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La malattia è un'opportunità

Ci sono malattie che non conoscono religione, politica, filosofia, credo, istruzione, genere, reddito, lavoro, ecc.: quando arrivano, non si curano del fatto se sei una persona buona o cattiva, bella o brutta, intelligente o stolta, con famiglia o sola, con figli a carico o meno.
Quando arrivano, arrivano. Ma la vera differenza possiamo farla noi.

Ci sono persone che sono riuscite in cose incredibili, mostrando a se stesse e agli altri come una malattia fortemente invalidante, o addirittura paralizzante, possa essere usata come base per la propria missione di vita. Queste persone sono magnifiche, dimostrano con il loro esempio cosa significhi "non arrendersi mai". Anche noi, quando usiamo le cose che ci capitano, anche le più sofferte, con lo spirito di tirarci fuori sempre qualcosa di buono per noi e per gli altri, siamo magnifici.

Un giovane affetto da distrofia muscolare scrisse: «[...] Non è mai stata la malattia però a farmi soffrire, certo vivo con un respiratore, non posso muovermi e parlo con difficoltà, ma la cosa che mi ha sempre fatto soffrire di più è l'atteggiamento delle persone nei miei confronti. Con la malattia si impara a convivere, ma non si impara mai a convivere accanto alla stupidità e all'ignoranza. Da lì è cominciata la mia battaglia culturale, di civiltà. E se la vinci non vinci solo per te ma per tutti quelli che la maggioranza ritiene diversi». Nel fare il resoconto della sua vita, costellata di vittore nel teatro, nello studio e nell'amore, aggiunse: «Quando scrivo cerco sempre di non scrivere cose negative perché sento una responsabilità: non dare cattivi esempi e dire la mia verità, per quanto possibile». Queste sono le nobili parole di chi sente uno scopo nella propria vita: contribuire alla felicità propria e altrui.

Persone del genere compaiono ovunque, anche se non sono facili da vedere, perché servono gli occhi giusti, gli occhi pronti per guardare: a prescindere dai credo etichettabili con un nome, queste persone mostrano di "credere nella vita". Crediamoci anche noi. Sempre.

Francesco Galgani

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