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Focus Immigrazione - Proposta di Pace e intervista su "Accoglienza e Integrazione"

Ringrazio la redazione della rivista "Il Nuovo Rinascimento" per avermi autorizzato a pubblicare i seguenti due articoli "Focus Immigrazione - Riflessioni sulla Proposta di Pace 2017" e "Focus Immigrazione - Accoglienza e Integrazione (intervista a Daniela Di Capua)", sicuramente di grande utilità sociale, e ringrazio coloro che vorranno leggerlo :)

La Proposta di Pace a cui viene fatto riferimento è disponibile alla pagina: "Proposta di Pace 2017 - La solidarietà globale dei giovani annuncia l'alba di un'era di speranza".

Fonte originale: "Il Nuovo Rinascimento" n. 607, 1 luglio 2017, sezione "Focus Immigrazione".

Focus Immigrazione:

RIFLESSIONI DALLA PROPOSTA DI PACE 2017

«Senza una soluzione al problema dei rifugiati, che rappresenta una crisi umanitaria di proporzioni mai viste, la pace mondiale e la stabilità rimarranno irraggiungibili»
Anche nella proposta di pace presentata il 26 gennaio 2017 (BS, 182, 4), come ogni anno, alle Nazioni Unite, Daisaku Ikeda ha parlato della questione dell'immigrazione, in particolare dei rifugiati.
Ha scritto: « In concomitanza con il Summit delle Nazioni Unite per i rifugiati e i migranti del settembre scorso, è stata lanciata una nuova campagna per rispondere alle apprensioni associate all'aumento degli spostamenti di persone a livello internazionale. È chiaro che ogni tentativo di risolvere tali questioni deve tener conto delle preoccupazioni legittime di chi vive nei paesi che ricevono i migranti e i rifugiati. Come evidenzia l'ONU in questa campagna, è essenziale individuare i mezzi per contrastare questa deriva xenofoba e riumanizzare il discorso sui migranti e i rifugiati, senza tralasciare tali preoccupazioni» (pag. 12).

Sottolineando anche l'importanza dell'educazione ai diritti umani: «Oltre al protrarsi dei conflitti armati e della guerra civile, un altro grave problema che minaccia la società globale è rappresentato dai frequenti attacchi terroristici e dalla crescita dell'estremismo violento. Sono veramente troppi i casi in cui giovani privi di qualsiasi speranza per il futuro e alla ricerca di un significato per la loro vita vengono attratti da frange estremistiche. [...] Credo che l'elemento fondamentale sia la promozione dell'educazione ai diritti umani» (pag. 37).

E anche: «La solidarietà è stata il punto focale del Summit umanitario mondiale che si è tenuto a Istanbul nel maggio scorso. Come sottolineato nella cerimonia di apertura, è essenziale mettersi al posto di chi è stato brutalmente sradicato dal conflitto e giorno dopo giorno si trova a dover affrontare scelte impossibili. Sotto la minaccia costante degli attacchi aerei voi scegliereste di rimanere nel luogo dove vivete oppure fuggireste dal pericolo per portare la vostra famiglia molto lontano in cerca di un rifugio? Consapevoli dei pericoli potenzialmente letali di una traversata via mare, vi attacchereste anche alla remotissima possibilità di una vita migliore e andreste in cerca di una barca, o rimarreste dove siete? Se i vostri figli si ammalassero durante la fuga, usereste i pochi soldi che avete per le medicine o per il cibo per l'intera famiglia? Dobbiamo ricordarci che queste persone, che vivono con estrema incertezza in circostanze disperate, sono esseri umani come noi, nati in un paese diverso e con storie diverse» (pag. 32).

In queste pagine trovate interviste ed esperienze per riflettere insieme su questo tema così complesso e importante che ci riguarda in prima persona e su cui il presidente Ikeda ci sta invitando ad agire.


