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Il significato essenziale di tutti gli insegnamenti di Budda?

Nella tradizione buddista tibetana, i "Tre Aspetti Principali del Sentiero", recentemente discussi dal Dalai Lama nel video tradotto in italiano del 30 settembre 2024, rappresentano le fondamenta essenziali per il percorso verso l'illuminazione. Esposti dal venerato maestro Je Tsongkhapa (1357-1419), questi tre aspetti sono:

  • Rinuncia
  • Bodhicitta
  • Saggezza che realizza la vacuità

1. Rinuncia

La rinuncia è un invito a guardare oltre le apparenze superficiali della vita, a sondare le profondità della nostra esistenza con sincerità e coraggio. Non si tratta di abbandonare le gioie o le responsabilità del mondo, ma di sviluppare una consapevolezza profonda della natura insoddisfacente e transitoria dell'esistenza ciclica, conosciuta come samsara.

Riflettendo sulla natura della sofferenza, possiamo contemplare le quattro nobili verità insegnate dal Budda: la verità della sofferenza, l'origine della sofferenza, la cessazione della sofferenza e il sentiero che conduce alla sua cessazione. Osserviamo come le esperienze piacevoli siano fugaci e come l'attaccamento a esse generi ansia e delusione. Comprendiamo che ogni aspetto della nostra vita è soggetto all'impermanenza: le relazioni cambiano, il corpo invecchia, le circostanze mutano.

Questa consapevolezza non deve portarci al pessimismo, ma piuttosto a un desiderio genuino di liberazione. Riconosciamo che la ricerca incessante di soddisfazioni temporanee non può appagare il desiderio innato di una felicità duratura. La rinuncia diventa quindi una scelta di liberarsi dalle illusioni e dalle abitudini mentali che ci tengono imprigionati nel ciclo della sofferenza.

2. Bodhicitta

Bodhicitta, la "mente dell'illuminazione", è il cuore pulsante del sentiero Mahayana. È l'intenzione altruistica di raggiungere l'illuminazione non solo per il proprio beneficio, ma per liberare tutti gli esseri dalla sofferenza. Questa aspirazione nasce dalla compassione e dall'amore universale, riconoscendo l'interconnessione profonda che condividiamo con ogni forma di vita.

Meditando sulla compassione, apriamo il nostro cuore alle esperienze degli altri. Immaginiamo le sofferenze che molti affrontano: la paura, la solitudine, il dolore. Comprendiamo che, proprio come noi desideriamo essere felici e liberi dalla sofferenza, così fanno tutti gli esseri senzienti. Questo riconoscimento alimenta un desiderio sincero di aiutare e servire.

Attraverso pratiche tipicamente tibetane come lo "scambio del sé con gli altri" (tonglen), sviluppiamo l'empatia e la capacità di vedere il mondo dalla prospettiva altrui. Ci esercitiamo a mettere gli interessi degli altri al pari dei nostri, se non al di sopra. Questo non significa trascurare noi stessi, ma espandere il nostro senso di identità per includere tutti gli esseri.

La pratica dello "scambio del sé con gli altri" (tonglen) non l'ho trovata in testi italiani, per approfondire posso segnalare:

Per concludere questa parte, vorrei segnalare una questione linguistica e culturale. La presenza o assenza del termine "bodhicitta" nelle varie scuole buddiste dipende dalle loro origini storiche, testi sacri di riferimento e pratiche enfatizzate. Nel buddismo tibetano, la bodhicitta è centrale per il percorso del bodhisattva. In altre tradizioni, come la Soka Gakkai (focalizzata sul Sutra del Loto e la recitazione di "Nam-myoho-renge-kyo"), il Buddismo Zen (centrato sulla meditazione zazen), il Buddismo della Terra Pura (devozione ad Amida Budda) e altre scuole, pur condividendo l'obiettivo dell'illuminazione e della compassione verso gli altri, si utilizzano terminologie e pratiche differenti per esprimere questi ideali.

