In questi giorni è circolata la notizia che l'Agcom ha sospeso i canali di La7 che hanno lasciato che una persona esprimesse opinioni in tema di salute che evidentemente a qualcuno non piacciono. Nello specifico, leggiamo: «[...] Nelle ultime settimane il nome di Adriano Panzironi è tornato agli onori delle cronache per via di diverse ospitate nella trasmissione Non è L’Arena, condotta da Massimo Giletti. La scelta di La7 di mandare in onda un personaggio così controverso che porta avanti dei discorsi medico-alimentari senza aver mai conseguito una Laurea – tra l’altro il tutto è stato già diffidato proprio dai comitati scientifici – è stata contestata da molti. Ora arriva anche l’intervento dell’AgCom che ha avviato sanzioni e sospensioni per quei canali televisivi (satellitari) che mandano in onda la sua trasmissione. [...]». Chi vuole può leggersi il resto dell'articolo alla pagina: https://www.giornalettismo.com/adriano-panzironi-agcom-sospensione/
Non conosco il sig. Panzironi, non l'ho mai sentito parlare e del fatto che sia laureato o meno non me ne importa (anzi, ritengo insensato il fatto di voler dare importanza a questo aspetto per quanto riguarda la libertà di espressione e per quanto riguarda la credibilità); leggendo il proseguo dell'articolo sembra che il suo "crimine" sia stato quello di aver consigliato le vitamine C e D di una specifica marca per affrontare il coronavirus... sull'uso di tali vitamine (a prescindere dalla marca), tra l'altro, una parte della scienza medica è sicuramente d'accordo.
Ma andiamo oltre... questa è solo la punta dell'iceberg. La televisione e i mass media in generale sono polarizzati verso un'unica forma di pensiero, sopprimendo ogni pensiero "diverso da quello che si vuole imporre alle masse", qualunque esso sia. Anche i social stanno ricevendo vincoli legali sempre più stringenti (per quanto non banali da attuare) per ridurre il più possibile, o meglio eliminare, le "voci fuori dal coro".
Mentre già stiamo passando dallo stato di diritto allo stato d'animo generalizzato pronto ad accettare qualsiasi tirannia (cfr. "Ai tempi del coronavirus l'Italia sta diventando un regime totalitario?"), mentre la disinformazione è diventata l'unica forma istituzionalizzata di informazione protetta dallo Stato, in funzione evidentemente neoliberista e pro-Europa, e mentre il finanza-virus sta mietendo assai più vittime del coronavirus (cfr. video di Mauro Scardovelli "Uscire in bellezza dal covid-19"), mi tornano a mente l'art. 21 della Costituzione e il pensiero di un grande uomo, Baruch Spinoza, che quattro secoli fa si espresse sulla libertà di pensiero asserendo che «in una libera comunità dovrebbe essere lecito a ognuno pensare quello che vuole e dire quello che pensa», attirandosi le ire sia dei cattolici che dei protestanti... oggi, probabilmente, quello stesso uomo si sarebbe attirato le ire di tutto il sistema mass-mediatico, che è diventato la nuova forma di religione, nel senso di "pensiero unico" e di inquisizione.
Nel libro "Finalmente ho capito la filosofia", di Marina Visentin (ISBN 9788869873201, anno 2017), c'è una piccola ma essenziale sezione dedicata a Baruch Spinoza che, secondo me, merita di essere letta per riflettere attentamente sulla libertà di pensiero e di espressione del pensiero, visto che oggi viene continuamente messa in discussione, osteggiata, denigrata e sanzionata. Questo succede fin da bambini dalle scuole elementari in poi, dove la libertà di pensiero viene per lunghi anni messa alla prova scontrandosi con le verità imposte dall'alto (e dal gruppo di pari).
Ecco cosa ha scritto Marina Visentin a proposito di Spinoza:
BARUCH SPINOZA
(Amsterdam, 1632 - L’Aia, 1677)
Nato in una benestante famiglia di ebrei portoghesi fuggiti in Olanda per sfuggire alle persecuzioni dell’Inquisizione, compie i suoi primi studi presso la scuola ebraica, ma ben presto si allontana dalla religione per accostarsi al pensiero di Bacone, Hobbes e Cartesio. Nel 1656 viene accusato di eresia, scomunicato e costretto a lasciare Amsterdam. Si rifugia allora in un piccolo villaggio nei pressi di Leida, dove inizia a guadagnarsi da vivere come tagliatore di lenti. Nel 1670 pubblica in forma anonima il Tractatus theologico-politicus, in cui difende la libertà di pensiero, suscitando le ire sia dei cattolici che dei protestanti. Nel 1673 rifiuta una cattedra di Filosofia presso l’Università di Heidelberg, preferendo proseguire in libertà i propri studi e conservarsi libero da ogni condizionamento. Muore di tubercolosi quattro anni dopo, a soli quarantaquattro anni. Dopo la sua morte, vedranno finalmente la luce le sue opere maggiori: Ethica more geometrico demonstrata e il Tractatus de intellectus emendatione, che in vita non aveva potuto pubblicare, per l’ostilità culturale che lo aveva sempre circondato e per le continue accuse di eresia e ateismo che lo avevano perseguitato.
