Riporto in calce un comunicato stampa della Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana su un tema a me caro, intitolato "ECO-MENÙ DI GREENPEACE: È FUORVIANTE. QUATTRO CRITICHE SPIEGANO IL PERCHÉ". Ad ogni modo, vorrei anche entrare nel merito della questione, visto che è già la seconda volta che Greenpeace assume posizioni dissonanti con la mia sensibilità. Ricordo le dichiarazioni ufficiali di Greenpeace dopo la pubblicazione del documentario "Cowspiracy", che avevo visto integralmente e a cui avevo dedicato un articolo: il tema di quel documentario, più che mai attuale, riguardava il rapporto tra alimentazione umana e distruzione ambientale; più nello specifico, quel documentario denunciava anche i modi di fare di certe associazioni ambientalistiche, di cui Greenpeace nello specifico.
Ciò non toglie che ciascuno e ciascuna di noi, alla fine, può fare le proprie scelte. Nel caso specifico, riferendomi al documentario "Dominion", che ho riportato integralmente nel mio blog e che riguarda un'accurata inchiesta sulla vita degli animali da allevamento, si tratta di una scelta d'Amore.
Tutte queste polemiche cosa insegnano? Secondo me, un'attenta risposta l'ha data Paolo Scroccaro, dell’Associazione Eco Filosofica, nel suo documento "Cosa insegna la polemica dell’ecologia superficiale contro Cowspiracy?", che nella parte conclusiva si esprime così: «[...] Ma il problema centrale è un altro: bisogna ammettere che Cowspiracy, al di là delle polemiche, si configura come un notevole contributo alla delegittimazione del ciclo della carne, in quanto totalmente insostenibile dal punto di vista etico, ecologico ed economico. Ciò significa che siamo in presenza dell’anello debole per eccellenza del capitalismo (subito dopo viene l’agroindustria), che può essere colpito da prospettive diverse ma convergenti, con eccellenti argomentazioni in sintonia con la ricerca più avanzata, e non è poco: infatti sulla rottura degli anelli deboli del sistema occorre far leva per scardinarlo e per promuovere un nuovo immaginario, un nuovo paradigma non antropocentrico e non sviluppista. L’ecologismo superficiale (rappresentato dalle sigle citate e molte altre), non cogliendo l’importanza di quanto sopra, invece di collaborare nell’opera di delegittimazione, tende a ridimensionare le responsabilità degli allevatori e dei consumatori di carne, in nome di un concetto di sostenibilità funzionale al sistema dominante, come abbiamo già evidenziato all’inizio. [...]».
Francesco Galgani,
7 dicembre 2019
fonte: https://www.agireora.org/ecologia/ecomenu-greepeace-critiche-3239.html
Che cos'è un eco-menù? L'immagine che si affaccia alla mente è quella di un'impronta leggera sul pianeta, in punta di piedi. In contrasto con tracce pesanti, come di scarponi chiodati, che affondano nel terreno e lo distruggono.
Ed è proprio così: quello che scegliamo di mangiare determina il nostro impatto sul mondo. È il fattore primario sui cui abbiamo il potere di intervenire come singoli.
Se calcoliamo l'impatto ambientale della nostra dieta, ci accorgiamo che l'impronta ecologica di un'alimentazione basata sui vegetali è di molto inferiore a quella di una dieta basata su ingredienti animali - una diminuzione fino al 90%.
Mangiando vegetale, camminiamo in punta di piedi, mangiando carne, pesce, formaggi e uova camminiamo con scarponi pesanti e distruttivi.
Possiamo calcolare il nostro impatto inserendo i cibi che mangiamo ogni giorno nell'applicazione web Mio Eco Menù, un progetto che Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - SSNV ha lanciato un anno fa.
È di pochi giorni fa, invece, l'iniziativa di Greenpeace con un nome del tutto simile, "Eco Menù", ma di contenuto ben diverso. Si tratta di un opuscoletto illustrato, di 4 pagine, con 10 consigli "per una spesa amica del clima e del pianeta".
