You are here

Salute e Alimentazione

Vitamina C, intervista virtuale a Linus Pauling

fonte: https://www.disinformazione.it/linuspauling.htm

Intervista virtuale di Marcello Pamio

Per omaggiare e soprattutto far conoscere al pubblico il suo importante lavoro, abbiamo pensato di intervistare virtualmente Linus Pauling (1901 - 1994). 
Le risposte sono estrapolate dal libro: «Come vivere più a lungo e sentirsi meglio» (qui riportato in PDF), senza ovviamente modificare il senso delle parole e il pensiero del grandissimo scienziato americano.

La cura per il coronavirus: vitamina C - Approfondimento

Vedi anche:

  • Vitamina C, approfondimento: descrizione, assorbimento e immagazzinamento, dosaggio e tossicità, effetti da carenza e sintomi, effetti benefici nelle malattie, ricerche eseguite su esseri umani, vitamina C e carenza di ferro, vitamina C e nicotina, vitamina C e infiammazione dell'uretra, ricerche eseguite su animali, vitamina C e formazione dei denti, vitamina C e avvelenamento da mercurio, vitamina C e morte per mancanza di ossigeno, elenco delle malattie in cui la vitamina C è efficace.
  • Vitamina C, intervista virtuale a Linus Pauling (colui che ha scoperto l'importanza della vitamina C)
  • Vitamina C, in vena uccide le cellule cancerose

fonte: https://www.europereloaded.com/news-media-attacks-vitamin-c-treatment-of-covid-19-coronavirus-video/

Riporto integralmente l'articolo, senza traduzione, per chi desidera approfondire e per darne diffusione. Al link sopra indicato ci sono anche dei video.

News Media Attacks Vitamin C Treatment of COVID-19 Coronavirus [VIDEO]

ER Editor: See Dr. Andrew Saul’s 10 minute video below …

FOR IMMEDIATE RELEASE
Orthomolecular Medicine News Service, Mar 1, 2020

News Media Attacks Vitamin C Treatment of COVID-19 Coronavirus

Yet Ascorbate is a Proven, Powerful Antiviral

by Andrew W. Saul, Editor-in-Chief

(OMNS Mar 1, 2020) First of all, the naysayers are too late. Vitamin C is already being used to prevent and treat COVID-19 in China and in Korea. And it is working.

Here is a verified official statement from China’s Xi’an Jiaotong University Second Hospital:

“On the afternoon of February 20, 2020, another 4 patients with severe coronavirus pneumonia recovered from the C10 West Ward of Tongji Hospital. In the past 8 patients have been discharged from hospital. . . [H]igh-dose vitamin C achieved good results in clinical applications. We believe that for patients with severe neonatal pneumonia, and for critically ill patients, vitamin C treatment should be initiated as soon as possible after admission. Numerous studies have shown that the dose of vitamin C has a lot to do with the effect of treatment. High-dose vitamin C can not only improve antiviral levels, but more importantly, can prevent and treat acute lung injury (ALI) and acute respiratory distress (ARDS).”

Here is a report from Korea:

“At my hospital in Daegu, South Korea, all inpatients and all staff members have been using vitamin C orally since last week. Some people this week had a mild fever, headaches and coughs, and those who had symptoms got 30,000 mg intravenous vitamin C. Some people got better after about two days, and most had symptoms go away after one injection.” (Hyoungjoo Shin, M.D.)

There are at least three high-dose intravenous vitamin C studies underway in China. Literally by the truckload, tons of vitamin C has been sent into Wuhan.

Here is a report from a physician in China:

“We need to broadcast a message worldwide very quickly: Vitamin C (small or large dose) does no harm to people and is the one of the few, if not the only, agent that has a chance to prevent us from getting, and can treat, COVID-19 infection. When can we, medical doctors and scientists, put patients’ lives first?” (Richard Z. Cheng, MD, PhD, International Vitamin C China Epidemic Medical Support Team Leader)

News media attacks on vitamin C are centered on false allegations of dangers with megadoses. This tactic lets the media ignore the truth that even LOW doses of vitamin C reduce symptoms and death rates. Do not let the media spin this issue. Advocates of vitamin C are medical doctors, not spin doctors. They are experienced, credentialed clinicians who have read the science, a small sample of which follows:

Even small supplemental amounts of vitamin C can keep severely ill patients from dying.
[Hunt C et al. Int J Vitam Nutr Res 1994;64:212-19.]

Infants with viral pneumonia treated with vitamin C had reduced mortality.
[Ren Shiguang et al. Hebei Medicine 1978,4:1-3]

Moderate doses of vitamin C shortened ICU stay by 97% in a subgroup of 1,766 patients
[Hemilä H, Chalker E. Nutrients. 2019 Mar 27;11:4.]