Panteismo contro dualismo
Anche il pensiero di Spinoza nasce come superamento del dualismo cartesiano, che vedeva l’universo diviso in sostanze spirituali (pensanti) e sostanze materiali (estese).
Per Spinoza esiste un’unica sostanza che è al tempo stesso Dio e mondo. La sua è una concezione panteista, in qualche modo avvicinabile al panpsichismo rinascimentale, ma in realtà molto diversa nella misura in cui rappresenta non un’intuizione di tipo qualitativo, ma la compiuta espressione di una razionalità deduttiva di carattere geometrico-matematico.
Ma perché è così importante definire la sostanza?
Sostanza, lo abbiamo già visto, è una delle parole-chiave della nostra tradizione filosofica. Capire la sostanza delle cose significa individuare il loro vero essere, ciò che di esse permane al di sotto dei mutamenti accidentali e temporali. Aristotele, il primo pensatore a porre con chiarezza tale questione (e infatti è considerato il padre della metafisica occidentale), pensava a una pluralità di sostanze, tante quante sono gli esseri, Cartesio aveva ridotto tale molteplicità a due sole sostanze: la materia e lo spirito. Spinoza riparte dal concetto classico di sostanza, come «ciò che non ha bisogno di null’altro per esistere», per concludere che la sostanza può essere soltanto una e deve per forza di cose coincidere con Dio, che a sua volta coincide con il mondo.
Dio e il mondo come una cosa sola
«Deus, sive natura» (“Dio, ovvero la natura”): è con questa espressione che Spinoza descrive la propria concezione panteista, che dimostra con una serie di argomentazioni logico-razionali. Vediamo adesso più da vicino la concatenazione dei ragionamenti proposti dal filosofo.
Il punto di partenza – lo abbiamo già visto – è la definizione di sostanza come ciò che esiste in sé e si può concepire senza riferimento ad altro, ciò che è quindi «causa sui», (“causa di se stessa”). Ciò significa che la sostanza non può coincidere con gli enti finiti – le creature limitate che dipendono da altro per la propria esistenza – deve essere invece perfetta, infinita, autosufficiente (perché solo in questo modo potrà essere «causa di se stessa»). Da ciò deriva l’affermazione che può esistere un’unica sostanza, e che tale sostanza coincide con Dio (poiché non è certo pensabile che esistano più sostanze infinite, e la sostanza infinita per definizione è appunto quella divina). Ma una sostanza unica non potrebbe essere tale se ammettesse qualcosa d’altro fuori di sé, quindi non è concepibile un mondo rispetto al quale Dio si ponga come trascendenza.
In aperta opposizione con la tradizione giudaico-cristiana che ritiene Dio trascendente (cioè, esterno) al mondo, Spinoza lo descrive come immanente (cioè, interno), e quindi come perfettamente coincidente con la natura.
Dio e mondo coincidono, ma c’è una distinzione da fare
Spinoza distingue fra «natura naturans» (causa) e «natura naturata» (effetto), ovvero fra Dio, inteso come causa dei singoli esseri finiti, e tali esseri finiti. Quindi, se è vero che Dio e mondo sono un tutt’uno, c’è comunque una distinzione fra gli aspetti diversi di quell’unica sostanza infinita. Una distinzione che serve a fare i conti con l’innegabile differenza fra finito e infinito.
I modi e gli attributi della sostanza
Le due res cartesiane, materia e spirito, ben lungi dal poter essere ancora considerate sostanze, devono essere invece viste come meri attributi (cioè manifestazioni, aspetti) dell’unica sostanza. Mentre tutte le cose finite – compresi noi stessi – sono solo modi, cioè determinazioni, concretizzazioni particolari di tali attributi, e non esistono se non come aspetti della divinità.
Ogni singola cosa è dunque parte di Dio, come suo aspetto o sua modificazione, e intrattiene con Dio la stessa relazione di dipendenza necessaria che un teorema ha nei confronti delle sue premesse.
Panteismo uguale ateismo?
