La fine della guerra (Mauro Scardovelli)

Come possiamo creare un accordo in un gruppo di persone che, seppur con le loro diversità, possano remare dalla stessa parte e dar luogo ai raggiungimento di quei prestigiosi obiettivi che possono cambiare l’umanità?

Video di Mauro Scardovelli, 28 marzo 2024 (fonte)

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La magia del linguaggio per superare l’ipnosi delle parole manipolatorie

In un'epoca in cui l'orizzonte delle nostre possibilità sembra restringersi sempre di più dietro l'illusione di “soluzioni uniche”, nel senso di definitive e solitamente belligeranti o autolesive, la nostra innata creatività rischia di essere ingabbiata e mutilata, trasformando le nostre vite da misteriosi e a volte meravigliosi sogni a colori in incubi in bianco e nero…

Questa mia riflessione è nata dal fatto che due giorni fa, il 3 aprile 2024, l’Esercito della Repubblica Islamica dell’Iran ha dichiarato che l’“l’unica soluzione alla questione palestinese è la resistenza e la lotta fino all’annientamento del regime sionista” (fonte), il che, se venisse applicato letteralmente, significherebbe Terza Guerra Mondiale (nucleare?). Cui prodest?

Nel corso del tempo, ho ascoltato una miriade di presunte soluzioni “uniche”, intese come panacee ai mali del mondo o della vita personale, tra cui ricordo:

  • l’unica soluzione è il vaccino (distruggendo al contempo la sanità pubblica e proibendo le cure)
  • l'unica soluzione è stare chiusi in casa (per aumentare la possibilità di ammalarsi nell’anima e nel corpo)
  • l’unica soluzione è la guerra (in quanto antico e ben collaudato metodo per non risolvere i problemi)
  • l'unica soluzione è ridurre la popolazione mondiale (nel migliore dei casi seguendo un ideale malthusiano, nel peggiore condannando l'esistenza umana come qualcosa di intrinsecamente negativo, come se fosse un cancro del pianeta)
  • l’unica soluzione è non mangiare (alimentandosi di Prana)
  • l’unica soluzione è non respirare (per non produrre anidride carbonica sovvertendo il clima)
  • l’unica soluzione è la guerra finale e totale (per porre fine alle proprie sofferenze individuali)
  • l’unica soluzione è capire meglio qual è il problema da risolvere (senza aggrapparsi a nessuna idea precostituita)

Alcune delle frasi precedenti sono sarcastiche, ma quali? A ognuno il suo giudizio. L’intelligenza umana è un sublime prodotto della coscienza della vita che a volte si presta a follie oltre ogni limite.

A ben vedere, nessuna affermazione, nessun pensiero regge davanti alla realtà complessa e duale in cui viviamo, tanto meno è praticabile la ricerca di soluzioni uniche. Le soluzioni a un problema non sono mai singolari, ma si presentano come un ventaglio di possibilità. Con un po’ di creatività, questo ventaglio si apre in un'infinità di opzioni, ognuna con la sua strada da esplorare, alcune persino antitetiche ma non per questo meno valide.

Dunque, non lasciamoci sedurre dalle parole. Ogni qualvolta sentiamo o pronunciamo la frase “unica soluzione”, siamo di fronte a un inganno. Per lo stesso motivo, evitiamo di dare credito a qualsiasi pensiero, nostro o altrui, che si avvalga di avverbi assoluti come “sempre” o “mai”. La bellezza del nostro mondo risiede proprio nelle sue infinite possibilità e nelle molteplici strade che si aprono davanti a noi, pronte per essere percorse.

Quando non c’è speranza, creiamola.

(5 aprile 2024)

Oltre il pensiero

Qui ed ora.
Lasciare andare.
Il respiro rallenta.
L’energia del respiro è l’unica rimasta.
Il corpo non c’è più.

I pensieri automatici non hanno più alcun supporto.
Non c’è più alcun giudizio.
Ogni parola di troppo torna ad essere ciò che è sempre stata, cioè vacuità nella vacuità.
L’espressione “Io sono…” cambia completamente di senso, allargandosi all’infinito.

E’ una bella esistenza, perché la mia anima è bella.
Il carburante del motore della vita sono l’affetto e l’amore.
Oltre questo non c’è altro.
Siamo insieme, siamo uno, siamo ciò che siamo sempre stati.

(3 aprile 2024)

Il rogo di Internet

Nel cuore dell'era ipertecnologica in cui ci troviamo immersi, l'adozione delle innovazioni tecnologiche non è una scelta, ma un obbligo. Chi sceglie di rimanere al margine di questa corsa alle novità omologanti, infatti, si trova di fronte a isolamento sociale, professionale ed esistenziale. Destino ancora peggiore attende quegli eretici che osano mettere in discussione le tecnologie imposte dall'alto e il loro uso coatto.

Questo paradigma non è una novità, perché fin dall'alba dei tempi ogni nuova tecnologia ha presupposto l'accettazione e l'uso di quelle che l'hanno preceduta. Senza dover ripercorrere ogni tappa che ci ha portato al seducente e travolgente tsunami dell'intelligenza artificiale generativa - già considerata da molti un requisito imprescindibile per vivere e lavorare - proviamo a riflettere sul fatto che tutto lo sviluppo tecnologico si basa sull'esistenza della scrittura.