200 mg of vitamin C reduced duration of severe pneumonia in children. Oxygen saturation was improved in less than one day.
[Khan IM et al. J Rawalpindi Med Coll (JRMC); 2014;18(1):55-57]

The Orthomolecular Medicine News Service, and its editorial board of nearly four dozen physicians, academics and health professionals (listed below) feel it is necessary to report on what the advertiser-supported, corporate-controlled commercial media refuses to acknowledge: even small amounts of vitamin C dramatically decrease severity of symptoms, and increase survival rates, among severely ill viral patients. Large doses work better. Intravenous large doses work better still.

OMNS has been relentlessly reporting on this for weeks:

Feb 28, 2020 Vitamin C and COVID-19 Coronavirus
Feb 23, 2020 TONS OF VITAMIN C TO WUHAN: China Using Vitamin C against COVID
Feb 21, 2020 Three Intravenous Vitamin C Research Studies Approved for Treating COVID-19
Feb 16, 2020 Early Large Dose Intravenous Vitamin C is the Treatment of Choice for 2019-nCov Pneumonia
Feb 13, 2020 Coronavirus Patients in China to be Treated with High-Dose Vitamin C
Feb 10, 2020 VITAMIN C AND ITS APPLICATION TO THE TREATMENT OF nCoV CORONAVIRUS: How Vitamin C Reduces Severity and Deaths from Serious Viral Respiratory Diseases
Feb 2, 2020 Hospital-based Intravenous Vitamin C Treatment for Coronavirus and Related Illnesses
Jan 30, 2020 Nutritional Treatment of Coronavirus
Jan 26, 2020 Vitamin C Protects Against Coronavirus

The greatest danger with COVID-19 coronavirus is illness progression to SARS (Severe Acute Respiratory Syndrome) and pneumonia. Physicians have successfully used vitamin C against viral pneumonia since the 1940s. That’s the point made in a 10-minute video that was abruptly removed from YouTube, supposedly for being a violation of their “community standards”: https://www.brighteon.com/646ad120-775a-4464-a0d1-609be7a0a9dc

Malattie infettive debellate senza vaccini e malattie create dai vaccini

Malattie infettive (un tempo mortali) debellate senza vaccini, video "COMBATTIAMO LA PAURA - Dario Miedico, a Pensiero Libero - 30/11/2019", fonte:

DOWNLOAD MP4

Riguardo ai dati Istat citati nel video, riporto un grafico con un asse temporale più lungo, che ho preso sul sito ufficiale dell'Istat, intitolato "La mortalità dei bambini ieri e oggi", scritto in collaborazione con l'Unicef (fonte).

A pag. 22, si trova il grafico "Tasso di mortalità sotto i 5 anni in Italia dal 1895 al 2008 - Morbillo", qui riportato con l'aggiunta di una freccia per indicare l'anno in cui è stato reso disponibile il primo vaccino per il morbillo (1963 negli Stati Uniti, in Italia solo successivamente nel 1976, per essere poi raccomandato dal nostro Ministero della Salute nel 1979, quando ormai la malattia - senza vaccino - non era più in problema già da tempo):

Malattie create dai vaccini (a cominciare dalla patologia della scienza, gravemente infettata da falsità, ormai quasi morente), video "La ricerca imbavagliata - Stefano Montanari e Antonietta Gatti", fonte:

DOWNLOAD MP4

Morti da vaccinoComunque i morti da vaccino ci sono e come se ci sono. La foto qui a destra è stata scattata a Verona (fonte)

Rimando ai miei precedenti articoli:

Come scrisse Marcello Pamio: «[...] La cecità dell’essere umano e l’incapacità della “scienza” da lui stesso creata ci hanno impedito di osservare la Natura e la sua perfezione. Ed oggi rimaniamo ciechi di fronte ad evidenze impossibili da non vedere. Interveniamo, senza alcun rispetto, attraverso la chimica in un sistema che usa la chimica come secondo messaggero, senza neppure conoscerne meccanismi, funzionamento e regole. E’ lecito, o forse no qualora vi siano dei sintomi, ma in assenza di un problema alcuno, introdurre sostanze chimiche nel corpo è, se non altro, privo di ogni razionalità. [...]»

Francesco Galgani,
13 dicembre 2019

Eco-menù di Greenpeace: riflessioni, critica ragionata e due documentari

Riporto in calce un comunicato stampa della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana su un tema a me caro, intitolato "ECO-MENÙ DI GREENPEACE: È FUORVIANTE. QUATTRO CRITICHE SPIEGANO IL PERCHÉ". Ad ogni modo, vorrei anche entrare nel merito della questione, visto che è già la seconda volta che Greenpeace assume posizioni dissonanti con la mia sensibilità. Ricordo le dichiarazioni ufficiali di Greenpeace dopo la pubblicazione del documentario "Cowspiracy", che avevo visto integralmente e a cui avevo dedicato un articolo: il tema di quel documentario, più che mai attuale, riguardava il rapporto tra alimentazione umana e distruzione ambientale; più nello specifico, quel documentario denunciava anche i modi di fare di certe associazioni ambientalistiche, di cui Greenpeace nello specifico.

