Previsioni per il futuro?
Gli eventi meno probabili e, soprattutto, meno pensati, sono quelli più probabili, quindi non c'è possibilità di previsione.
Per grandi cambiamenti può bastare un evento inatteso a cui nessuno sta pensando e che potrebbe coglierci tutti alla sprovvista.
L'importante è mantenere il cuore allenato alla pace e alla serenità interiore, in modo che, anche se dovesse accadere il peggio, la nostra anima sia pronta.
Dobbiamo anche renderci conto che il destino dell'uomo non dipende solo da ciò che conosciamo, ma da molto, molto di più.
La vita è illusoria, è un sogno, e anche il "libero arbitrio" è perlopiù illusorio. Poco dipende da noi, o forse nulla.
I nostri pensieri, le nostre scelte, le nostre parole, sono realmente "nostre" o sono ciò che nasce dall'interazione, visto che nulla esiste di per sé? La vita è relazione e non c'è nulla al di fuori della relazione, quindi non c'è nulla che sia realmente nostro. Neanche il nostro destino o la nostra mente.
I folli piani dei padroni universali, umani e non umani, saranno costretti a scontrarsi con volontà e decisioni ben più in alto delle loro misere ambizioni di dominio totale e di distruzione.
L'Apocalisse di Giovanni descrive la creazione di un nuovo cielo e una nuova terra (Apocalisse 21-22), dove regneranno pace e giustizia senza più dolore né sofferenza. Troviamo questo concetto, che funge da archetipo di speranza e rinnovamento, anche in altre culture. Per esempio, nel Ragnarok della mitologia norrena si assiste a una battaglia finale seguita dalla rinascita del mondo, mentre nella mitologia indù la fine del Kali Yuga (l'era più oscura, cioè la nostra) prelude a un'era di giustizia e verità. Analogamente, nello zoroastrismo, la fine dei tempi vede la vittoria definitiva del bene sul male, un tema condiviso anche da varie mitologie mesoamericane, come quella dei Maya. Queste narrazioni apocalittiche, pur variando nei dettagli, riflettono una visione universale di catastrofe e successiva redenzione.
Tutto andrà come deve andare, non dobbiamo preoccuparci di nulla, se non di fare costante pulizia delle nostre anime e allenamento delle nostre virtù fondamentali che vanno verso l'armonia e la coesistenza.
(27 aprile 2024)
Riformulare il fallimento attraverso parole più consapevoli
Il nostro mondo è spesso dominato da legittime aspettative di realizzazione economica e di successo, ma tali aspettative sono sovente inquinate e distorte da emozioni tristi, da giudizi sprezzanti verso se stessi o verso gli altri, da sensi di colpa, da senso di inadeguatezza, di inferiorità deprimente o, al contrario, di narcisistica superiorità. In questo clima di "non amore", possiamo soffrire pesantemente per parole come "sbagliato" od "errore", che diventano come specchi deformanti.
Queste parole non solo portano con sé una carica di negatività, ma possono anche limitare la nostra capacità di percepire il valore reale delle nostre esperienze vissute o delle situazioni non soddisfacenti, non chiare, ambigue o dall'esito incerto. Tutto ciò diventa ancora più pesante se la nostra anima soffre dell'unica malattia che per lei ha significato, cioè la solitudine.
A volte, però, basta davvero poco per stare meglio, vivere con tranquillità anche in mezzo al caos e accostarsi agli altri con più gentilezza. Ad esempio, possiamo sostituire l'espressione "essere sbagliato" con "non fa per me", e il concetto di "errore" con quello di "cambio di consapevolezza". Questo ci offrirà una visione più costruttiva e compassionevole del nostro e dell'altrui percorso di vita.
L'idea di "essere sbagliato", riferito ad una situazione, un comportamento o persino una persona, implica un giudizio universale e definitivo, che suggerisce l'esistenza di un modo corretto e uno sbagliato di essere o fare. Questa visione duale, però, trascura la complessità del reale e la ricchezza delle diversità, delle preferenze e dei talenti individuali. E' inoltre una visione che non tiene conto del relativismo del bene e del male, che coesistono e si contrappongono in reciproca interdipendenza e variabilità a seconda dei punti di osservazione e delle circostanze. Sostituire un'etichetta negativa con un semplice "non fa per me", invece, ci introduce ad una prospettiva più soggettiva e meno critica, aiutandoci a riconoscere che ciò che non funziona per noi può essere perfettamente valido per altri.