Focus Immigrazione:

ACCOGLIENZA E INTEGRAZIONE

A colloquio con Daniela Di Capua, direttrice dello SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) e membro della SGI

Il flusso migratorio nel nostro paese è legato soprattutto alla speranza di trovare un lavoro?
Un flusso programmato per l’inserimento lavorativo non c’è più da diversi anni. I cittadini stranieri non comunitari , che vogliono venire in Italia per cercare lavoro non lo possono fare in maniera regolare. Quindi anche quella fascia cosiddetta del “migrante economico” non ha altro modo di venire se non tramite flussi irregolari, soprattutto attraverso gli sbarchi (dall’Africa, dalle coste della Grecia), o via terra passando per le frontiere del Nord est (ad esempio dal Friuli-Venezia Giulia). Molte persone arrivano in Italia per richiedere asilo.

Le persone che richiedono asilo in Italia sono tutelate?
Accogliere i richiedenti asilo non è una scelta, ma un obbligo di legge. Chi fa domanda di asilo (o di protezione internazionale che dir si voglia) è tutelato dalle leggi italiane, europee e internazionali.
Le due forme di protezione internazionale sono quella di Rifugiato e quella di Protezione sussidiaria. Se ne aggiunge una terza che è specificamente italiana: quella Umanitaria che si applica alle persone a cui è stata negata la protezione internazionale, ma per le quali il rientro nel paese di origine si considera pericoloso.

Cosa diresti alle persone che hanno paura o sono contrarie ad accogliere i migranti nel nostro paese?
L’informazione è fondamentale. Si può anche essere contrari alle politiche di accoglienza, ma almeno bisogna farlo sulla base di dati documentati, mentre le persone si accontentano di quello che sentono dire. È molto importante produrre e raccogliere fonti. I social network in questo senso hanno una responsabilità enorme, è vero che c’è più dibattito ma circola di tutto, e tutto viene preso come verità. Invece di litigare sul tema in base a pregiudizi o notizie sommarie, discutiamone dopo aver consultato le fonti ufficiali: i dati dell’Istat sull’integrazione, ad esempio, riportano quanti soldi portano gli immigrati, quante delle nostre pensioni sono finanziate dalle tasse pagate dagli stranieri…
Nelle scuole bisogna fare molto di più. È qui che si forma l’identità dei bambini. Le iniziative spesso riguardano il tema dei rifugiati, degli immigrati, ma forse si potrebbe risalire a monte, alla questione dei diritti e della loro fruibilità, e aiutare i giovani a sviluppare un forte senso civico: cosa vuol dire vivere in una comunità, e come interagire con le diversità. Bisogna lavorare per scardinare l’idea che la diversità sia un problema.

Molti dicono “rimpatriamoli nel paese d’origine”. È una strada percorribile?
Trovo che sia un pensiero molto pericoloso. Ma, a prescindere dai punti di vista personali, sul piano legale se una persona dichiara di voler presentare domanda di asilo, lo Stato Italiano ha il dovere di garantirne l’accoglienza per tutto il tempo in cui la persona attende l’audizione con la commissione per il diritto di asilo. È scritto nell’art. 10 della Costituzione, nella Convenzione di Ginevra che abbiamo sottoscritto e nelle direttive europee che chiedono a tutti gli stati membri di avere una normativa specifica sui richiedenti protezione internazionale. Se una persona ottiene lo status di rifugiato è libera di restare in Italia, di trovarsi un lavoro, una casa, e di accedere a una serie di diritti quasi come un cittadino italiano. Se invece la domanda è respinta e viene espulso, dovrebbe essere rimpatriato. Ma per il rimpatrio, il Paese d’origine deve riconoscere che quella persona è un proprio cittadino, se ciò non avviene la persona rimane in Italia irregolarmente, cioè senza un permesso di soggiorno, senza nessun diritto né controllo. È probabile che cadrà in meccanismi di carità o assistenza che non sono quelli dello Stato. Il passaggio successivo sarà il lavoro irregolare, probabilmente la marginalità sociale e successivamente la piccola criminalità. In questi casi quindi le conseguenze non gravano solo sulla persona, ma anche sulle comunità locali, senza che di fatto nessuna delle due parti ne sia realmente responsabile. Se non si è a conoscenza di tutti questi aspetti è facile avere una percezione negativa delle persone richiedenti asilo o rifugiate che siano.