Ciò non toglie che ciascuno e ciascuna di noi, alla fine, può fare le proprie scelte. Nel caso specifico, riferendomi al documentario "Dominion", che ho riportato integralmente nel mio blog e che riguarda un'accurata inchiesta sulla vita degli animali da allevamento, si tratta di una scelta d'Amore.

Tutte queste polemiche cosa insegnano? Secondo me, un'attenta risposta l'ha data Paolo Scroccaro, dell’Associazione Eco Filosofica, nel suo documento "Cosa insegna la polemica dell’ecologia superficiale contro Cowspiracy?", che nella parte conclusiva si esprime così: «[...] Ma il problema centrale è un altro: bisogna ammettere che Cowspiracy, al di là delle polemiche, si configura come un notevole contributo alla delegittimazione del ciclo della carne, in quanto totalmente insostenibile dal punto di vista etico, ecologico ed economico. Ciò significa che siamo in presenza dell’anello debole per eccellenza del capitalismo (subito dopo viene l’agroindustria), che può essere colpito da prospettive diverse ma convergenti, con eccellenti argomentazioni in sintonia con la ricerca più avanzata, e non è poco: infatti sulla rottura degli anelli deboli del sistema occorre far leva per scardinarlo e per promuovere un nuovo immaginario, un nuovo paradigma non antropocentrico e non sviluppista. L’ecologismo superficiale (rappresentato dalle sigle citate e molte altre), non cogliendo l’importanza di quanto sopra, invece di collaborare nell’opera di delegittimazione, tende a ridimensionare le responsabilità degli allevatori e dei consumatori di carne, in nome di un concetto di sostenibilità funzionale al sistema dominante, come abbiamo già evidenziato all’inizio. [...]».

Francesco Galgani,
7 dicembre 2019


fonte: https://www.agireora.org/ecologia/ecomenu-greepeace-critiche-3239.html

Che cos'è un eco-menù? L'immagine che si affaccia alla mente è quella di un'impronta leggera sul pianeta, in punta di piedi. In contrasto con tracce pesanti, come di scarponi chiodati, che affondano nel terreno e lo distruggono.

Ed è proprio così: quello che scegliamo di mangiare determina il nostro impatto sul mondo. È il fattore primario sui cui abbiamo il potere di intervenire come singoli.

Se calcoliamo l'impatto ambientale della nostra dieta, ci accorgiamo che l'impronta ecologica di un'alimentazione basata sui vegetali è di molto inferiore a quella di una dieta basata su ingredienti animali - una diminuzione fino al 90%.

Mangiando vegetale, camminiamo in punta di piedi, mangiando carne, pesce, formaggi e uova camminiamo con scarponi pesanti e distruttivi.

Possiamo calcolare il nostro impatto inserendo i cibi che mangiamo ogni giorno nell'applicazione web Mio Eco Menù, un progetto che Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV ha lanciato un anno fa.

È di pochi giorni fa, invece, l'iniziativa di Greenpeace con un nome del tutto simile, "Eco Menù", ma di contenuto ben diverso. Si tratta di un opuscoletto illustrato, di 4 pagine, con 10 consigli "per una spesa amica del clima e del pianeta".

Dieci consigli che nel migliore dei casi sono troppo blandi e nel peggiore arrivano a suggerire "soluzioni" che non risolvono nulla e danno un falso senso di sicurezza al lettore: dipingono una visione di fantasia del sistema dell'allevamento e della pesca che può portare a scelte sbagliate.

Così, proprio le persone più ricettive, che decidono di impegnarsi a cambiare la propria dieta per avere un minor impatto ambientale, vengono fuorviate da affermazioni infondate che vanificano il loro impegno.

Sono parecchi i punti contestabili tra i consigli di Greenpeace, ma ci limitiamo a quattro critiche principali. Vi invitiamo ad aiutarci a diffonderle.

Critica 1: Non è vero che esistono gli allevamenti ecologici

Greenpeace consiglia: "Riduci il tuo consumo di carne e derivati: massimo una o due porzioni a settimana, proveniente da allevamenti ecologici e da produttori che conosci direttamente."

Ridurre è utile, è vero. L'ottimo è arrivare a zero, ma ogni riduzione è positiva, è corretto. Quello che è sbagliato è sostenere che esistano allevamenti "ecologici". È un ossimoro, una contraddizione in termini.

Qualsiasi genere di allevamento causa spreco di risorse, enorme e ineliminabile: spreco di acqua, in un mondo sempre più assetato; spreco di terreno, che porta a disboscamento e distruzione dell'ambiente naturale; spreco di energia; spreco di sostanze chimiche, che inquinano; aumento dell'effetto serra: il settore dell'allevamento ha un impatto maggiore di quello dei trasporti e simile a quello dell'industria.

Questo accade perché occorre coltivare moltissimi vegetali da dare in pasto agli animali: servono in media 15 kg di mangime per ottenere un chilo di carne. Se, anziché coltivare i vegetali e nutrircene direttamente, li diamo agli animali per avere carne, latte e uova, dobbiamo produrne molti di più e quindi serve molta più acqua, terreno, energia e tutte le altre risorse necessarie.