Inoltre, considerare gli "errori" come riflessi del nostro livello di consapevolezza in un dato momento ci permette di vedere ogni passo falso, o persino difficili e coraggiose scelte di vita, non come un fallimento, ma come un passaggio necessario nel nostro sviluppo e anche nel superamento delle nostre prove karmiche. Questo nuovo modo di interpretare le azioni passate — da errori a cambi di consapevolezza, da errori a superamento di prove, da errori a pulizia interiore — ci invita ad accettare che abbiamo fatto ogni scelta e agito in certi modi con le migliori informazioni e capacità che avevamo in quel momento.
Superare una prova karmica non necessariamente significa ottenere un risultato positivo, nel senso convenzionale o sperato, in una certa situazione difficile o molto difficile. Piuttosto, significa evolvere interiormente in risposta a quella situazione. Il concetto di "chiusura", in questo contesto, può essere particolarmente potente. A volte la vita ci pone di fronte a scelte o eventi che possono sembrare fallimenti o errori. Tuttavia, se sperimentiamo una grande delusione o perdita e riusciamo ad imparare da quell'esperienza, ad accettarla e a trovare una nuova direzione, questo può essere interpretato come avere risolto una parte del nostro karma.
Quindi, sostituire i concetti di "errore", "essere sbagliato", "fallimento", ecc., con nuovi termini più consapevoli può migliorare notevolmente il nostro benessere psicologico e relazionale. Questo ci incoraggia ad essere più aperti verso nuove esperienze di vita e verso l'apprendimento continuo che da queste ne deriva.
Dal punto di vista sociale, questa trasformazione linguistica può favorire una cultura più pacifica e amorevole. In un ambiente dove le differenze sono viste come risorse e non come debolezze, possiamo costruire relazioni più solide e vivere un senso di comunità più coeso.
Come scrisse un mio caro amico: «Al di là di ogni discussione, poi l'esperienza diretta fa giustizia delle parole usate solo per schierarsi o soddisfare il proprio io. [...]. La forza dell'amore vince su ogni cosa».
Per concludere, a proposito di parole, vorrei porre l'attenzione su "realizzazione personale", "avere successo" e "percorso di vita". Cosa significano? Il senso, nel linguaggio comune, è estremamente ambiguo. Volendo dare a queste espressioni un senso coerente con quanto fin qui discusso, mi piace immaginare che siamo tutti su una grande e larga strada. Stiamo andando tutti nella stessa direzione, ma in modi diversi, con compagni di viaggio diversi, con mezzi diversi. C'è anche chi è rimasto a piedi e senza scarpe, eppure prosegue. Ognuno di noi, rispetto agli altri, ha un peso diverso o molto diverso dei bagagli (cioè delle prove karmiche da superare). Molti bagagli, ingombranti e pesanti, sono in comune e vanno portati in gruppo.
In questa lunghissima e affaticata carovana, c'è chi è più avanti, e chi è più indietro o molto indietro. C'è anche chi, pur essendo già arrivato a destinazione, è tornato urgentemente indietro per dare una mano a chi ha avuto un incidente, a chi è rimasto ferito e a chi si è perso.
La destinazione comune di questo sofferente e travagliato viaggio è il pieno sviluppo delle nostre anime, cioè della capacità di amare, e la riunificazione con la Saggezza universale che ha creato l'illusione del sogno in cui siamo immersi.
(26 aprile 2024)
Usare la fame e la disperazione per convincerci ad andare in guerra?
La morte di Internet?
I trasformatori generativi pre-addestrati (GPT) sono una classe di modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM) che utilizzano reti neurali artificiali per produrre contenuti simili a quelli umani. Il primo di questi, ChatGPT, è stato sviluppato da OpenAI. Questi modelli hanno creato notevoli controversie. Ad esempio, Timothy Shoup del Copenhagen Institute for Futures Studies ha affermato che “nello scenario in cui GPT-3 ‘si libera’, Internet diverrebbe completamente irriconoscibile” (fonte). Ha previsto che in uno scenario del genere, il 99%-99,9% dei contenuti online potrebbe essere generato dall'intelligenza artificiale entro il 2025-2030.
Nel 2024, Google ha riferito che i suoi risultati di ricerca sono stati inondati da siti web che “sembrano creati per i motori di ricerca invece che per le persone” (fonte). In una corrispondenza con Gizmodo, un portavoce di Google ha riconosciuto il ruolo dell'intelligenza artificiale generativa nella rapida proliferazione di tali contenuti, che potrebbero sostituire alternative più valide create dall'uomo (fonte).
