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Saranno le lacrime delle madri a salvare il mondo dal nazismo?

In un mondo segnato da conflitti incessanti e dal fragore delle bombe, emergono storie di sofferenza umana che scuotono le coscienze, richiamando l'attenzione su un'umanità che sembra aver smarrito la sua essenza più profonda. Nel contesto delle ostilità a Gaza tra ottobre 2023 e giugno 2024, il rapporto delle Nazioni Unite "Detention in the context of the escalation of hostilities in Gaza", pubblicato il 31 luglio 2024, getta luce su una realtà di inaudita crudeltà e violenza, una realtà che ci obbliga a guardare in faccia il dolore e la disperazione di coloro che sono stati privati di ogni dignità.

Il rapporto dell’ONU racconta di migliaia di palestinesi arrestati dalle forze di sicurezza israeliane, detenuti in condizioni inumane e sottoposti a torture che evocano i peggiori orrori del passato. Le testimonianze raccolte sono la voce di chi ha subito l'impensabile, di chi è sopravvissuto per raccontare una storia che altrimenti sarebbe stata sepolta sotto il peso dell'indifferenza.

Uno degli episodi più emblematici riguarda Ketziot, una prigione nel deserto del Negev, dove i detenuti palestinesi sono stati sistematicamente umiliati e torturati. Secondo il rapporto, la pratica quotidiana della violenza fisica era talmente diffusa che si era trasformata in una routine. Le guardie della Keter, un’unità antisommossa, obbligavano i prigionieri a restare in piedi contro un muro durante i controlli giornalieri, picchiandoli con bastoni fino a quando crollavano a terra. È in questo contesto che un detenuto ha perso la vita, un evento così tragico da costringere le autorità a sospendere temporaneamente queste pratiche, anche se solo per breve tempo.

Ma la brutalità non si è fermata qui. I racconti di ex prigionieri parlano di umiliazioni che vanno oltre la violenza fisica. Un uomo, detenuto insieme a suo figlio, ha raccontato di essere stato costretto a bere alcol puro quando ha chiesto dell'acqua per prendere le sue medicine. “Volevano distruggermi psicologicamente”, ha detto, ricordando il dolore di vedere suo figlio subire lo stesso trattamento. La crudeltà non conosce limiti quando si tratta di spezzare la volontà e il cuore di un uomo.

Le condizioni di detenzione, già di per sé disumane, erano ulteriormente aggravate dalla privazione di cibo, acqua e cure mediche. I palestinesi intervistati dall'ONU hanno perso dai 25 ai 55 kg durante la detenzione, e altri sono morti per denutrizione. I detenuti erano costretti a dormire su pavimenti freddi e sporchi, in celle sovraffollate dove la sofferenza era palpabile nell'aria. Un giovane detenuto, affetto dalla nascita da una grave malattia intestinale, è morto perché gli è stata negata la dieta speciale necessaria per la sua sopravvivenza. Il suo corpo è stato restituito alla sua famiglia, ma la sua anima era già stata spezzata molto prima dalla negligenza deliberata dei suoi carcerieri.

Il rapporto ONU rivela inoltre che almeno 53 detenuti palestinesi sono morti sotto custodia israeliana, spesso in circostanze che suggeriscono torture e abusi gravi. Tra questi c’è il caso del dottor Adnan Ahmad Ateya Al Bursh, un rispettato medico di Gaza, arrestato mentre svolgeva il suo lavoro all'interno di un ospedale. Al Bursh è morto in una prigione israeliana nell'aprile 2024, e le circostanze della sua morte sono tuttora avvolte nel mistero. Testimonianze raccolte dai suoi compagni di prigionia suggeriscono che sia stato sottoposto a torture, una fine ingiusta e crudele per un uomo che aveva dedicato la sua vita a salvare gli altri.

Questi non sono casi isolati, ma parte di un quadro più ampio di brutalità sistematica. Un altro detenuto, Thair Abu Assab, è morto nel novembre 2023 dopo essere stato brutalmente picchiato dalle guardie della prigione di Ketziot. Lasciato senza cure mediche per ore, il suo destino era già segnato. Questi atti di violenza gratuita, documentati anche da testimoni oculari e dalle stesse organizzazioni per i diritti umani israeliane, dimostrano quanto l’odio e la disumanizzazione abbiano preso il sopravvento.