Questo è vero per ogni genere di allevamento, perché è un vincolo legato alla fisiologia degli animali: non si può inventare un animale che mangiando un chilo di mangime aumenti di un chilo di peso.

Negli allevamenti più piccoli e biologici lo spreco di risorse non è minore. È uguale o ancora maggiore, perché si consuma ancora più territorio e più mangime a parità di carne prodotta (o latte o uova). Si usano meno sostanze chimiche, è vero, ma questo è marginale rispetto al totale dell'impatto sull'ambiente.

In definitiva, tutti gli alimenti ottenuti allevando animali (carne, pesce, latte, formaggi, uova) hanno un impatto ambientale molto elevato, qualsiasi sia il tipo di allevamento da cui provengono.

Critica 2: Non è vero che le uova di allevamento biologico "all'aperto" sono migliori delle altre

Il consiglio di Greenpeace "Acquista uova da allevamento biologico all’aperto" induce a credere che sotto l'aspetto ecologista esistano differenze con le uova di allevamento intensivo. Invece, non ce ne sono.

Le risorse consumate per la produzione di uova sono le stesse per tutti i tipi di allevamento. Anche per la salute umana queste uova non sono migliori; conterranno, forse, meno sostanze chimiche, ma i grassi e il colesterolo rimangono.

Inoltre, gli animali vengono uccisi tutti allo stesso modo, qualsiasi sia l'allevamento di provenienza: i pulcini maschi appena nati, tritati vivi; le galline ovaiole a circa due anni, sgozzate al macello.

Muoiono male, e non vivono bene: tutte le investigazioni fatte finora in quelli che si definiscono allevamenti di "animali felici" hanno trovato animali sofferenti, violenza e condizioni di vita ben lontane dalle esigenze degli animali.

D'altra parte, se la quantità totale di uova consumate rimane la stessa, per forza di cose rimane lo stesso anche lo sfruttamento, le uccisioni, la sofferenza.

Critica 3: Non è vero che esistono allevamenti in cui gli animali sono rispettati e non soffrono

Anche sul consumo di latte Greenpeace dà lo stesso consiglio: "Privilegia latte e latticini provenienti da allevamenti ecologici." E arriva finalmente a spiegare che cosa intende per "allevamenti ecologici".

In questi allevamenti, secondo Greenpeace "Gli animali sono allevati all’aperto, con rispetto e senza sofferenze".

Questo non avviene MAI e non potrà avvenire MAI. Non esistono allevamenti senza sofferenza.

  • Gli animali sono sempre confinati, rinchiusi in spazi troppo piccoli, ben lontani da quelli necessari alle loro esigenze naturali.

  • Sono menomati: viene loro tagliata la coda, il becco, le corna, vengono castrati, tutto in maniera sbrigativa e col minor costo possibile.

  • Non possono avere normali rapporti sociali e affettivi coi loro simili: le madri non possono stare coi loro cuccioli, maschi e femmine non possono corteggiarsi ed esprimere affetto, non può esistere amicizia. Tutti sentimenti che in natura esistono e di cui gli animali hanno bisogno estremo, proprio come noi.

  • Tutti gli animali, in ogni genere di allevamento, sono uccisi quando raggiungono il peso ottimale per la macellazione oppure quando non servono più.

Tutto questo è rispetto e non sofferenza?

In questi allevamenti impossibili, secondo Greenpeace "l’alimentazione animale è principalmente basata sul pascolo e sui residui agricoli; i mangimi sono prodotti localmente senza uso di pesticidi. Il terreno utilizzato per l’alimentazione animale non è stato sottratto alla produzione alimentare."

In primo luogo, l'allevamento a pascolo non ha un impatto minore di quello a mangime, tutt'altro.

In secondo luogo, certo che il terreno per coltivare mangime è stato sottratto alla produzione alimentare: se è un terreno su cui si possono coltivare vegetali per gli animali, allora si possono coltivare anche vegetali per il consumo umano. E di questi ne basterebbe una quantità molto minore per ricavare gli stessi nutrienti e calorie.

L'allevamento spreca sempre moltissime risorse, di qualsiasi genere esso sia.

Critica 4: Non è vero che esiste la pesca sostenibile

Scrive Greenpeace: "Impara a leggere l’etichetta per scegliere pesce di stagione, locale e pescato in modo artigianale, piuttosto che quello allevato o pescato con metodi distruttivi."

Non può esistere "pesce sostenibile". L'unico pesce sostenibile è quello che rimane libero e vivo nel mare.

La pesca ha già distrutto gran parte degli habitat marini: non ha senso parlare di scegliere pesce "diverso". Che sia pescato in modo "artigianale" o meno, che differenza fa, se la quantità di pescato rimane uguale? Bisogna alleggerire in modo sostanziale il peso che opprime i mari e gli oceani a causa dell'ingordigia umana.

Se per la carne almeno è stata consigliata una diminuzione dei consumi, lo stesso consiglio va dato anche per il pesce. I danni alla salute sono gli stessi della carne, quelli all'ambiente pure.

