E' facile parlare di pace o sperare passivamente (e in verità con poca convinzione) in un mondo meno violento, è invece molto più difficile essere protagonisti di un cambiamento che porti giorno dopo giorno alla pace. Tale difficoltà non è solo una questione di intenti, ma deriva principalmente dalla mancata comprensione di quale sia la radice da cui partono tutte le guerre, da quelle piccole e personali verso una persona o un gruppo di persone, a quelle di portata ben più ampia, come le guerriglie, il terrorismo o un vero e proprio conflitto armato tra nazioni. La causa primaria che porta all'odio, al rancore, al disprezzo, al distacco, al sentirci “al di sopra” e “migliori” degli altri, sino a sfociare in atteggiamenti o comportamenti violenti, è il credere che noi stessi, o il gruppo di cui ci sentiamo parte, abbia il monopolio del bene e che l'oppositore o gli oppositori siano la vera incarnazione del male.
A titolo di esempio, ad un amico, che sta vivendo da molti anni una situazione fortemente conflittuale e sofferente con una persona, ho detto che “le croci si fanno sempre con due linee”, intendendo che ciascuno di noi è “sempre” protagonista attivo delle relazioni umane che costruisce, sia che esse vadano in una direzione positiva piuttosto che, come in questo caso, in una direzione di sofferenza e di disprezzo. Lui mi ha risposto che in quella croce ha messo la parte buona, intendendo che lui ha messo il bene e l'altra persona il male: questo significa che non ha ancora capito che è proprio questo suo pensiero ad impedirgli di uscire dalla situazione sofferente che sta vivendo (e probabilmente di tante altre che ha vissuto e che continua a vivere).
Qualcuno, leggendo queste mie riflessioni, potrebbe obiettare che ci sono situazioni in cui è evidente chi ha torto e chi ha ragione. La mia risposta è che anche i terroristi credono di aver ragione, tant'è che il gruppo di cui si sentono parte li considera “eroi”, mentre il resto del mondo li chiama “criminali”. Ma allora dove sono il bene e il male?! Sicuramente sono entrambi nei nostri cuori e non esiste alcuna persona che abbia in sé solo il bene o solo il male: questo pensiero è il punto di partenza per cominciare a lavorare per la pace interiore e interpersonale.
La stessa cosa vale a livello di convivenza tra popoli e nazioni. In una proposta di pace inviata quest'anno all'ONU, è scritto:
«L'idea che la propria fazione avesse il monopolio del bene e che gli oppositori fossero la vera incarnazione del male fu il fulcro dello scontro ideologico che divise il mondo durante tutta la guerra fredda, e dopo oltre due decenni dalla fine di quel conflitto continua ancora a persistere sotto varie forme. Lo vediamo ad esempio nelle dichiarazioni secondo cui coloro che praticano una particolare religione rappresentano un pericolo che assume le sembianze della minaccia del terrorismo, o nell'accettazione di discorsi e atti criminali dettati dall'odio e diretti verso una particolare etnia o cultura a causa di timori di instabilità sociale, o nella tendenza a limitare la libertà della popolazione e ad anteporre la sorveglianza ai diritti umani in nome della sicurezza nazionale.
Pur riconoscendo la legittimità delle preoccupazioni riguardanti il terrorismo, l'instabilità sociale o la sicurezza nazionale, finché il nostro impegno a farvi fronte avrà radice in una visione del mondo che suddivide la popolazione nelle categorie rigide di bene e male, l'inevitabile risultato sarà quello di alimentare ulteriormente le fiamme della paura e della diffidenza, con il conseguente inasprirsi delle divisioni all'interno della società.
Troppo spesso chi è convinto della propria bontà finisce per manifestare quelle stesse caratteristiche - disprezzo per l'umanità e i diritti umani, ad esempio - che trova così ripugnanti in coloro che etichetta come malvagi».
E' più che mai necessario un modo di pensare che vada oltre la biforcazione radicale tra bene e male. Anche coloro che si stanno impegnando per qualcosa di positivo o che lottano per difendere e diffondere un'idea buona, portano sempre dentro di sé il potenziale per un intento e un'azione malvagia, perché tale è la natura umana. Allo stesso tempo, anche coloro che stanno facendo qualcosa di molto brutto, orrendo e violento, hanno sempre in sé qualcosa di buono e la capacità di agire per il bene, grazie a un cambiamento profondo della loro determinazione interiore.
E' il tempo di portare le nostre menti a pensare al di là del bene e del male, del giusto e dello sbagliato: questi aspetti contrapposti (che non sono mai verità assolute, ma giudizi soggettivi) sono in realtà sempre copresenti.
Impegnamoci per la pace,
Francesco Galgani,
25 maggio 2014