3. Saggezza che realizza la vacuità

La saggezza che realizza la vacuità è la comprensione profonda della natura ultima della realtà. La vacuità (shunyata) non implica che nulla esiste, ma che i fenomeni non possiedono un'esistenza intrinseca, indipendente e permanente. Tutto ciò che esiste è interdipendente, sorgendo in relazione a cause, condizioni e concetti mentali.

Attraverso la meditazione analitica, esploriamo la natura dei fenomeni. Indaghiamo se le cose esistono così come appaiono o se la nostra percezione è influenzata dalle nostre proiezioni mentali. Riconosciamo che gli oggetti e gli eventi sono "come riflessi in uno specchio", reali nella loro manifestazione, ma privi di sostanza autonoma.

Immaginiamo di guardare un riflesso in uno specchio. Vediamo immagini dettagliate: il nostro volto, gli oggetti nella stanza, il paesaggio dietro di noi. Queste immagini appaiono vivide e reali, ma sappiamo che non hanno sostanza propria all'interno dello specchio. Non possiamo toccare o interagire fisicamente con il riflesso: è un'apparenza priva di esistenza autonoma.

Il riflesso esiste solo in dipendenza di varie condizioni: la presenza dello specchio, la luce, l'oggetto riflesso e la posizione dell'osservatore. Se una di queste condizioni cambia o viene a mancare, il riflesso scompare. Allo stesso modo, secondo il buddismo, tutti i fenomeni esistono in dipendenza di cause e condizioni. Nulla esiste per sé stesso, isolato o permanente.

Questa metafora sottolinea che, sebbene i fenomeni appaiano solidi e indipendenti, la loro natura ultima è vacua di esistenza intrinseca. La nostra percezione attribuisce una solidità e una permanenza che in realtà non ci sono. Come il riflesso nello specchio, le cose appaiono ma non possiedono una realtà autonoma.

Questa realizzazione dissolve le radici dell'ignoranza, che è la causa fondamentale della sofferenza. Comprendendo la vacuità, liberiamo la mente dalle afflizioni mentali e dai concetti limitanti. La saggezza diventa allora una luce che illumina il cammino, permettendoci di interagire con il mondo con chiarezza, compassione e libertà.

Ho approfondito il concetto di vacuità in "La Via di Mezzo (Nagarjuna) e il conseguimento della Buddità in questa esistenza (Nichiren Daishonin)".

Anche in questo caso, vorrei fare alcune annotazioni di tipo culturale. Sebbene il Sutra del Loto includa insegnamenti sulla vacuità, la Soka Gakkai, basata sugli insegnamenti di Nichiren Daishonin, adotta un approccio diverso nell'interpretazione e nella pratica di questo sutra. Questo riflette un intento culturale di Nichiren Daishonin di fornire strumenti immediati per affrontare le sofferenze della vita quotidiana, senza approfondimenti filosofici sulla natura della realtà. La comprensione della vacuità è invece centrale nel buddismo tibetano, attraverso studi approfonditi e pratiche meditative sulla natura della realtà. La vacuità è intrinseca anche alla pratica meditativa Zen.

Testo completo: "I tre aspetti principali del sentiero", di Je Tsongkhapa Lobzang Drakpa

(traduzione e note di Giulia Castello)

Lode ai venerabili e virtuosi maestri

Illustrerò, secondo le mie capacità,
il significato essenziale di tutti gli insegnamenti di Buddha
il sentiero trasmesso dai Bodhisattva
e la via d’accesso per i privilegiati;
coloro che desiderano la liberazione.

Tu che respingi le gioie dell’esistenza
E ti sforzi per rendere efficaci le condizioni favorevoli e le libertà
Tu che segui il sentiero che ha esaudito tutti i Buddha,
Ascolta bene, Fortunato, e con mente pura.

Senza una vera intenzione di rinuncia all’esistenza ciclica,
non v’è modo di porre fine alla continua ricerca degli effetti del piacere
nell’oceano dell’esistenza,
e poiché gli esseri senzienti sono vincolati dall’attaccamento ad essa
Tu devi cercare sin da subito di allontanarti dall’esistenza ciclica.