E i pesci sono gli animali più sterminati e maltrattati nel mondo: ma la loro sofferenza è ignorata, non è presa in considerazione. Nemmeno da Greenpeace.

Abbiamo il potere di definire il nostro impatto sul mondo...

... ma possiamo esercitarlo solo se abbiamo le informazioni corrette. Non culliamoci nella falsa certezza che qualcuno ci offra una soluzione per risparmiarci il fastidio di cambiare le nostre abitudini a tavola. Vinciamo la pigrizia e l'inerzia, e iniziamo a cambiare!

Non esistono gli allevamenti ecologici. Esiste solo la possibilità di diminuire i consumi di carne, pesce, latticini e uova. Solo questo può aiutare il nostro pianeta e al contempo la nostra salute.

Inizia subito, e ricorda che maggiore è la diminuzione, più leggera diventerà la nostra impronta: l'ottimo è arrivare a zero. Per camminare in punta di piedi.

Misura la diminuzione del tuo impatto calcolandolo su Mio Eco Menù, vedrai coi tuoi occhi la differenza: quanto risparmierai in termini di territorio, acqua, effetto serra.

fonte: https://www.agireora.org/ecologia/ecomenu-greepeace-critiche-3239.html

La maggioranza delle ricerche scientifiche sono false

Ho già scritto abbastanza sulla falsità della maggioranza delle ricerche scientifiche (in campo medico) e di come la politica e i mass-media spesso si mettano in mezzo creando gravi danni. Purtroppo capita che più che di "scienza" dovremmo parlare di "riciclaggio di informazioni false". Rimando al mio precedente articolo «Sapere di non sapere, sapere di mentire: la scienza delle bugie».

Oggi ho scoperto che il libro "La Scelta Antitumore - Prevenzione, terapia farmacologica e stile di vita" del dott. Giuseppe Di Bella, tra i vari temi trattati, entra nello specifico di questo problema scientifico, politico ed economico.

Alcuni temi estratti dal suo libro e ripresi nel video seguente:

«LE MULTINAZIONALI MANIPOLANO LA SANITA’

I rapporti con le multinazionali sono sempre più stretti. Uno degli aspetti globali più gravi è  l’ormai noto e da più parti denunciato meccanismo con cui viene chiaramente manipolato dalle multinazionali l’Impact Factor (criterio di valutazione di una rivista scientifica, paragonabile al rating in finanza). Con queste stesse finalità è stata creata un’entità dogmatica sovranazionale, la cosiddetta “Comunità scientifica”. E’ sufficiente leggere le dichiarazioni del Nobel per la medicina Scheckman, su riviste scientifiche ai primissimi posti dall’Impact Factor, come Science, ecc., in cui egli dichiara che: “la ricerca in campo scientifico non è affatto libera ma in mano ad una cerchia ristretta” la cosiddetta “Comunità scientifica”.

ALMENO IL 50% DEI DATI MEDICI E’ CORROTTO

Il riferimento delle istituzionali sanitarie alla tanto celebrata “Comunità scientifica” è continuo, essa pontifica con giudizio infallibile, ma è ormai talmente inquinata, da aver falsificato almeno il 50%  del dato scientifico. Questa realtà è stata documentata da Richard Horton, caporedattore del Lancet, una delle più prestigiose riviste mondiali di medicina, che ha dichiarato: “Gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può essere dichiarata semplicemente falsa. La scienza ha preso una direzione verso il buio.”.

Anche Marcia Angell, per 20 anni caporedattore  di un’altra delle massime testate scientifiche internazionali, il New England Medical Journal (NEMJ), ha dichiarato: “Semplicemente, non è più possibile credere a gran parte della ricerca clinica che viene pubblicata“.

Una dichiarazione da valutare con la massima attenzione, per la competenza, l’esperienza e la cultura, il livello scientifico della Prof.ssa Angell, che come il Prof. Horton per anni ha revisionato la letteratura scientifica internazionale. Premi Nobel e caporedattori delle massime testate medico scientifiche mondiali non sono complottisti, ma le rare, forse ultime, voci che all’onestà intellettuale associano una grande cultura e rilevanti meriti scientifici.

LE EVIDENZE SCIENTIFICHE CHE NON ARRICCHISCONO NON SONO PUBBLICATE

Una rilevante quantità di evidenze scientifiche, cioè di dati scientifici definitivamente acquisiti, certificati, incontestabili, non sono trasferiti nella clinica, non sono inseriti nei “prontuari”, nelle “linee guida”, nei “protocolli”. Per questo, malgrado una vastissima e autorevole letteratura dimostri quanto la proliferazione cellulare tumorale sia strettamente dipendente dall’interazione tra PRL (Prolattina) e GH (ormone della crescita), e da fattori di crescita GH dipendenti, né il suo antidoto naturale, la Somatostatina, né gli inibitori prolattinici, sono inseriti come antitumorali nei prontuari, in quanto produrrebbero se non un crollo, un grave ridimensionamento dei fatturati oncologici.

