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La disintossicazione digitale è un problema diffuso, grave e attualissimo

Dipendenza e abuso dello smartphoneQuanto segue in calce è un articolo scritto dallo psicoterapeuta Raffaele Avico, pubblicato su "La Stampa" il 6 luglio 2016 e rilasciato con licenza "Creative Commons - Attribuzione, non commerciale, non opere derivate".

Egli indaga l'abuso dello smartphone come "strumento di regolazione affettiva", al pari di molti altri tipi di dipendenze patologiche, asserendo che: «In futuro la disintossicazione digitale sarà un problema diffuso, grave e attualissimo». A ben vedere, però, ritengo che tale condizione sia più che mai attuale: basta guardarsi attorno. La diffusione dei social ha avuto i caratteri di una pandemia fuori controllo a causa del potere psicologicamente gratificante degli stessi (pari a quello di droghe pesanti, come avevo già documentato nella parte conclusiva del par. 2.6 della mia ricerca su "Solitudine e Contesti Virtuali"). Tale gratificazione, però, va a nascondere le reali motivazioni di uso egoistico e narcisistico a proprio "vantaggio", dietro cui ci sono problematiche che affondano le loro radici altrove, all'interno di questioni relazionali, familiari o esistenziali.

Francesco Galgani,
12 luglio 2016


Quando lo smartphone ci aiuta a dominare ansia e apatia
L’analisi dello psicoterapeuta. «Ricorrere ai social è un meccanismo di “self soothing”»

06/07/2016
di Raffaele Avico

Osserviamo quotidianamente colleghi, giovani e meno giovani, amici, parenti, tutti costantemente assorbiti nel rapporto con lo Smartphone, intenti a chattare o controllare possibili notifiche sui Social.

Ma perché si sviluppa una simile dipendenza?  
Ebbene, la psicologia clinica prova a rispondere ricorrendo al concetto di «regolazione emotiva». Vediamo di che cosa si tratta.
 
È capitato a tutti di avvertire un senso di accelerazione (sia mentale che corporea) quando in realtà ciò che vorremmo davvero è starcene tranquilli. Può anche succedere che si desideri la tensione a un movimento in un momento in cui siamo completamente apatici e scarichi.  
 
Ognuno di noi trova nel tempo le migliori strategie, personalissime, per «regolarsi», contrastando quel senso di malessere che la psicologia clinica chiama «stato di disregolazione emotiva» (in parole povere, sentirsi troppo accelerati o attivi, o al contrario troppo depressi e affaticati).  
 
C’è chi usa lo sport, chi si affida a sostanze, alla nicotina, c’è chi invece preferisce, appunto, il contatto con gli altri. Queste strategie vengono chiamate «strategie di Mastery» ovvero di «padronanza». Rappresentano il nostro tentativo di ristabilire, in noi, uno stato di equilibrio. Tra queste, c’è anche il «self-soothing», ovvero l’auto-manipolazione a fini ansiolitici o anti-depressivi (dal giocare con i capelli, al toccarsi il volto, al mordersi le labbra, alla masturbazione).
 
Lo smartphone come strumento di «regolazione emotiva»  
Tornando alla domanda iniziale, proviamo a pensare allo smartphone come a uno strumento tecnologico da noi (ab)usato per regolare il nostro stesso stato di attivazione neurofisiologica.  
 
Il problema non è tanto l’uso dei social, quanto il nostro modo di usarlo a nostro vantaggio (a fini «regolativi» come si è detto).  
 
Leggendo il fenomeno in termini di «regolazione», allo smartphone potremmo sostituire una «pausa sigaretta», lo stringere un cuscinetto anti-stress, un giornale sfogliato in modo compulsivo e molti altri comportamenti: la funzione di quelle azioni rimane sempre la stessa.  
 
E’ per questo che le dipendenze «migrano»: si passa dalla cocaina, a Internet, alla nicotina: è il fine -ansiolitico o antidepressivo- a essere invariato. Semplicemente lo smartphone assolve a questo ruolo nel migliore dei modi. Ed è per questo che in futuro la disintossicazione digitale sarà un problema diffuso, grave e attualissimo:.
 
Il Social Network: un gratificatore perfetto  
Il punto è che, in questo caso particolare, il contenuto di ciò che troviamo nello smartphone, ha un’attrattiva più grande, enormemente più grande: il mondo dei social ci regala l’illusione di far parte di una comunità (che copre il bisogno universale di appartenere), e la possibilità di simulare agli altri di avere una vita interessante (e quindi sedurli). Questi bisogni sono talmente primari nell’uomo che la diffusione dei social ha avuto i caratteri di una pandemia fuori controllo. In futuro, nessuno di noi ne potrà fare a meno. I tempi cambiano e le dipendenze vi si adattano sempre nel migliore dei modi.
 
Ogni qual volta dunque ci accorgiamo di eccedere nell’uso dello smartphone, chiediamoci: «Cosa sto gestendo, attraverso questo comportamento? Quale stato neurofisiologico (ansia? Apatia? Senso di vuoto?) sto cercando di contrastare?»
 
Ci accorgeremo che le problematiche, come spesso accade, sono altrove, e affondano le loro radici all’interno di questioni relazionali, famigliari o esistenziali.  

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