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Una scienza robotica degli esseri umani

robotPropongo qui alcune mie modeste riflessioni, potenzialmente stimolo di ulteriori riflessioni epistemologiche, scaturitemi dopo aver ascoltato un docente affermare che le teorie psicologiche non sono dimostrabili e che, pertanto, non rientrano nel novero delle scienze propriamente dette (approfondimento).

Alla presunta "non verificabilità" (??!) delle teorie scientifiche in ambito psicologico (approfondimento), il docente contrapporrebbe la loro verificabilità e convalida nelle applicazioni robotiche: costruire un robot il più possibile simile ad un essere umano permetterebbe di indagare, secondo questo filone di ricerca, la correttezza delle teorie psicologiche.

Onestamente un tale modus operandi di ricerca scientifica, pur per quanto affascinante sia, mi suscita dubbi nei suoi fondamenti teorici. Sia bene inteso: mi affascina ciò che può essere compreso sulla natura umana partendo da discipline non psicologiche. Ad esempio, come esperienza personale, tanti anni fa compresi un aspetto della natura umana partendo da un circuito elettronico da me progettato e realizzato: fu un'intuizione, una piccola illuminazione, di cui poi ho trovato conferma sia in ambito scientifico, all'interno della psicobiologia, sia in ambito filosofico-religioso, con riferimento al buddismo. La ricerca di conferme delle proprie intuizioni proprio in quell'ambito della scienza che si occupa dell'essere umano (lasciando perdere per un attimo l'approccio conoscitivo di natura spirituale, religiosa e/o filosofica, comunque importante e non disconoscibile) mi pare il requisito minimo per poter avanzare una teoria scientifica sull'essere umano: quanto sperimentato su un robot può essere generalizzato su un essere umano? Questa è la mia domanda.

E' possibile avanzare una teoria in un ambito (come nel caso della robotica), e poi pretendere di trasportarla così com'è in un altro (animali o persone), senza una seria sperimentazione? Più in generale, è lecito affermare che ciò che è valido per un essere vivente (supponiamo una scimmia, un cane, un piccione, un gatto, ecc.) valga necessariamente per gli altri esseri viventi dello stesso regno animale (ad esempio un essere umano) senza prima aver sperimentato e/o verificato che sia effettivamente così?

La questione diventa cruciale nel momento in cui mi chiedo se la scienza è in grado di elargire "verità". Direi proprio di no, perché la falsificabilità è alla base di ogni teoria degna di esser chiamata "scientifica". La scienza è avara di certezze e amica del dubbio. Chi cerca delle "verità", delle "certezze", non dovrebbe fare appello alla scienza: questo vale per tutte le scienze, sia per la matematica e per le scienze cosiddette "esatte", sia per quelle che non sono considerate tali, come la psicologia.

Vorrei proporre un mio ulteriore dubbio di metodo. Tornando all'uso dei robot allo scopo di ottenere una conoscenza scientifica sull'essere umano, essi potrebbero esibire comportamenti desiderati in base alle teorie sottostanti non perché le teorie siano in sé per sé corrette, ma solo come conseguenza di un errore di progettazione: chi mi assicura che la progettazione di un robot sia perfetta? E anche se lo fosse, è esperienza quotidiana che i nostri computer, e più in generale ogni aggeggio elettronico, a volte abbia comportamenti del tutto inaspettati, imprevedibili e sulla cui ragione sia assai difficile, se non impossibile, indagare.

Buone riflessioni,
Francesco Galgani,
10 marzo 2015

 

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