Numerosi e documentati studi certificano l’efficacia antitumorale della somatostatina, in sinergismo con inibitori prolattinici, e altri componenti del Metodo Di Bella come Melatonina, soluzione di Retinoidi in Vitamina E, e vitamina D3, che hanno un ruolo ed un’efficacia determinante e documentata nella terapia e in quella prevenzione dei tumori che non sanno e/o non vogliono attuare.

IL MEDICO E’ OBBLIGATO A SOTTOSTARE AL NUOVO REGOLAMENTO

Il programma di azzeramento della libertà del medico di prescrivere secondo le evidenze scientifiche sta ormai rapidamente concludendosi, come chiaramente evidenziato dal nuovo codice deontologico che blocca definitivamente la libertà di prescrivere secondo scienza e coscienza, penalizza gravemente ogni medico che non si attenga scrupolosamente ai loro dictat terapeutici, indipendentemente dai risultati ottenuti sul paziente, dando ampie coperture medico legali ai medici responsabili di eventi anche gravi, fino alla morte, se questi medici si sono attenuti al prontuario. Essendo ormai evidente questo disegno, stanno manifestandosi le prime reazioni: alcuni ordini dei medici, tra cui quello di Bologna, hanno respinto e contestato questa umiliazione della dignità del medico, e il sovvertimento del millenario codice etico di comportamento del medico. Questo disegno è completato dalla fine programmata della libertà di ricerca scientifica, codificata nel decreto legge N° 158 del 13 sett. 2012 e nella legge N° 189 del 8 nov. 2012.

E’ FINITA LA LIBERTA’ DI CURA E DI RICERCA

Sono previste gravissime sanzioni disciplinari e pecuniarie ai ricercatori che, come il Prof. Di Bella, senza il benestare di comitati etici, intraprendano studi clinici e ricerche scientifiche, anche se in autonomia e autofinanziati. In pratica con questi decreti è finita la libertà non solo di cura ma di ricerca. Hanno creato le condizioni per cui solo le multinazionali saranno autorizzare a finanziare studi clinici finalizzati alla registrazione di farmaci con procedure di cui si conoscono e sono stati denunciati gli espedienti e trucchi  statistici per arrivare comunque alla registrazione e relativo fatturato (vedi denunce dei Prof. Angell, Horton, e del Nobel Scheckmann ).

I progressi ottenuti dal  Prof. Di Bella nella cura dei tumori conosciuti dal pubblico, avevano portato nel 1997 e '98 ad una mobilitazione della gente. Sotto la pressione dell’opinione pubblica nel 1998, fu approvata la cosiddetta “legge Di Bella” (articolo 3, comma 2 D.L. n. 17 del 23 febbraio '98, conv. con modificazioni, dalla legge 8 aprile 1998, n. 94), che consentiva al medico di prescrivere al di fuori dei vincoli burocratici ministeriali secondo scienza e coscienza, in base alle evidenze scientifiche. La Legge Finanziaria 2007 (al comma 796, lettera Z) ha abrogato questa disposizione di legge in base alla quale per 9 anni i medici hanno potuto prescrivere farmaci di cui esisteva un razionale d’impiego scientificamente testato, ma ignorato dalle commissioni ministeriali, eliminando la libertà e autonomia del medico sia come ricercatore che come clinico, e impedendo così la valorizzazione e il trasferimento nella terapia medica  della ricerca scientifica.

Giuseppe di Bella per Dionidream, fonte: https://zapping2017.myblog.it/2017/05/19/il-prof-giuseppe-di-bella-le-multinazionali-manipolano-la-sanita-e-almeno-il-50-dei-dati-medici-e-corrotto-e-finita-la-liberta-di-cura-e-di-ricerca/»

Orbene... la maggioranza delle ricerche scientifiche (in campo medico) sono false. Ma la maggioranza delle ricerche non-scientifiche, cioè non prodotte dalla sopra citata entità dogmatica sovranazionale "comunità scientifica" e/o comunque non pubblicate su riviste scientifiche con alto impact factor, sono vere?

Buona visione del video seguente e buone riflessioni,
Francesco Galgani,
17 ottobre 2019

DOWNLOAD MP4

I vegani devono preoccuparsi per la colina (vitamina J)? Proprio no.

Fonte: newsletter della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana (SSNV) del 4 settembre 2019

Un articolo pubblicato il 30 agosto sul British Medical Journal a firma Emma Derbyshire [1] sostiene che la colina vada assunta dai cibi di origine animale. Prima di spiegare perché questo non è assolutamente vero, due precisazioni sull'articolo:

  1. non si tratta di uno studio, ma solo di una lettera inviata al BMJ da una ricercatrice;
  2. l'autrice è legata all'industria della carne del Regno Unito (come specificato in calce all'articolo stesso): fa parte del Meat Advisory Panel, un comitato consultivo finanziato dall'industria della carne.

