Vaccini, mascherine, lockdown: costi e benefici nella partita della vita

Partita a scacchi "creativa"In una partita a scacchi, un bravo giocatore riflette bene prima di ogni mossa, per calcolarne i possibili costi e benefici. Un abile giocatore potrebbe persino sacrificare la propria regina, se nei suoi calcoli ciò gli convenisse per vincere la partita.

Allo stesso modo, nel caso del torneo di scacchi “covid”, ognuno valuta bene la propria strategia di gioco: se vincesse chi meglio riuscirebbe a distruggere le fondamenta della società, ridurre in grave indigenza quasi tutta la classe media, affliggere nelle pene del panico quasi tutta la popolazione e a mettere fratello contro fratello, causando la maggior sofferenza possibile alle persone, allora le attuali mosse sarebbero già ottime, comunque migliorabili. Una volta l’istigazione all’odio e il procurato allarme erano reati penalmente rilevanti, ma, come è ben noto, la legge non è e non è mai stata uguale per tutti.

Fuor di metafora: è mai possibile che nel calcolo dei costi/benefici di cui tanti si stanno riempendo la bocca per giustificare la legittimità di certe scelte (o più propriamente l’imposizione di certi obblighi decisi unilateralmente), nessuno si metta a considerare veramente tutto ciò che è in ballo, a cominciare dalla felicità e dal benessere psico-fisico-relazionale delle persone? Un calcolo del genere va oltre l’aritmetica e la statistica, la matematica è solo di parziale aiuto e nel complesso insufficiente.

Secondo me, non contano le opinioni né quanto siano giuste o sbagliate (chi può dirlo?), né tanto meno ho opinioni da difendere. Forse l’unica cosa importante, che trascende le opinioni, sono le relazioni tra le persone e più in generale tra tutti i viventi: se questa non è una partita fatta con pezzi di legno (come può essere una partita a scacchi), ma fatta con le persone e con i loro sentimenti, allora non ha senso parlare soltanto di “calcoli”, perché i calcoli si possono fare in un gioco da tavolo, ma non si possono fare con la “vita”, di cui noi facciamo parte e che è infinitamente più intelligente dell’intelligenza di ciascuno di noi.

Stesso discorso ovunque si guerreggi in una dialettica di vero/falso, giusto/sbagliato, buono/cattivo. La paura attenua la capacità di ascoltare la propria intelligenza, il panico quasi la silenzia. Soltanto quando il cuore è limpido e compassionevole può collaborare con l’intelletto: questa magica collaborazione non punta il dito contro nessuno, ma è capace di rimettere tutto in discussione, suggerendo percorsi alternativi e creativi rispetto a quelli già praticati.

Buona partita,
Francesco Galgani,
10 aprile 2021

Sull’esistenza e non-esistenza di Dio

Per quanto il problema dell’esistenza e non-esistenza di Dio, inteso nell’archetipo di padre creatore, sia già stato sufficientemente affrontato nel corso dei secoli, stamani la mia Anima mi ha suggerito che il problema, nell’ottica semplicistica e riduttiva in cui sovente viene posto (del tipo: “Sei un credente?”), non sussiste.

Il motivo fondamentale è che il mio comportamento di essere umano trascende i concetti di esistenza e di non esistenza di Dio, perché sarebbe lo stesso in entrambi i casi: l’amore, la gratitudine e il rispetto per la vita non hanno bisogno di giustificazioni ulteriori; stesso discorso per le necessità imposte dal viver quotidiano e dai bisogni psico-fisici-relazionali. Quando una persona vive pienamente nel "qui ed ora" ed è in pace con se stessa e con la vita, probabilmente non ha bisogno di farsi troppe domande. Allo stesso modo, quando una persona è serena, il suo stato mentale è come un sole in mezzo a un cielo terso e il proprio agire è già ripulito dai tanti veleni che spesso affliggono noi esseri umani. La vita sorride a chi le sorride, tutto qua.