L'uso della tortura non si è limitato al semplice infliggere dolore fisico. La violenza sessuale e la degradazione sono stati strumenti di umiliazione e controllo. Numerose testimonianze raccolte dall’ONU descrivono detenuti costretti a spogliarsi nudi e a subire percosse mentre erano legati e indifesi. Uomini e donne sono stati torturati con elettroshock sui genitali e l'ano, mentre altri sono stati costretti a restare nudi in celle gelide per giorni interi, sotto la minaccia costante di ulteriori violenze. Una delle testimonianze più sconvolgenti riguarda un uomo che è stato filmato mentre un pezzo di verdura veniva inserito nel suo ano, mentre era ammanettato nudo dietro la schiena con altri prigionieri nelle stesse condizioni, costretti ad ammassarsi l'uno sull'altro. E' stata una pratica di umiliazione che ha lasciato segni indelebili non solo sul corpo, ma anche nell'anima.

Le violenze, comprese quelle a sfondo sessuale, sono state perpetrate da soldati sia uomini che donne. Numerosi sono i casi di percosse severe, elettroshock, posizioni di stress prolungate e waterboarding. Quest'ultimo, che potremmo tradurlo come "annegamento simulato", è una forma di tortura con l'acqua che provoca una sensazione così intensa di soffocamento, annegamento e panico che la vittima crede di morire.

Le madri di questi uomini, donne e bambini versano lacrime che non conoscono conforto. Lacrime che, forse, possono ancora smuovere le coscienze del mondo. Sono lacrime che raccontano storie di sofferenza, di speranza spezzata, di vite strappate troppo presto. Ma sono anche lacrime che ci ricordano cosa significa essere umani.

Di fronte a tutto ciò, la polemica su chi abbia ragione o torto in una specifica guerra, o in un’altra, è un esercizio inutile, sterile, controproducente. Stesso discorso sulle elucubrazioni su quali siano le violenze "legittime" e quali no. Il nazismo del secolo scorso non c’è più, ma quello odierno, sia in questa che in altre parti di mondo, è il tumore di tante anime smarrite e possedute. La cattiveria e la bontà non hanno nazionalità. Ogni ragionamento di superiorità o inferiorità tra gli esseri viventi tale da condurre alcuni a sentirsi "eletti" rispetto ad altri è lo schema del nazismo che si ripete di epoca in epoca, pur cambiando sembianza.

[...] se la mente degli esseri viventi è impura, anche la loro terra è impura, ma se la loro mente è pura, lo è anche la loro terra; non ci sono terre pure e terre impure di per sé: la differenza sta unicamente nella bontà o malvagità della nostra mente. [...]
 
tratto da: Il conseguimento della Buddità in questa esistenza

Mentre il mondo osserva, spesso in silenzio, queste atrocità, ci chiediamo se ci sia ancora spazio per la speranza. In un’epoca in cui la disumanità sembra prevalere, è possibile che proprio le lacrime delle madri possano essere la chiave per ritrovare la nostra umanità perduta? Forse, queste lacrime sono l'ultimo baluardo contro il cinismo e l'indifferenza. Sono il segno che, nonostante tutto, esiste ancora un filo sottile che ci lega gli uni agli altri, un filo fatto di empatia, di compassione, di dolore condiviso.

In un mondo che sembra aver dimenticato cosa significa essere umani, le lacrime delle madri potrebbero essere l’unico antidoto alla barbarie che ci circonda. Finché ci saranno madri che piangono, finché ci saranno occhi che vedono e cuori che sentono, ci sarà ancora speranza per il nostro mondo. Perché in quelle lacrime risiede la forza di cambiare, di guarire, di redimersi. Saranno le lacrime delle madri, e non le armi, a poter salvare il mondo. E finché piangeremo per questi orrori, ci sarà speranza. Perché in quel pianto si cela l’umanità che ancora può salvarci.

(11 agosto 2024)

Saranno le lacrime delle madri a salvare il mondo dal nazismo (Francesco Galgani's art, August 10, 2024)
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