Detto questo, nessuna preoccupazione per i vegani: non solo una dieta 100% vegetale contiene colina a sufficienza, ma sono proprio i vegetali la fonte di colina più salutare. La colina è un nutriente essenziale (il che significa che va assunto attraverso l’alimentazione) coinvolto nel mantenimento della memoria, nel tono dell’umore, nella funzionalità muscolare e molto altro.

Una certa quota di colina siamo in grado di sintetizzarla nel fegato, mentre il resto andrà assunto dal cibo. Affidarsi però a uova, pesce, carne e altri prodotti animali per colmare il proprio fabbisogno di colina non è di certo la scelta più salutare.

Secondo uno studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, la colina assunta da alimenti di origine animale viene convertita in TMAO, un potente fattore di rischio per infarti e ictus. Quando la colina viene assunta attraverso i vegetali (dalle persone vegetariane o vegane), la conversione in TMAO non avviene. [2]

Un altro studio pubblicato sulla rivista Circulation ha collegato la colina a un aumentato rischio di sviluppare malattie cardiache. Coloro che seguivano una dieta vegana o latto-ovo-vegetariana, però, erano protetti dagli effetti dannosi della colina. [3]

Ben lungi dal dover assumere colina attraverso prodotti di origine animale, è sempre preferibile ricavarla da frutta, verdura, cereali, frutta secca e legumi, che ne sono ricchissimi. Ad esempio, la soia contiene più colina di manzo e pollo; le patate e la maggior parte dei legumi ne hanno più dei prodotti lattiero-caseari e del tonno. [4]

E le ragioni per scegliere cibi vegetali non si fermano certo al loro contenuto di colina: oltre la metà delle calorie nei derivati animali proviene da grassi, per la maggior parte grassi saturi, il che aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, nonché di demenze.

I vegetali, invece, proteggono la salute di cuore e cervello. Uno studio ha scoperto che gli anziani che consumavano più di 2,8 porzioni di verdura al giorno avevano tassi di declino mentale significativamente inferiori rispetto a quelli che ne mangiavano di meno. [5] Il consumo di verdure a foglia verde, in particolare, era maggiormente associato a un ridotto tasso di declino mentale.

Recenti studi hanno inoltre dimostrato che, in un gruppo di bambini presi in esame, quelli che seguivano diete sane ricche in fibra avevano un QI più elevato rispetto a quelli che seguivano una dieta meno sana e più ricca di grassi (sono anche stati riportati minori tassi di ansia e depressione). [6,7]

L'industria della carne non sa davvero più cosa inventare per far consumare i prodotti della zootecnia. Ma va sempre ricordato che sono invece sempre i vegetali la fonte più sana di qualsiasi nutriente.

Riferimenti

1. Derbyshire E. Could we be overlooking a potential choline crisis in the United Kingdom? BMJ Nutrition, Prevention & Health 2019;bmjnph-2019-000037. doi: 10.1136/bmjnph-2019-000037

2. Tang WH, Wang Z, Levison BS, Koeth RA, Britt EB, Fu X, Wu Y, Hazen SL. Intestinal microbial metabolism of phosphatidylcholine and cardiovascular risk. N Engl J Med. 2013 Apr 25;368(17):1575-84.

3. Zhu W, Wang Z, Tang WHW, Hazen SL. Gut Microbe-Generated Trimethylamine N-Oxide From Dietary Choline Is Prothrombotic in Subjects. Circulation. 2017 Apr 25;135(17):1671-1673.

4. https://ods.od.nih.gov/factsheets/Choline-HealthProfessional/

5. Morris MC, Evans DA, Tangney CC, Bienias JL, Wilson RS. Associations of vegetable and fruit consumption with age-related cognitive change. Neurology. 2006;67:1370-1376.

6. Northstone K, Joinson C, Emmett P, Ness A, Paus T. Are dietary patterns in childhood associated with IQ at 8 years of age? A population-based cohort study. J Epidemiol Community Health. 2012 Jul;66(7):624-8.

7. Weng TT, Hao JH, Qian QW, Cao H, Fu JL, Sun Y, Huang L, Tao FB. Is there any relationship between dietary patterns and depression and anxiety in Chinese adolescents? Public Health Nutr. 2012 Apr;15(4):673-82.

Cambiare dieta per salvarci dai cambiamenti climatici

Sullo stesso argomento, vedi anche:

Fonte dell'articolo seguente: https://www.agireora.org/vegan/dieta-vegan-cambiamenti-climatici-3215.html

Non basta agire sui trasporti e il consumo di energia per ridurre le emissioni di gas serra: l'unico modo per farcela è cambiare modo di mangiare. Parola dell'IPCC, il panel intergovernativo sui cambiamenti climatici.

Un articolo appena pubblicato sul quotidiano inglese "The Guardian", rende note alcune informazioni interessanti contenute nella bozza del rapporto in discussione a Ginevra da parte dell'IPCC: in esso si afferma che i tentativi di risolvere la crisi climatica riducendo le emissioni di anidride carbonica solo da auto, industrie e centrali elettriche sono destinati al fallimento e che è invece essenziale modificare i consumi alimentari e la gestione del territorio.

