Alcuni libri scolastici adottati dalla scuola italiana, che ho visto personalmente, insegnano il concetto del tempo come una linea retta senza interruzioni, sulla quale il punto 0 corrisponderebbe alla nascita di Cristo. Questa rappresentazione semplificata, seppur utile a uno scopo didattico elementare, è in realtà scorretta dal punto di vista storico e cronologico.
L’idea di un anno zero, che separi l’era avanti Cristo (a.C.) e l’era dopo Cristo (d.C.), non rispecchia il sistema di numerazione degli anni su cui si basa il calendario gregoriano, né il lavoro di Dionigi il Piccolo, il monaco del VI secolo che propose il computo del tempo secondo la nascita di Gesù. Quando Dionigi fissò questo punto di inizio, il concetto di zero non era comunemente usato nella matematica occidentale, pertanto il conteggio degli anni passò - e passa tuttora - direttamente dall’1 a.C. all’1 d.C. senza un anno intermedio.
Questo aspetto non è un semplice dettaglio tecnico, ma ha influenze sulla corretta comprensione degli intervalli cronologici. L’assenza dell’anno zero fa sì che il primo secolo della nostra era vada dall’1 d.C. al 100 d.C. e non dal 0 al 99, come qualcuno potrebbe erroneamente ritenere. Allo stesso modo, il secondo secolo inizia nel 101 e termina nel 200, il terzo comincia nel 201 e così via. Questa impostazione determina anche l’effettivo inizio dei millenni: il primo millennio va dall’anno 1 all’anno 1000, il secondo inizia nel 1001 e termina nel 2000, e il terzo prende avvio nel 2001.
Di conseguenza, il cambio di millennio non andava idealmente festeggiato quando le cifre dell’anno passarono a un numero tondo come il 2000, bensì all’inizio del 2001. Tuttavia, l’idea dell’anno 2000 come soglia simbolica fu così potente da scatenare festeggiamenti diffusi, alimentati anche da un forte impatto mediatico e commerciale. Le celebrazioni del nuovo millennio non si basarono sulla corretta nozione di calcolo degli anni, ma su un bisogno psicologico e culturale: il numero 2000, perfetto e tondeggiante, comunicava una sensazione di svolta epocale, più facilmente assimilabile dall’opinione pubblica rispetto alla precisione cronologica.
Questo tipo di confusione storica si è presentato anche nel passaggio da altri secoli, come quando ci si affrettò a festeggiare la fine del XIX secolo nel 1900, ignorando che il XX secolo sarebbe iniziato solo con il 1901.
Dal mio punto di vista, sarebbe auspicabile che i materiali didattici fossero più chiari nel distinguere tra semplificazioni simboliche e dati storici, sia su questa che su altre questioni. Una maggiore precisione contribuirebbe a una comprensione più profonda della nostra cultura cronologica e del modo in cui il nostro calendario si è sviluppato.
La complessità del tempo storico e del suo racconto non è riducibile a una semplice linea retta, bensì un insieme articolato di convenzioni, scelte e interpretazioni stratificatesi nei secoli.
Per inciso, il tempo come linea retta è una invenzione del cristianesimo. Sant'Agostino contribuì in modo significativo a questa concezione lineare del tempo attraverso la sua opera "Le Confessioni" e altri scritti filosofico-teologici come il "De Civitate Dei" (La Città di Dio). In estrema sintesi, secondo la dottrina cristiana, il tempo inizia con la creazione del mondo da parte di Dio e terminerà con la fine dei tempi, il Giudizio Universale. Questa visione si fonda sulla narrazione biblica. Sant'Agostino sottolinea che il tempo non è un eterno ritorno, ma una linea retta che va dalla creazione alla redenzione, con una direzione e uno scopo determinati da Dio. Su questa visione lineare del tempo, si fondano la nostra cultura e il nostro calendario.
Prima del cristianesimo, molte tradizioni culturali e filosofiche, specialmente quelle legate alla mitologia greca e al pensiero orientale, avevano una visione ciclica del tempo. Per i greci antichi, l'induismo e il buddismo il tempo non è lineare, quindi stiamo attenti a non concepire come "dato di fatto universale" ciò che è primariamente un relativismo culturale.
(10 dicembre 2024)