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Smart and stupid

Smart and stupid

Smartphone,
smartbox,
smart tv,
smart auto,
smart card,
smart house,
smart things,
smart city,
...
stupid man.

(Giulio Ripa, 14 set 2015)

Con questo gioco di parole, Giulio Ripa sottolinea che tutte le cose di oggi sono o stanno diventando "smart", un modo di dire abusato che penalizza l'uomo e la sua capacità  di ragionare. Ne ho tratto spunto per alcune riflessioni.

Secondo me, il problema di fondo è che l'intelligenza dovrebbe stare nella sua sede naturale, cioè negli esseri viventi, non nelle macchine. La natura, intesa come il complesso e delicato equilibrio che tiene unite tutte le forme di vita, ha un'intelligenza infinitamente più grande e più saggia di quella che può esserci nella mente umana: l'homo sapiens ha commesso il suo primo e grave errore nel momento in cui si è sentito separato dalla natura, come se non ne facesse parte e come se avesse il diritto di disporne a proprio piacimento senza rispetto né per se stesso né per il delicato ecosistema che sorregge tutte le forme di vita; il secondo grave errore è stato quello di concepire e reificare la separazione tra mente e corpo, tra vita e ambiente, tra il proprio benessere e la propria felicità e quelli altrui, rifiutando la realtà dell'interdipendenza di tutte le forme di vita; il terzo grave errore, più recente, è una fiducia acritica e cieca verso la tecnologia di uso comune, ignorando tutti i segnali di allarme che suggeriscono la necessità urgente di cambiare direzione.
Questo a grandi linee. L'essere umano contemporaneo, appartenente alle cosiddette "società del benessere tecnologicamente avanzate" (ma quale "benessere"?), secondo la mia opinione, è fondamentalmente ignorante, smarrito, svuotato spiritualmente, malato, incosciente, solo. Il bisogno di tecnologie sempre più "smart" (cioè pseudo-intelligenti) a cui delegare la propria intelligenza, unito al bisogno onnipresente di connettività, sono sintomatici della direzione che ha preso una parte consistente dell'umanità.

Nella nostra società imperversano cattiveria e falsità, nutrite da un'informazione sensazionalistica e superficiale, che alimenta il malessere interiore degli individui. Sono continue e logoranti le influenze della società sugli individui che ingannano e trascinano verso l'infelicità e la sofferenza. La nostra cultura è ammalata. Se ogni persona cominciasse a imparare ad ascoltare le proprie emozioni e il proprio corpo, a scoprire la propria creatività, a disconnettersi, a studiare e a informarsi seriamente, a stare da sola con se stessa e con i propri buoni amici, trovando uno spazio proprio che non ha bisogno di essere messo in rete e che non necessita di tecnomediazione, allora tutti staremmo meglio.

Essere consapevoli dei problemi e degli errori commessi a livello antropologico e sociale può dare a ciascuno di noi lo stimolo per interrogarsi su cosa può fare per migliorare la propria esistenza. Alla fine, se essere schiavi o no della tecnologia e delle consuetudini sociali dipende solo da noi. Come disse Gandhi: «Sii tu il cambiamento che vuoi vedere nel mondo!».

Francesco Galgani,
15 settembre 2015

 

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