La liberazione e le condizioni favorevoli sono difficili da ottenere e la vita è breve.
Consapevole di ciò, stravolgi l’immagine che hai di questa esistenza.
Pensa ininterrottamente agli effetti inevitabili del karma e alla sofferenza del samsara,
stravolgi, così, la percezione delle vite future.

Meditando in questo modo
spera che i desideri per piaceri del samsara non si manifestino neanche per un istante,
e quando avrai coltivato giorno e notte l’inclinazione alla liberazione,
allora in quel momento sorgerà la vera rinuncia.

La vera rinuncia, inoltre,
non può esistere senza l’unione con una mente pura che desidera l’illuminazione (Bodhicitta)
diversamente non sarebbe la causa che genera
il piacere perfetto della suprema illuminazione.
Così il saggio dovrebbe generare la suprema aspirazione altruistica dell’illuminazione (Bodhicitta)

Gli esseri senzienti sono continuamente trasportati dalle poderose quattro correnti [1]
Legati dalle strette e indistruttibili catene del karma,
intrappolati nella fitta rete di ferro dell’egoismo,
sono completamente offuscati dalle profonde tenebre dell’ignoranza.

Nati innumerevoli volte nel samsara,
le tre sofferenze [2] li tormentano incessantemente.
Questa è la condizione di tutte le tue madri nelle vite precedenti
contempla questo stato e genera bodhicitta.

Privo della saggezza che riconosce la natura intrinseca di tutte le cose,
pur avendo coltivato la vera rinuncia e il bodhicitta,
non potrai tagliare la radice dell’esistenza,
sforzati a riconoscere la legge di interdipendenza.

Colui che riconosce l’affidabilità della causa e dell’effetto di tutti i fenomeni
del samsara e del nirvana, distrugge così ogni percezione errata
ed entra nel sentiero che esaudisce il Buddha.

Affinché tu consideri distinte le due conoscenze:
l’apparenza, ossia l’inevitabilità dell’interdipendenza
e la vacuità, priva di ogni argomentazione,
la saggezza di Buddha non potrà realizzarsi.

Quando queste saranno simultanee e non si alterneranno,
la conoscenza perfetta oblierà il modo errato di percepire le cose
attraverso l’infallibile legge dell’interdipendenza,
e così in quel momento il discernimento della via sarà completo.

Quando sarai consapevole che l’apparenza elimina l’estremo dell’esistenza
mentre la vacuità rimuove l’estremo della non esistenza, [3]
e quando comprenderai che la vacuità appare come causa ed effetto
non sarai più sopraffatto da visioni scorrette.

Nel momento in cui avrai realizzato i punti essenziali dei tre aspetti fondamentali del sentiero,
dimora in solitudine, genera il potere dell’entusiasmo
e raggiungi la tua meta, figliuolo!

note:

  1. Secondo Ngulchu Dharmabhadra i quattro fiumi del samsara si riferiscono sia alle sofferenze dell’esistenza: nascita, vecchiaia, malattia e morte sia ai “quattro fiumi del samsara” come definito nella letteratura dell’Abhidharma: ignoranza, punto di vista, divenire e brama.

  2. Sofferenza della sofferenza, sofferenza del cambiamento e sofferenza onnipresente.

  3. E’ comunemente riconosciuto nella filosofia buddhista che le cose sorgono, appaiano. Questa concezione elimina sia l’estremo del nichilismo sia un credo sulla completa non esistenza di tutte le cose, mentre dall’altra parte il concetto di vacuità elimina l’estremo dell’eternalismo e la credenza che tutte le cose abbiano una realtà intrinseca. Tsonkhapa in questo testo va oltre e afferma che il fatto che le cose appaiono elimina l’estremo di considerare le cose come veramente esistenti, perché per apparire non possono avere un’esistenza inerente. Inoltre, il fatto che le cose siano vuote elimina la concezione della non esistenza, poiché è solo perché le cose sono vuote che possono apparire.

Con l'auspicio di pace e guarigione per tutti,
24 novembre 2024

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