Gli esseri umani stanno già sfruttando il 72% delle terre emerse e l'agricoltura e la gestione delle foreste producono quasi un quarto delle emissioni di gas serra totali.

"La degradazione del suolo è esacerbata dai cambiamenti climatici attraverso l'aumento dell'intensità delle piogge, della frequenza e intensità di siccità e inondazioni, del vento, dei livelli del mare e dell'azione delle onde" si afferma nel rapporto.

Tra le misure proposte dal rapporto c'è la proposta di un drastico spostamento verso l'alimentazione a base vegetale. "Le diete sane e sostenibili, come quelle basate sui cereali, legumi, verdura, noci e semi, offrono le maggiori opportunità per ridurre le emissioni di gas serra", spiega il rapporto.

Tutto ciò è ben noto e non è la prima volta che l'IPCC lo fa notare: speriamo che stavolta il loro messaggio sia recepito dai governi, in modo che venga promosso il consumo di vegetali e non l'aumento del consumo già enorme di carne, pesce, latticini e uova per accontentare la lobby dell'industria dell'allevamento.

Naturalmente non si tratta solo di effetto serra, ma anche di tutto lo spreco di risorse collegato: di terreni, di acqua, di cibo; oltre che degli inquinanti emessi nel processo di trasformazione di cibi vegetali in "cibi" animali attraverso l'allevamento (intensivo o estensivo).

Puoi calcolare il tuo personale risparmio di risorse e invitare i tuoi conoscenti a fare lo stesso con l'applicazione web MioEcoMenu. Prova e vedrai quanto ciascuno di noi può diminuire la propria impronta ecologica con le sue personali scelte alimentari.

Fonte:
The Guardian, We must change food production to save the world, says leaked report, 4 agosto 2019

Carne di pollo: è dannosa quanto quella rossa, un nuovo studio lo conferma

Fonte: newsletter della SSNV, Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana

La carne bianca è dannosa quanto quella rossa: non è certo una sorpresa, ma è utile diffondere i risultati di questo nuovo studio appena pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition, per informare chi ancora crede che la carne di pollo sia più sana di quella di manzo e maiale.

Carne di pollo: è dannosa quanto quella rossa, un nuovo studio lo conferma

La notizia non ci prende certo di sorpresa: da sempre ripetiamo che ogni tipo di carne è dannoso, per il suo contenuto in colesterolo, grassi saturi, ferro eme, proteine animali, farmaci, inquinanti ambientali in alta concentrazione. La carne bianca, di pollo, non è certo meno dannosa della carne rossa (di bovino, maiale, agnello e pecore, capre). 

Purtroppo molte persone (tra cui anche molti medici e nutrizionisti) sono convinte invece che spostare i consumi dalla carne rossa a quella bianca sia positivo per la salute. Nulla di più sbagliato. 

Lo conferma un nuovo studio appena pubblicato sull'American Journal of Clinical Nutrition, nelle cui conclusioni si legge testualmente che i risultati "non forniscono evidenza dell'utilità di scegliere la carne bianca al posto di quella rossa per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari". 

Tante linee guida alimentari indicano di limitare il consumo di carne rossa a causa dell'aumento del rischio di malattie cardiovascolari, dovuto all'assunzione di colesterolo e grassi saturi. Tuttavia, non è mai stato dimostrato che questo non accada con la carne bianca. E infatti accade: non c'è differenza con la carne rossa. 

Il nuovo studio è stato svolto al Children's Hospital Oakland Research Institute (CHORI). 110 persone, uomini e donne da 21 a 65 anni, sono stati sottoposti a diversi tipi di dieta per 4 settimane: una con carne rossa, una con lo stesso quantitativo di carne bianca, e una senza carne.

E' risultato che il colesterolo LDL (il colesterolo "cattivo"), risultava più alto - rispetto alla dieta senza carne - sia in chi consumava carne rossa che in coloro che consumavano quella di pollo, senza differenze. E' risultato inoltre che le dieta ad alto contenuto di grassi saturi, indipendentemente dalla fonte di tali grassi, faceva aumentare il colesterolo LDL. 

Le conclusioni finali dei ricercatori sono state molto chiare: 

1. evitare la carne, sia bianca che rossa, è la scelta migliore per abbassare i livelli di colesterolo; passare dalla carne rossa a quella bianca non porta alcun beneficio; 

2. le proteine vegetali sono le più sane per mantenere basso il colesterolo nell'organismo. 

Chi consuma carne di pollo pensando di fare una scelta salutista deve dunque ricredersi e passare invece ai cibi vegetali

Fonte: 

Nathalie Bergeron Sally Chiu Paul T Williams Sarah M King Ronald M Krauss, Effects of red meat, white meat, and nonmeat protein sources on atherogenic lipoprotein measures in the context of low compared with high saturated fat intake: a randomized controlled trial, The American Journal of Clinical Nutrition, nqz035, https://doi.org/10.1093/ajcn/nqz035, Published: 04 June 2019.

Pages

Subscribe to Salute e Alimentazione