Ci spieghi qualcosa sull’accoglienza?
Come dicevamo, l’accoglienza è un obbligo di legge nei confronti di coloro che richiedono protezione internazionale. Per tutto il tempo in cui attendono  l’audizione  con la commissione territoriale, lo stato italiano li deve accogliere. Solo negli ultimi tre anni lo Stato si è organizzato per dare accoglienza a tutti, prima non era in grado di farlo. Dopo la così detta “emergenza Nord Africa” del 2011 i posti di accoglienza sono aumentati; la Commissione Europea ha iniziato a fare dei controlli per verificare che ci fosse ottemperanza agli obblighi di legge e agli standard minimi europei. Più volte in passato l’Italia è incorsa in multe perché non aveva posti a sufficienza o quelli che c’erano non erano adeguati.

Come lavora lo SPRAR?
Lo SPRAR (Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati) è un sistem
di accoglienza formato dagli enti locali (soprattutto Comuni) che volontariamente scelgono di attivare progetti per l’accoglienza e programmi di integrazione.
Accompagnare le persone all’integrazione comporta un vantaggio sia per la persona che per la comunità.
L’adesione volontaria da parte dei comuni che presentano domanda di ammissione allo Sprar è sicuramente un punto di forza, il Comune è colui che governa il fenomeno sul proprio territorio, senza subirlo: crea dei posti di lavoro per gli operatori dell’accoglienza, affitta strutture, paga i servizi, ecc. Se si creano dei servizi ne beneficiano tutti i cittadini, ad esempio: se viene attivato un autobus per portare a scuola i bambini, ne possono usufruire anche i bambini italiani; se si attiva uno sportello di orientamento al lavoro, tutti ne possono beneficiare. Inoltre lo SPRAR organizza l’accoglienza in appartamenti, e questo rende più facile il rapporto con la comunità locale evitando quelle situazioni di alberghi in periferia pieni di migranti di cui non si sa nulla e che fanno paura, proprio per la distanza non solo fisica che inevitabilmente si viene a creare.
 
Quindi l’integrazione con la comunità locale è un elemento centrale.
Nelle linee guida dello SPRAR a cui i Comuni devono attenersi è anche previsto che vengano destinati dei fondi ad attività di sensibilizzazione e informazione della comunità locale per favorire l’integrazione. Degli operatori vanno a prendere le persone appena arrivate, per farle conoscere ai vicini, ai commercianti, per facilitare la relazione tra persone anziché tra gruppi. Si lavora per facilitare l’incontro reale tra le persone sganciandosi dall’idea astratta del “fenomeno” immigrati. Il che non garantisce l’amicizia tra le persone, ma sicuramente un tipo di valutazione e percezione che va al di là dei pregiudizi, e che dovrebbe basarsi sul rispetto reciproco.

Quale pensi sia la strada da percorrere verso una gestione più dignitosa per tutti?
Penso che dovremmo lavorare di più sull’educazione ai diritti, soprattutto con i bambini, con i giovani, perché se un  ragazzo/una  ragazza  cresce con un’idea chiara di cosa siano i diritti cosa comportano, allora è più naturale
che da adulto sviluppi una sensibilità verso questi temi. Mentre acquisirli da adulti è molto più difficile, e allora accade di pensare che i diritti siano per quasi tutti, o possano essere messi in discussione a seconda delle esigenze del momento. Va anche fatta una riflessione e un lavoro sui paesi di provenienza: spesso si fanno considerazioni senza la consapevolezza dei danni storici che noi stessi abbiamo provocato in questi paesi. Non si tratta di favorire solo uno sviluppo economico, ma piuttosto democratico. Ci vuole molto tempo. Bisogna portare avanti tutto insieme.
Altrettanto importante è far conoscere le storie di queste persone, non in termini pietistici ma per comprendere bene le vere ragioni per cui sono fuggite dai loro paesi, affrontando viaggi che spesso durano anni. Queste persone non fuggono solo dai conflitti. Le persecuzioni previste nel diritto di asilo hanno a che fare in generale con l’impossibilità della persona di esercitare i propri diritti. Se le persone continuano ad arrivare da noi affrontando situazioni atroci – durante il viaggio vengono violentate, attraversano i deserti, molti di loro muoiono in mare – vuol dire che non hanno altra possibilità di scelta!

 

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