Il panteismo di Spinoza è stato accusato di ateismo. Un’accusa priva di fondamento, in realtà, in quanto Spinoza non nega affatto l’esistenza di Dio; piuttosto, il Dio di Spinoza somiglia ben poco al Dio della tradizione giudaico-cristiana: non possiede intelletto e volontà, e non crea il mondo in base a un atto di libera scelta; e questo perché non ha alcun carattere antropomorfo, cioè non è in alcun modo concepibile come una persona, distinta dal mondo e intenta a programmare e agire in vista di un fine.
Secondo Spinoza, Dio è ben più di tutto ciò: è l’ordine razionale e necessario che pervade ogni cosa. In questo senso, Dio non ha intelletto ma è intelletto.
Un universo privo di libertà
Spinoza pensa all’universo come una grande macchina, in cui ogni cosa accade in modo necessario e meccanico. Una concezione che ha in comune con altri pensatori del Seicento, ma che lui conduce alle estreme conseguenze. Se tutto ciò che accade avviene per necessità, non c’è spazio per la contingenza, per qualcosa che potrebbe (ma potrebbe anche non) accadere. Al contrario, se qualcosa è possibile, sarà in accordo con le inesorabili leggi che governano l’ordine geometrico del cosmo, ma ciò implica anche che finirà inevitabilmente per essere prodotto da queste leggi. Quindi il possibile è reale e il reale è necessario: una conclusione che, ancora una volta, non lascia alcuna illusione di libertà né al cosmo né all’individuo.
Ma che spazio è concesso all’uomo in un mondo retto da un’inesorabile necessità?
Da un punto di vista assoluto, guardando le cose «sub specie aeternitatis» (“nel loro aspetto eterno”), il bene e il male non esistono. Ogni cosa segue semplicemente la propria natura e da essa necessariamente deriva: dal punto di vista infinito dell’universo, Nerone che uccide la madre non è un male, ma soltanto l’esito della natura di Nerone. Dal punto di vista finito dell’uomo, tuttavia, è possibile porsi il problema di una retta via, intesa come quella che a noi può procurare il maggior bene possibile.
Un’etica stoica
L’etica di Spinoza somiglia a quella degli stoici: il filosofo ci invita a guardare il cosmo in modo impersonale e obiettivo, allontanandoci dalle passioni determinate ed elevandoci fino all’ «amore intellettuale di Dio», inteso come una sorta di mistica unione fra l’intelletto umano e quello divino. Si tratta di una visione etica che identifica virtù, razionalità e liberazione dalle passioni. L’obiettivo è una condizione di serenità, di saggia e disincantata contemplazione dell’universo, che l’individuo può raggiungere soltanto dopo aver abbandonato – grazie all’intelletto – la visione limitata e distorta del mondo corrispondente al proprio punto di vista finito.
Contro il potere politico e religioso
«In una libera comunità dovrebbe essere lecito a ognuno pensare quello che vuole e dire quello che pensa»: questa massima riassume il nucleo delle tesi politiche di Spinoza, espresse, suscitando grande scandalo, nel suo Tractatus theologico-politicus. Secondo il filosofo, il potere politico dovrebbe rispettare la libertà di pensiero, evitando di interferire in tutte le questioni che riguardano la coscienza dei singoli. Lo Stato dovrebbe essere laico e dovrebbe essere garantito il diritto a vivere la fede come un fatto esclusivamente privato, interiore. Gli unici veri obblighi sanciti dalla Bibbia, afferma Spinoza, sono la pratica della giustizia e l’amore per il prossimo, mentre gli articoli di fede sono solo strumenti del potere per indurre all’ubbidienza le masse, che sono incapaci di elevarsi all’uso della ragione. Chi è capace di usare l’intelletto, infatti, non ha bisogno del dogmatismo autoritario delle Chiese. Inoltre, seguendo gli unici veri precetti della pura fede, secondo Spinoza, anche gli uomini non avvezzi all’uso della ragione possono essere condotti sulla via della virtù.
Una filosofia scandalosa
Per la prima volta dall’avvento del cristianesimo, viene proposta una visione metafisica della realtà che si distacca radicalmente ed esplicitamente dall’immagine fornita dalle Sacre Scritture: è inevitabile che la filosofia di Spinoza provochi scandalo fra i suoi contemporanei. Inoltre, proprio nel momento in cui in tutta Europa si va affermando l’assolutismo in campo politico, Spinoza si schiera a favore della libertà del singolo individuo, che deve essere difeso dall’oppressione del potere politico e religioso. In seguito, i pensatori illuministi rimprovereranno a Spinoza di aver costruito un sistema filosofico oscuro e metafisico, mentre i romantici apprezzeranno assai la sua identificazione di Dio con la natura.
Buona filosofia e buone riflessioni,
Francesco Galgani,
23 marzo 2020