Chi segue il mio blog, conosce le preoccupazioni che ho espresso negli ultimi dieci anni a proposito dei social, degli smartphone, della televisione e, in tempi più recenti, dell'intelligenza artificiale. I social network, invece di promuovere la democrazia e la connessione umana, spesso amplificano la competizione, l'odio, l'invidia e l'isolamento sociale, portando ad una svalutazione dell'essere umano, ridotto a cercare validazione attraverso likes e followers.
«Ama Dio e ama il prossimo, diceva il comandamento. Ma già per Nietzsche Dio era morto. E il prossimo? Nel mondo pre-tecnologico la vicinanza era fondamentale. Ora domina la lontananza, il rapporto mediato e mediatico. Il comandamento si svuota. Perché non abbiamo più nessuno da amare». Suggerisco di leggere e ascoltare "La morte del prossimo grazie a Internet" (intervista a Luigi Zoja, 2019) e "La base dell'educazione umana è l'amore, non lo smartphone" (è una mia recente intervista).
Il "grande assente" nei miei scritti e nelle mie discussioni è stato "Netflix", per il semplice motivo che non lo uso, preferendo ancora, quando possibile, la classica sala cinematografica e - che rarità! - le desuete videoteche amatoriali in cui i film esistono ancora su "supporti fisici" sconosciuti ai più giovani, piuttosto che su effimeri cloud posseduti da terzi.
Oggi i film si guardano sul telefonino o su un televisore con l'app di Netflix o di servizi analoghi di "streaming on demand", in cambio solitamente di un piccolo canone mensile, pagato il quale l'accesso a una sterminata collezione di film e di serie televisive è praticamente illimitato. Nel mondo digitale, gli "amanti del cinema" forse sono quei pochi che ancora non usano Netflix, ma che cercano rarità che solitamente trovano spazio solo su piattaforme "peer to peer" o in negozi di vendita online di DVD, Blu-ray e affini.
Ma non è di cinefilia che vorrei discutere. I problemi sono altri.
L'avvento di Netflix ha rivoluzionato la fruizione di contenuti audiovisivi, ma ha anche sollevato preoccupazioni riguardo alla passività degli spettatori. La pratica del "binge-watching" porta gli utenti a trascorrere ore davanti allo schermo, spesso senza interruzioni, favorendo un atteggiamento passivo e una fruizione acritica dei contenuti. Questo comportamento riduce la capacità di riflessione critica e l'interazione sociale, isolando l'individuo in un consumo mediatico incessante.
Oltre alla passività, emergono interrogativi sull'uso di Netflix come veicolo di propaganda politica e sociale. La piattaforma promuove specifiche agende ideologiche attraverso la selezione dei contenuti. I temi legati al politically correct, al woke, ai diritti LGBTQ+, alla presunta crisi climatica, e altri, rispondono a precise strategie politiche nella cinematografia piuttosto che a genuine scelte artistiche.
La questione della censura è altrettanto rilevante. In diversi paesi, Netflix ha rimosso contenuti su richiesta dei governi locali. Queste azioni indicano che contenuti realmente critici nei confronti del sistema non possono trovare spazio su Netflix (né sui social).
La combinazione di passività indotta dal binge-watching e la possibile esposizione a contenuti filtrati o orientati ideologicamente è un potente veleno anti-democratico, per non dire anti-umano. Gli spettatori potrebbero essere inconsapevolmente manipolati da narrazioni che riflettono specifiche agende politiche o sociali, senza avere l'opportunità di confrontarsi con prospettive alternative o critiche. Questo scenario di "conformismo culturale" limita la diversità di pensiero e la capacità di analisi critica. Ciò si somma ai danni fisici, emotivi e relazionali provocati dalla dipendenza da contenuti seriali e dalla tendenza a consumarli in modo compulsivo.
(4 dicembre 2024)