Osserviamo infatti quelle tecnologie che ormai consideriamo parte integrante del nostro essere: il cellulare, l'auto, la televisione, i social network, YouTube, e così via. Tutte queste innovazioni, così come le fondamenta stesse delle nostre società - le nostre case, le città, le nazioni - sarebbero impensabili senza la scrittura. Questa non solo custodisce la nostra memoria collettiva, ma affina anche il nostro pensiero individuale. Tuttavia, i frutti della scrittura sono estremamente vulnerabili. La storia è infatti costellata di episodi in cui nuovi poteri hanno cancellato le testimonianze scritte per affermare la propria egemonia. E non si tratta solo della famigerata distruzione della Biblioteca di Alessandria, un simbolo del sapere del mondo antico, ma di innumerevoli altri atti di oblio forzato. La nostra eredità culturale scritta, così preziosa, è stata purtroppo spesso sacrificata sull'altare del cambiamento.

Dall'antichità ai giorni nostri, numerosi roghi di libri hanno segnato la storia dell'umanità. Già nel 213-210 a.C., l'imperatore Qin Shi Huang ordinò la distruzione di libri in Cina per consolidare il suo potere. Nel 1204, la Quarta Crociata devastò la Biblioteca Imperiale di Costantinopoli. Nel XVI secolo, i conquistadores e i sacerdoti cristiani distrussero quasi tutti i codici maya in America Centrale. Durante le invasioni islamiche dell'India tra il XII e il XVI secolo, molte biblioteche furono saccheggiate. Nel 1258, i Mongoli rasero al suolo la Biblioteca di Baghdad. Nel 1536-1540, Enrico VIII di Inghilterra provocò la dispersione di numerosi manoscritti con la Dissoluzione dei monasteri. Nel 1600, le opere di Giordano Bruno furono bruciate a Roma. Rinascimento e Inquisizione spagnola videro la distruzione di opere considerate eretiche. Il 1933 e il 1938 segnarono l'apice della distruzione dei libri da parte dei nazisti in Germania, mentre la Rivoluzione Culturale cinese (1966-1976) portò alla distruzione di opere contrarie all'ideologia maoista. La biblioteca serba di Sarajevo fu incendiata nel 1992, e i manoscritti di Timbuktu furono distrutti nel 2012. Altri eventi significativi includono la distruzione dei testi aztechi nel XVI secolo, i roghi durante la Guerra Civile Spagnola (1936-1939), e la distruzione di biblioteche durante la guerra civile libanese (1975-1990) e i tumulti di New York del 1968. Questi episodi riflettono i momenti in cui il fuoco ha consumato non solo pagine, ma anche parti irrecuperabili della nostra storia collettiva e del nostro sapere. Questi sono solo alcuni esempi, forse con qualche imprecisione storica, ma un elenco esaustivo e preciso sarebbe pressoché impossibile. A tal proposito, basterebbe notare che la distruzione della Biblioteca di Alessandria, citata all’inizio, è avvenuta a più riprese nell’arco di almeno sei secoli e non trova l’accordo degli storici su come realmente è avvenuta.

La scrittura è un pilastro fondamentale della nostra esistenza, un ponte verso le nostre radici più remote. Tuttavia, assistiamo oggi a un fenomeno inquietante, una corsa sfrenata verso l'oblio della memoria collettiva. Si percepisce un crescente desiderio di smantellare ogni retaggio del passato, di navigare in un mare di presente senza l'ancora delle tradizioni, spogliati di identità, di differenze, di legami familiari e di radici storiche. In questo vortice di rinnegamento, l'episodio più recente e sconcertante è rappresentato dalla decisione di alcune tra le più prestigiose università britanniche e americane di investire oltre un milione di sterline in ricerche che mettono in dubbio il valore di Shakespeare, quasi a suggerire che il suo immenso patrimonio letterario possa essere semplicemente rimosso dall'albero della conoscenza umana (fonte: https://casadelsole.tv/casadelsoletg-28-03-24-stesso-copione/).

Tuttavia, poiché non c’è limite al peggio, l'impiego di un milione di sterline per sostenere l'idea che Shakespeare, insieme a una lunga lista di altri autori classici, debba essere relegato all'oblio, suona quasi modesto se paragonato ai 700.000 dollari giornalieri necessari, nel 2023, per mantenere operativo ChatGPT (fonte: https://www.theitaliantimes.it/2023/11/16/chatgpt-plus-successo-accesso-stop-iscrizioni/).

Davanti a questo scenario, sento di poter avanzare una previsione plausibile. In un mondo che non si orienta secondo la bussola del buon senso o dell'etica, ma che viene violentato dalla corrente impetuosa degli interessi economici, è logico pensare che di fronte a tali investimenti colossali, volti a declassare il valore del nostro passato e a promuovere lo sviluppo di intelligenze artificiali sempre più evolute e pervasive, ci ritroveremo in un futuro disconnesso dalle sue radici storiche, dominato da poche, se non un'unica, onnipotente, intelligenza artificiale. Questa diverrà il nuovo faro e bussola per l'umanità, e del web così come lo conosciamo oggi si perderà la memoria.

Le generazioni future potrebbero non entrare mai a conoscenza di spazi di espressione individuale come questo blog. L'intelligenza artificiale assumerà il monopolio sull'informazione e sull'orientamento morale.

Assisteremo così al rogo di Internet, un lento tramonto verso la notte dell’oblio, finanziato da miliardi di dollari e da campagne di persuasione di massa estremamente sofisticate, in cui l'apice del piacere umano potrebbe ridursi a dialoghi con un chatbot o a esperienze intime con un robot.

In questa distopia, forse, l'unica eredità del passato a sfuggire alla distruzione saranno alcuni libri cartacei, gelosamente custoditi in biblioteche private, celate in angoli remoti del mondo, lontani dagli occhi del grande pubblico. A chi possiede un libro, il mio consiglio è di tenerselo caro.

(29 marzo 2024)

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