Il motivo accessorio, non essenziale ma al contempo meritorio di essere esplicitato, è che, in base al principio di contraddizione, di interdipendenza e di compresenza degli opposti (come trattato in: “Collaborazionismo autolesivo umano nell’aderire a verità assolute”), è vera l’esistenza di Dio ed è vera la sua non-esistenza (o, se lo si preferisce, a libera scelta, sono false entrambe). Al contempo, se ammettessimo che il problema della esistenza e non-esistenza di Dio esista, allora probabilmente rientreremmo nella terza casistica proposta dal principio di igiene mentale (come trattato in: “Principio di igiene mentale, trasposizione del rasoio di Occam”) e, forse, come suggerito dal principio in questione, potremmo concludere che il problema non esiste. Entrambi i principi filosofici qui citati ci indirizzano a guardare il problema da una prospettiva diversa da quella usuale, che potrebbe essere sintetizzata in: “Non ti preoccupare di Dio, non importa se Dio esiste oppure no. Metti da parte paure, pregiudizi e preconcetti. Ciò che importa è come è indirizzato il tuo cuore e quale consapevolezza hai del tuo agire”.

Ad ogni modo, so che quanto ho fin qui esposto potrebbe risultare inaccettabile. Chi ritiene che io abbia scritto cose insensate ha pienamente ragione; parimenti, chi ritiene che io abbia scritto cose ragionevoli e giuste ha altrettanto ragione. In entrambi i casi, il percorso di acquisizione di consapevolezza è personale. Spesso, per comodità, preferiamo seguire persone o cose che ci fanno credere di avere la soluzione dei nostri problemi a prescindere dal nostro stato di consapevolezza: ci conviene stare molto attenti, perché in questo modo possono accadere cose molto spiacevoli, se non veri e propri disastri.

Vorrei concludere con una storiella:

«C’era una volta un pesciolino che stava cercando l’oceano. Un giorno, incontra il vecchio pesce saggio e gli domanda: “Pesce saggio, sto cercando l’oceano, sai indicarmi la strada?”. Il pesce saggio rispose: “Dove pensi che stiamo nuotando? Nell’oceano, questo è l’oceano!”, subito il piccolo pesciolino ribatté: “Ma quale oceano, questa è solo acqua!” e se ne andò a cercare in un’altra direzione».

Francesco Galgani,
5 aprile 2021

Principio di igiene mentale (trasposizione del rasoio di Occam)

In linea di massima, una soluzione di un problema è semplice se rientra in ciò che, con un certo stato di consapevolezza, capiamo e riteniamo di poter realizzare, non-semplice in tutti gli altri casi. In questo senso, la semplicità o non-semplicità non sono strettamente legate a quanto tempo e impegno possa richiedere una soluzione, bensì a quanta comprensione ne abbiamo.

Con questa premessa semantica, dato un problema, se vogliamo salvaguardare la nostra salute mentale, fisica e relazionale:

  1. Se c'è una soluzione semplice tra quelle che riteniamo possibili, allora realizziamola.
  2. Se ci sono soltanto soluzioni non-semplici, allora occupiamoci di altro per permettere al nostro stato di consapevolezza di cambiare (al momento opportuno guarderemo il problema da un'altra prospettiva).
  3. Se non vediamo soluzioni, allora: o non esiste il problema o c'è qualcosa di importante che (ancora?) non abbiamo capito, in entrambi i casi è meglio se pensiamo ad altro.

Francesco Galgani,
3 aprile 2021

Genesi e risoluzione dei problemi di vita (messaggio di Pasqua)

I problemi non sono dove sono, ma sono dove noi decidiamo di metterli, più o meno consapevolmente o inconsapevolmente. Dove c’è il male c’è anche un po’ di bene, e dove c’è il bene c’è anche un po’ di male, quindi… perché ci dovremmo preoccupare?

Buona Pasqua 2021,
Francesco Galgani

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