Dieci consigli che nel migliore dei casi sono troppo blandi e nel peggiore arrivano a suggerire "soluzioni" che non risolvono nulla e danno un falso senso di sicurezza al lettore: dipingono una visione di fantasia del sistema dell'allevamento e della pesca che può portare a scelte sbagliate.
Così, proprio le persone più ricettive, che decidono di impegnarsi a cambiare la propria dieta per avere un minor impatto ambientale, vengono fuorviate da affermazioni infondate che vanificano il loro impegno.
Sono parecchi i punti contestabili tra i consigli di Greenpeace, ma ci limitiamo a quattro critiche principali. Vi invitiamo ad aiutarci a diffonderle.
Critica 1: Non è vero che esistono gli allevamenti ecologici
Greenpeace consiglia: "Riduci il tuo consumo di carne e derivati: massimo una o due porzioni a settimana, proveniente da allevamenti ecologici e da produttori che conosci direttamente."
Ridurre è utile, è vero. L'ottimo è arrivare a zero, ma ogni riduzione è positiva, è corretto. Quello che è sbagliato è sostenere che esistano allevamenti "ecologici". È un ossimoro, una contraddizione in termini.
Qualsiasi genere di allevamento causa spreco di risorse, enorme e ineliminabile: spreco di acqua, in un mondo sempre più assetato; spreco di terreno, che porta a disboscamento e distruzione dell'ambiente naturale; spreco di energia; spreco di sostanze chimiche, che inquinano; aumento dell'effetto serra: il settore dell'allevamento ha un impatto maggiore di quello dei trasporti e simile a quello dell'industria.
Questo accade perché occorre coltivare moltissimi vegetali da dare in pasto agli animali: servono in media 15 kg di mangime per ottenere un chilo di carne. Se, anziché coltivare i vegetali e nutrircene direttamente, li diamo agli animali per avere carne, latte e uova, dobbiamo produrne molti di più e quindi serve molta più acqua, terreno, energia e tutte le altre risorse necessarie.
Questo è vero per ogni genere di allevamento, perché è un vincolo legato alla fisiologia degli animali: non si può inventare un animale che mangiando un chilo di mangime aumenti di un chilo di peso.
Negli allevamenti più piccoli e biologici lo spreco di risorse non è minore. È uguale o ancora maggiore, perché si consuma ancora più territorio e più mangime a parità di carne prodotta (o latte o uova). Si usano meno sostanze chimiche, è vero, ma questo è marginale rispetto al totale dell'impatto sull'ambiente.
In definitiva, tutti gli alimenti ottenuti allevando animali (carne, pesce, latte, formaggi, uova) hanno un impatto ambientale molto elevato, qualsiasi sia il tipo di allevamento da cui provengono.
Critica 2: Non è vero che le uova di allevamento biologico "all'aperto" sono migliori delle altre
Il consiglio di Greenpeace "Acquista uova da allevamento biologico all’aperto" induce a credere che sotto l'aspetto ecologista esistano differenze con le uova di allevamento intensivo. Invece, non ce ne sono.
Le risorse consumate per la produzione di uova sono le stesse per tutti i tipi di allevamento. Anche per la salute umana queste uova non sono migliori; conterranno, forse, meno sostanze chimiche, ma i grassi e il colesterolo rimangono.
Inoltre, gli animali vengono uccisi tutti allo stesso modo, qualsiasi sia l'allevamento di provenienza: i pulcini maschi appena nati, tritati vivi; le galline ovaiole a circa due anni, sgozzate al macello.
Muoiono male, e non vivono bene: tutte le investigazioni fatte finora in quelli che si definiscono allevamenti di "animali felici" hanno trovato animali sofferenti, violenza e condizioni di vita ben lontane dalle esigenze degli animali.
D'altra parte, se la quantità totale di uova consumate rimane la stessa, per forza di cose rimane lo stesso anche lo sfruttamento, le uccisioni, la sofferenza.
Critica 3: Non è vero che esistono allevamenti in cui gli animali sono rispettati e non soffrono
Anche sul consumo di latte Greenpeace dà lo stesso consiglio: "Privilegia latte e latticini provenienti da allevamenti ecologici." E arriva finalmente a spiegare che cosa intende per "allevamenti ecologici".
