «condividi»" è solo spazzatura (n.d.t.: questa è una mia libera traduzione di «"liking" and "sharing" model», con cui ho voluto enfatizzare la superficialità del gesto: qui infatti lo "sharing model" a cui fa riferimento Linus riguarda esclusivamente i social network, mentre non c'entra nulla con il ben più impegnativo "modello di condivisione" su cui egli stesso ha basato la creazione e condivisione del suo progetto Linux, modello che richiede enormi sforzi, investimenti e spirito etico). Non ci sono né sforzo né controllo di qualità (n.d.t.: ancora una volta, il fatto che Linus enfatizzi la mancanza di sforzo e di controllo di qualità va a rimarcare la differenza sostanziale rispetto a un vero modello di condivisione, tipico della comunità di programmatori di cui lui fa parte e di cui lui è il leader e il capo, in cui sforzo e controllo della qualità sono alla base della collaborazione). In realtà, è tutto orientato sul modello opposto al controllo di qualità (n.d.t.: qui Linus si sta esprimendo in maniera eufemistica, sta dicendo che nei "social media" il modello prevalente è quello della mediocrità, dei fake, della superficialità, dell'emotività, dell'assenza di pensiero critico, della velocità), con obiettivi di minimo comun denominatore, e "cose che servono a richiamare click" (lett.: "esche di click", in inglese "click-bait" è al singolare perché "bait" è uncountable), e cose progettate per generare una risposta emotiva, che sovente consiste in un oltraggio morale.

Add in anonymity, and it's just disgusting. When you don't even put your real name on your garbage (or the garbage you share or like), it really doesn't help.

Aggiungici l'anonimato, ed è semplicemente disgustoso. Quando non metti nemmeno il tuo vero nome sulla tua spazzatura (o sulla spazzatura che condividi o che ti piace), davvero non aiuta [nessuno].

I'm actually one of those people who thinks that anonymity is overrated. Some people confuse privacy and anonymity and think they go hand in hand, and that protecting privacy means that you need to protect anonymity. I think that's wrong. Anonymity is important if you're a whistle-blower, but if you cannot prove your identity, your crazy rant on some social-media platform shouldn't be visible, and you shouldn't be able to share it or like it.

In realtà sono una di quelle persone che pensano che l'anonimato sia sopravvalutato. Alcune persone confondono la privacy con l'anonimato e pensano che vadano a braccetto, e che proteggere la privacy significhi che è necessario proteggere l'anonimato. Penso che sia sbagliato. L'anonimato è importante se sei uno o una whistle-blower (n.d.t.: negli Stati Uniti, uno o una whistle-blower è una persona che denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda), ma se non riesci a dimostrare la tua identità, il tuo folle sbraitare contro qualcuno (n.d.t.: lett. "crazy rant") su qualche piattaforma social-media non dovrebbe essere visibile, e non dovresti essere in grado di condividerlo o di indicare che ti piace.

[...]»

traduzione di Francesco Galgani, 21 aprile 2019

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