Fino a quando non osserviamo direttamente un fatto con i nostri occhi e non lo udiamo con le nostre orecchie, dobbiamo ammettere la possibilità che possa non essere autentico. Nessun elemento visivo, nessun suono ci garantisce l'assoluta veridicità di ciò che percepiamo. È imperativo adottare un approccio molto più prudente e scrupoloso.
Sui social media, tutto ciò che vediamo potrebbe essere falsificato. La distinzione tra verità e menzogna è già sfumata, e presto potremmo trovarci in uno stato di perenne incertezza, incapaci di discernere il falso dal vero. La problematica delle immagini e dei video ingannevoli è che, pur sapendo della loro falsità, non possiamo evitarne la visione. Vale la pena di ricordare quante immagini e filmati di videogiochi sono stati trasmessi nei notiziari ufficiali italiani, di importanti emittenti nazionali, scambiandoli per immagini di guerra in Ucraina. Addirittura su queste immagini false sono state condotte e argomentate intere trasmissioni televisive, praticamente basate sul nulla.
Il vero problema risiede nella nostra impossibilità nel riconoscere l'inganno visivo o uditivo: la nostra comprensione della verità ne è compromessa, così come la credibilità dei nostri leader politici. Un tempo, se un politico veniva catturato in video mentre affermava o faceva qualcosa, non poteva negarlo. Oggi invece la situazione è cambiata radicalmente. Chiunque, anche un bambino, può prendere la foto di una persona e ricrearne un'altra realistica che ne mostri atteggiamenti inappropriati, criminali o denudarla. Oppure possiamo registrare tre secondi della voce di una persona per clonarla e farle dire tutto ciò che vogliamo. Si tratta di una minaccia tangibile e immediata. Ed è solo l'inizio.
Ad esempio, prendiamo queste due fotografie realistiche ma false (cioè realizzate tramite intelligenza artificiale), che hanno fatto il giro del web. La prima riguarda Gaza, e la seconda l'Ucraina:
A tal proposito, riporto l'articolo di Jeff Hoffman del 24 aprile 2024, pubblicato sul sito della Casa del Sole TV:
Il vicolo cieco della rete internet?
La rete internet è invasa da contenuti generati dall’intelligenza artificiale. L’allarme è stato lanciato da Toby Walsh, professore di intelligenza artificiale all’Università del Nuovo Galles del Sud che, in poche parole, ha parlato del 2024 come dell’anno della svolta artificiale della rete internet.
“Gli utenti di Internet del futuro guarderanno al 2024 come all’anno in cui la rete smetterà di essere umana e sarà dominata da contenuti sintetici generati dall’intelligenza artificiale”, ha precisato Welsh.
Gli ha fatto eco Filippo Menczer, professore di informatica e direttore del Social Network Observatory dell’Università dell’Indiana, che ha in qualche modo richiesto un immediato intervento regolatore da parte della politica.
Mentre i grandi manovratori del big tech si mostrano impegnati a controllare gli sviluppi dell’intelligenza artificiale, tuttavia, l’uso dei sempre più sofisticati bot la fa da padrone sui social networks che, lontano dallo sguardo umano, gonfiano artificialmente il numero di iscritti a certi profili e generano immagini e notizie infestando la rete di false notizie e di interazioni robotiche piuttosto che umane.
Va aggiunto che i robot non sono coinvolti solo nella creazione di contenuti spazzatura, ma anche nel loro consumo. Le pubblicazioni effettuate dai bot richiedono, a loro volta, la partecipazione di altri account e siti artificiali in un circolo vizioso senza fine.
“Il 90% e più degli utenti di una piattaforma potrebbe essere composta da robot”, denuncia il professor Welsh esprimendo nostalgia per le prime versioni di piattaforme come Twitter.
“Chiaramente esse non fanno un buon lavoro nel penalizzare i contenuti dell’intelligenza artificiale, altrimenti non avremmo bot farm e altri dispositivi per manipolare la nostra attenzione”, ha aggiunto il docente.
A complicare il quadro è intervenuta una cosiddetta “teoria del complotto” che parla della morte di internet, spiegano molti esperti negando, come da manuale, l’esistenza di una regia occulta sulla disumanizzazione della rete.
Ciò che è certo, e che la stessa società Google ha certificato, è che più il motore di ricerca è sofisticato e adattato al profilo dell’utente e più i navigatori della rete si impigriscono e instupidiscono.
“Cerchiamo di ridurre al minimo la quantità di tecnologia che i nostri figli possono usare”, dichiarò infatti Steve Jobs in tempi non sospetti.
E la guerra contro l’intelligenza umana continua.