In questi allevamenti, secondo Greenpeace "Gli animali sono allevati all’aperto, con rispetto e senza sofferenze".
Questo non avviene MAI e non potrà avvenire MAI. Non esistono allevamenti senza sofferenza.
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Gli animali sono sempre confinati, rinchiusi in spazi troppo piccoli, ben lontani da quelli necessari alle loro esigenze naturali.
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Sono menomati: viene loro tagliata la coda, il becco, le corna, vengono castrati, tutto in maniera sbrigativa e col minor costo possibile.
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Non possono avere normali rapporti sociali e affettivi coi loro simili: le madri non possono stare coi loro cuccioli, maschi e femmine non possono corteggiarsi ed esprimere affetto, non può esistere amicizia. Tutti sentimenti che in natura esistono e di cui gli animali hanno bisogno estremo, proprio come noi.
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Tutti gli animali, in ogni genere di allevamento, sono uccisi quando raggiungono il peso ottimale per la macellazione oppure quando non servono più.
Tutto questo è rispetto e non sofferenza?
In questi allevamenti impossibili, secondo Greenpeace "l’alimentazione animale è principalmente basata sul pascolo e sui residui agricoli; i mangimi sono prodotti localmente senza uso di pesticidi. Il terreno utilizzato per l’alimentazione animale non è stato sottratto alla produzione alimentare."
In primo luogo, l'allevamento a pascolo non ha un impatto minore di quello a mangime, tutt'altro.
In secondo luogo, certo che il terreno per coltivare mangime è stato sottratto alla produzione alimentare: se è un terreno su cui si possono coltivare vegetali per gli animali, allora si possono coltivare anche vegetali per il consumo umano. E di questi ne basterebbe una quantità molto minore per ricavare gli stessi nutrienti e calorie.
L'allevamento spreca sempre moltissime risorse, di qualsiasi genere esso sia.
Critica 4: Non è vero che esiste la pesca sostenibile
Scrive Greenpeace: "Impara a leggere l’etichetta per scegliere pesce di stagione, locale e pescato in modo artigianale, piuttosto che quello allevato o pescato con metodi distruttivi."
Non può esistere "pesce sostenibile". L'unico pesce sostenibile è quello che rimane libero e vivo nel mare.
La pesca ha già distrutto gran parte degli habitat marini: non ha senso parlare di scegliere pesce "diverso". Che sia pescato in modo "artigianale" o meno, che differenza fa, se la quantità di pescato rimane uguale? Bisogna alleggerire in modo sostanziale il peso che opprime i mari e gli oceani a causa dell'ingordigia umana.
Se per la carne almeno è stata consigliata una diminuzione dei consumi, lo stesso consiglio va dato anche per il pesce. I danni alla salute sono gli stessi della carne, quelli all'ambiente pure.
E i pesci sono gli animali più sterminati e maltrattati nel mondo: ma la loro sofferenza è ignorata, non è presa in considerazione. Nemmeno da Greenpeace.
Abbiamo il potere di definire il nostro impatto sul mondo...
... ma possiamo esercitarlo solo se abbiamo le informazioni corrette. Non culliamoci nella falsa certezza che qualcuno ci offra una soluzione per risparmiarci il fastidio di cambiare le nostre abitudini a tavola. Vinciamo la pigrizia e l'inerzia, e iniziamo a cambiare!
Non esistono gli allevamenti ecologici. Esiste solo la possibilità di diminuire i consumi di carne, pesce, latticini e uova. Solo questo può aiutare il nostro pianeta e al contempo la nostra salute.
Inizia subito, e ricorda che maggiore è la diminuzione, più leggera diventerà la nostra impronta: l'ottimo è arrivare a zero. Per camminare in punta di piedi.
Misura la diminuzione del tuo impatto calcolandolo su Mio Eco Menù, vedrai coi tuoi occhi la differenza: quanto risparmierai in termini di territorio, acqua, effetto serra.
fonte: https://www.agireora.org/ecologia/ecomenu-greepeace-critiche-3239.html